NISCEMI - Niscemi non è un paese come gli altri. Se ci si allontana di qualche chilometro a sud dal centro, in direzione della Sughereta, non ci si imbatte solo in alberi e arbusti. Tre gigantesche antenne paraboliche verniciate d'azzurro si stagliano in mezzo al verde: è il Muos, un sofisticato sistema di comunicazione satellitare, di proprietà della Marina militare americana. L'ultima delle quattro stazioni terrestri che permetteranno di coordinare tutte le comunicazioni dell'esercito americano in ogni angolo del pianeta. Insieme alle altre basi già completate in Virginia, Hawaii e Australia, servirà a collegare tutti gli utenti mobili, dai droni, ai sottomarini, alle truppe di terra. Solo, però, se i lavori saranno portati a termine. Il Muos di Niscemi è infatti bloccato dopo la revoca delle autorizzazioni disposta dal governatore siciliano Rosario Crocetta che proprio ieri ha confermato ufficialmente lo stop.
Visto dal satellite, il cantiere appare come una piccola macchia bianca in una distesa brulla. A occhio nudo, le grandi parabole (22 metri di diametro) sono visibili dal belvedere del centro storico, che dista solo sei chilometri dalla Base radio Nrtf che le ospita. Una base dotata di ben 46 trasmettitori posizionati all'interno di una delle più antiche sugherete d'Europa, un'area naturale protetta e classificata come sito d'interesse comunitario fin dal 1997.
La Nrtf risale al 1991, e per oltre 20 anni nessuno si è mai posto il problema degli effetti sulla salute del campo elettromagnetico generato da quelle antenne, che si stagliano a perdita d'occhio. Sullo sfondo, in lontananza, il polo petrolchimico di Gela, con i suoi fumi e l'odore acre che brucia la gola. La costruzione del Muos ha attirato l'attenzione su quello che formalmente è un distaccamento della base militare americana di Sigonella (distante 60 chilometri) ma legalmente di proprietà del demanio militare italiano. Su quella base non è mai stato effettuato uno studio di impatto ambientale. "La prima cosa di cui ci siamo accorti, arrivati sul posto per fare i rilievi, è che c'era una base di cui non eravamo a conoscenza - ricorda l'ingegnere dell'Arpas Stefano Caldara - Le antenne della Base radio non sono mai state autorizzate da alcun ente né valutate dall'Arpa, anche perché preesistenti alla nascita dell'agenzia stessa". Nessuna autorizzazione è stata mai chiesta per la costruzione della base Nrtf, e senza di quella nessun ente è mai stato incaricato di effettuare un monitoraggio della situazione.
Fino al 2008, quando il nuovo progetto arriva sul tavolo della Conferenza degli enti locali, chiamata a rilasciare l'autorizzazione, l'unico studio sulle radiazioni emesse dal nuovo impianto Muos è un documento redatto dagli stessi americani, povero di dati ma ricco di rassicurazioni sulla non nocività dell'opera. Nessun accenno alla base già esistente. In pratica, un'autocertificazione, sufficiente al ministero della Difesa per firmare nel 2006 l'accordo con il governo statunitense che avvia il progetto e lo stanziamento di 11 milioni di euro per i lavori. Lavori che ufficialmente inizieranno solo nel giugno del 2011, con la firma del protocollo d'intesa tra la regione Sicilia, guidata da Raffaele Lombardo e il ministro della difesa La Russa. Molti, tra attivisti del movimento "No Muos" e abitanti della zona, parlano però di scavi e lavori iniziati già nel 2008. La base Nrtf infatti è protetta solo da una recinzione metallica, costruita di recente senza permesso, e dalle case più vicine, distanti poche centinaia di metri, è possibile vedere tutto quello che succede all'interno.
Nel settembre del 2008, le rassicurazioni americane bastano alla Conferenza per concedere il nulla osta. Eppure, il giorno dopo, il comune di Niscemi torna sui suoi passi e chiede la revoca immediata del provvedimento "a seguito di nuovi elementi riportati dagli organi di stampa". "C'è stata una sottovalutazione - ammette l'allora sindaco di Niscemi Giovanni Di Martino - All'inizio infatti si pensava che alcune delle antenne esistenti dovessero essere sostituite da quelle del Muos. Quando poi un giornalista mi aprì gli occhi sui rischi legati al nuovo progetto, subito ci siamo adoperati per capirne di più". Da qui in poi inizia una lunga battaglia amministrativa, che culmina con il ricorso al Tar. Nel frattempo però, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa), viene incaricata di effettuare un monitoraggio della situazione esistente e una valutazione del nuovo impianto Muos.
L'agenzia produce quindi una prima istruttoria già nel febbraio del 2009, ma la valutazione è incompleta: gli americani infatti non forniscono tutti i dati necessari, né sulla base radio né sul Muos, perché coperti da segreto militare. I tecnici dell'Arpa fanno a meno dei dati tecnici e si basano esclusivamente sull'attività di monitoraggio, ma le difficoltà ad operare sono tante. La normativa italiana prevede infatti che venga effettuato con gli impianti operanti alla massima potenza. Ma il 26 gennaio 2009, giorno concordato per effettuare le misurazioni, le centraline, invece di segnare un incremento dell'intensità, registrano un calo. Un dato che suscita i dubbi dei due consulenti tecnici del Comune di Niscemi, i professori Massimo Coraddu e Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino, che nel novembre del 2011 pubblicano una contro-relazione alle misurazioni effettuate dall'Arpa. L'Agenzia motiva l'anomalia con l'interferenza della "Verden", l'unica antenna sempre attiva, quella a bassa frequenza (46 KHz), utilizzata per comunicare con i sottomarini in immersione. Secondo i due consulenti, invece, gli americani semplicemente hanno barato: "Invece di aumentare le emissioni, quel giorno i militari le hanno ridotte", denuncia Coraddu. L'interpretazione dei due consulenti sui dati raccolti da Arpas divergono completamente da quelle dei tecnici dell'Agenzia. Alcune centraline, ad esempio, rilevano sempre più spesso il raggiungimento dei limiti di emissione, fissati dalla legge italiana a 6 volt per metro. Dati che Arpas motiva ancora una volta con un difetto nella misurazione, causato dall'interferenza della Verden. Alcuni dati poi, non vengono neanche forniti ai due consulenti perché non in possesso del comune. Una circostanza che Arpas ha sempre smentito, confermando di aver trasmesso all'ufficio tecnico del comune tutta la documentazione elaborata dal 2008 in poi.
Le incongruenze si susseguono, tanto che la questione finisce in Assemblea regionale, in un'audizione della Commissione Territorio e Ambiente convocata lo scorso 5 febbraio. Qui emergono tutte le contraddizioni tra i vari studi realizzati sul Muos. Il più controverso è quello prodotto dai professori Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri, dell'Università di Palermo. Lo studio, commissionato dalla società Urs di Milano di proprietà di un gruppo californiano, avrebbe infatti utilizzato alcuni dati tecnici forniti dagli stessi americani. Dati che, però, i due tecnici non possono fornire perché coperti da segreto militare. Non solo: i due professori aggiungono che parte delle antenne radio già esistenti verrà spenta quando il Muos entrerà in funzione. Ma il presidente della Commissione, il grillino Giampiero Trizzino, smentisce: "Se ci sono documenti che attestano lo spegnimento delle vecchie antenne appena il Muos entrerà in funzione, io non ne ho visti". Eppure lo studio dei professori di Palermo, tra dati secretati e rassicurazioni non documentate, viene comunque citato nel Protocollo di intesa.
La storia però cambia quando Rosario Crocetta diventa il nuovo governatore della Regione Sicilia. Di di fronte alle crescenti proteste della popolazione, Crocetta vuole capire se queste antenne possono provocare danni. L'undici marzo scorso un vertice tra Regione e Governo decide di affidare all'Istituto superiore di sanità e all'Organizzazione mondiale della sanità il compito di valutare l'impatto delle emissioni sulla salute e sull'ambiente. Ma non tutta la comunità scientifica ha piena fiducia nell'Istituto. Primo fra tutti il professor Gino Levis, uno dei massimi esperti italiani degli effetti dei campi elettromagnetici sull'organismo. "Sono anni che questi organismi si rifiutano di riconoscere quello che una vastissima letteratura scientifica ha ormai ampiamente dimostrato - spiega Levis - non occorre la certezza del 100% per poter stabilire il nesso tra le radiofrequenze e l'incidenza di alcune forme tumorali. Ho una pessima opinione di Iss e Oms, ci sono sovrastrutture che condizionano questi istituti. La situazione sanitaria a Niscemi è stata monitorata solo di recente, si sono attivati anche i medici di base del paese, i dati mi hanno impressionato, ma non ho tutti gli elementi per poter dare una valutazione complessiva". Da quello studio infatti, spiegano alcuni dei professionisti impegnati nel monitoraggio, sono emersi livelli elevati per alcune tipologie tumorali, alcune delle quali si riscontrano solitamente in aree interessate dall'inquinamento elettromagnetico. Mancano però i dati storici e una precisa comparazione con altre aree della Sicilia e del resto d'Italia.
Gli interessi in ballo però, sono enormi, difficile che gli americani decidano di rinunciare ad un progetto miliardario per l'opposizione del comune e dei comitati. Nel 2010, dai dispacci diplomatici pubblicati da Wikileaks emergono le pressioni esercitate, nel 2009, sull'allora ministro della Difesa La Russa per accelerare l'avvio dei lavori del Muos. Gli americani incontrano molte resistenze dagli uffici del Governatore Lombardo e temono uno stop. Si ipotizza lo spostamento del progetto in un altro sito nell'area del Mediterraneo, ma l'atteggiamento disponibile degli italiani convince i vertici Usa a puntare tutto sul nostro paese. La Russa ora nega, eppure sono gli stessi americani a parlare di "utili dichiarazioni pubbliche rese dal ministro" per convincere l'opinione pubblica. "Nessuna pressione, ho fatto tutto di mia iniziativa, per scrupolo personale - ci spiega al telefono l'ex ministro - il progetto era già stato approvato, potevo anche renderlo esecutivo senza neanche valutarlo. E quei documenti lo testimoniano".
Il caso Muos finisce anche nei verbali dell'inchiesta di Napoli sulla compravendita dei parlamentari che nel 2008 portò alla caduta del Governo Prodi. Il senatore De Gregorio, interrogato, parla della preoccupazione degli americani per l'ostruzionismo al progetto da parte dell'ala più radicale dell'esecutivo . Poi è Crocetta a parlare espressamente di minacce politiche e poteri forti. Gli stessi poteri secondo lui, che avrebbero portato alla sparizione del Presidente dell'Eni, Enrico Mattei. "Non so se quanto detto da De Gregorio sia vero, ma è lui stesso a dire di essere stato contattato dalla Cia per far cadere il Governo Prodi perché contrario al Muos. Io di pressioni politiche ne ho ricevute tante, anche dagli americani. E poi quella strana telefonata dagli Stati Uniti che mi minacciava di morte: solo alla luce degli ultimi eventi ho iniziato a vedere la cosa da un'altra ottica".
Più che la Regione però, a far paura agli americani è il versante giudiziario, con l'attivismo della procura di Caltagirone. Secondo i magistrati guidati dal procuratore Francesco Paolo Giordano, nella costruzione del Muos sarebbero state commesse numerose irregolarità, violando le norme previste per le aree protette. L'area è già stata posta sotto sequestro nell'ottobre 2012, ma il tribunale del Riesame ha annullato l'ordinanza. Tutto dipenderà dall'esito del ricorso in Cassazione. Se il sequestro venisse confermato, l'inchiesta potrebbe allargarsi ancora.
"C'è un nesso tra radiofrequenze e tumori" Parla il docente dell'Università di Padova Gino Levis che, da anni, si batte su questi problemi. "La legislazione a tutela della salute è degenerata: troppo permissiva". E attacca i ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità e dell'Organinzzazione mondiale della Sanità: "Troppi conflitti d'interessi". "A Niscemi i limiti ammessi sono molto elevati" "In Italia, con il progredire delle conoscenze, la legislazione delle strutture che dovrebbero tutelare la salute è andata via via degenerando verso una permissività che sta dando luogo a delle preoccupazioni spaventose". Il Professor Angelo Gino Levis, ordinario di mutagenesi ambientale all'Università di Padova Professor Levis, che parere ha dell'Iss e dell'Oms? Questo è dovuto ad un diverso parere sui dati scientifici? L'Oms non ha ancora dato un parere però Come dovrebbero essere classificate le onde elettromagnetiche allora? Ma esistono dei limiti stabiliti dalla legge, come ad esempio quello dei 6 volt per metro, fissati per un certo range Nella base Nrtf esiste anche un'antenna a bassa frequenza (46KHz) per cui non è previsto un limite di legge, Quali sono i limiti di esposizione più sicuri secondo lei? A livello ufficiale il nesso tra le esposizioni alle onde elettromagnetiche e l'incidenza tumorale non è stato mai sancito. Cosa sappiamo degli effetti delle antenne installate a Niscemi? Le antenne del Muos hanno un fascio molto potente, ma molto direzionale, per cui nelle relazioni si parla di "effetto trascurabile" al di fuori di quel fascio |
Nel protocollo del 2011 che permetteva la partenza del Muos, si parlava di diversi interventi a favore della popolazione di Niscemi per risarcire i disagi che avrebbero subito a causa dell'impainto. Ma a detta dell'allora sindaco Di Martino, era chiaro fin dall'inizio che non c'era nulla di concreto: cose già previste e finanziate (per altro mai partite), cose mai arrivate e promesse ridicole e inconsistenti, Niente di concreto per lavoro e salute Nella controversa vicenda Muos c'è un capitolo ancora poco approfondito, quello delle presunte compensazioni previste per la popolazione di Niscemi e dei comuni vicini per mitigare gli effetti delle nuove installazioni, messe nero su bianco nei documenti ufficiali, ma rimaste sempre e solo sulla carta. Di quelle promesse, a distanza di due anni dalla firma del protocollo d'intesa tra la Regione Sicilia, guidata da Raffaele Lombardo e il ministro della Difesa La Russa, non è rimasto nulla. Eppure un intero capitolo di quel documento è interamente dedicato a loro. Un paradosso per quello che viene presentato come "un sistema migliorativo" che "non comporta condizioni di rischio per la popolazione". A sentire i protagonisti, quel capitolo non sembra avere firma. I sindaci della zona poi, non si sono mai fidati. "Quelle misure erano un bluff neanche troppo mascherato - spiega Giovanni Di Martino, fino al maggio del 2012 sindaco di Niscemi - Buona parte di quegli interventi facevano parte di un'attività di programmazione ordinaria che noi, e la Provincia, avevamo già avviato per poter ottenere i finanziamenti dalla Regione e dal Governo. Nessuno, con quell'atto, ci regalava nulla a titolo compensativo. Si parlava, ad esempio, di una nuova strada provinciale. Un'opera che invece era già prevista con i fondi per le aree sottosviluppate (Fas): l'assurdo è che quei soldi vennero dirottati per il pagamento delle quote latte. E noi li stiamo ancora aspettando". Misure che il Ministero della Difesa si impegnava a rispettare, come ad esempio l'installazione di un sistema di monitoraggio a supporto delle centraline dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale. "Abbiamo chiesto più volte al Ministero, tramite l'Assessorato all'Ambiente, di fornirci le strutture necessarie - spiega sfiduciato l'ingegnere Stefano Caldara, che da dicembre 2008 supervisiona tutte le rilevazioni effettuate dall'Arpas nei dintorni della base Nrtf di Niscemi - ma non ci hanno mai risposto. A tutt'oggi - continua - non sappiamo se e quando quelle apparecchiature arriveranno". L'avvicendamento ai vertici del Ministero non ha prodotto alcun risultato e intanto Arpas è finita sommersa dalle polemiche, accusata di non aver utilizzato una strumentazione adeguata per quel tipo di monitoraggio. "Nei giorni scorsi, a quattro anni dall'inizio delle rilevazioni, è finalmente arrivato lo strumento calibrato per le emissioni prodotte dall'antenna a bassa frequenza. Ma l'abbiamo pagato noi", spiega ancora Caldara. Con il protocollo d'intesa, il Ministero si impegnava anche a "mitigare, a breve termine, gli effetti dell'esposizione ai campi elettromagnetici generati dall'impianto già esistente". Ma non solo: "Le emissioni a radiofrequenza verranno ridotte grazie all'installazione di un sistema interrato a fibre ottiche", mentre l'impatto visivo "verrà mitigato con un'opportuna verniciatura delle superfici". "Questi hanno pensato di 'mitigare' l'impatto di un'area di decine di ettari, che ha devastato una delle più antiche sugherete d'Europa, un'area protetta dall'Ue, verniciando d'azzurro antenne gigantesche che superano i dieci metri d'altezza e che montano parabole larghe 20 metri", ci spiega quasi sorridendo Gaetano Impoco, del Comitato No Muos: "Hanno avuto il senso dell'ironia, ma c'è da piangere". Eppure questo non è l'aspetto più incredibile degli impegni assunti dal Ministero. Scorrendo la lista ci si imbatte in promesse a dir poco curiose: gemellaggi e scambi culturali tra i giovani niscemesi e americani; l'istituzione di "summer schools con centri di eccellenza americani per la costituzione di borse di studio per i giovani del paese"; strutture ecocompatibili "per la realizzazione di unità ippomontate per migliorare la vivibilità del parco"; "promozione del prodotto agroalimentare dell'area sul territorio nazionale ed internazionale". "Prendendo spunto da quelle promesse, in occasione dell'incontro con Monti - racconta sarcastico il governatore siciliano Rosario Crocetta - ho chiesto agli americani di cominciare a trasferire i carciofi e i pomodori di Niscemi negli USA, proprio per dimostrare alla popolazione locale che sono molto fiduciosi sulla non nocività di quelle antenne. O anche di mangiarseli alla base. Ma non mi pare che abbiano dato rassicurazione in questo senso". Nessuno prende sul serio quel paragrafo, eppure quando si parla del Muos, la parola compensazioni torna sempre di moda, tanto da essere stata inserita nel comunicato finale dell'incontro tenutosi lo scorso 11 marzo a Roma, che ha subordinato tutti i lavori al parere dell'Istituto Superiore di Sanità. "Io, per compensazioni, intendo una cosa molto diversa da quello che intendono loro - continua Crocetta - Si deve creare fin da adesso un sistema di monitoraggio della salute degli abitanti, non solo rispetto al Muos ma anche rispetto ai danni prodotti dalla base esistente. E lo devono pagare gli americani, perché non si capisce il motivo di far pagare al Comune o alla Regione i danni prodotti da altri. Quella parola, compensazioni, suona come un'offesa, visto che non si parla né di risorse né di investimenti". In effetti, questo è l'unico punto su cui il protocollo del 2011 non si sbilancia, limitandosi a parlare di "favorire l'inserimento lavorativo della popolazione locale nel personale amministrativo della base Usa di Sigonella", ma, si puntualizza, solo "nel caso di nuove assunzioni". Che, manco a dirlo, non sono mai arrivate. "Gli unici benefici in termini occupazionali a Niscemi li ha ricevuti un'azienda del posto (La Calcestruzzi Piazza, ndr) risultata poi in odor di mafia - afferma Di Martino - Una cosa scoperta solo diverso tempo dopo grazie alla documentazione che ci ha fornito la Prefettura di Caltanissetta. Da allora l'impresa non è più nell'albo delle aziende di fiducia del Comune, ma ha continuato a lavorare all'interno della base. Evidentemente, per gli americani queste cose non hanno importanza", Il senso di quelle compensazioni sembra sfuggire a tutti. "Una cosa sono le misure di compensazione, che si verificano quando io compenso un danno, che può essere anche quello paesaggistico - chiarisce il Presidente della Commissione Ambiente e Territorio, Giampiero Trizzino (M5S) - allora posso decidere ad esempio di alzare tutto intorno una barriera di muro verde. Un'altra cosa invece è la compensazione alla salute: come faccio a compensare un danno alla salute? Cosa gli pago, l'oncologo?". Ma se quell'accordo "prevedeva anche benefici economici", come mai nessuno ora se ne prende i meriti? "Il protocollo comportava vantaggi per l'Italia nel suo complesso. Ci sono esigenze di sicurezza e difesa mondiale che il nostro paese non poteva e non può ignorare - spiega ora La Russa - ma c'erano anche vantaggi in termini occupazionali e di risorse". Quali, però, l'ex ministro non se lo ricorda: "Francamente è passato anche un po' di tempo". E di quelle promesse si è persa traccia. |
Il nome dell'allora ministro della Difesa compare in alcuni dispacci pubblicati da Wikileaks. Gli americani puntavano su di lui per convincere il governatore Lombardo a concedere i permessi per costruire il Muos. Lui, oggi, spiega: "Dissi loro che non ero la persona giusta e poi il progetto era già stato approvato". Sull'eventuale pericolosità: "Allora non se ne parlava e l'opposizione al Muos era tuttaa ideologica perché era roba americana" "Nessuna pressione, ho fatto tutto di mia iniziativa, per scrupolo personale. Il progetto era già stato approvato, potevo anche renderlo esecutivo senza neanche valutarlo. E quei documenti lo testimoniano". Ignazio La Russa dà un'altra interpretazione dei cablo pubblicati da Wikileaks. In quei dispacci diplomatici, l'allora ministro della Difesa è menzionato come l'uomo giusto per convincere il governo italiano e soprattutto le amministrazioni locali della non pericolosità dell'opera. Siamo nel marzo 2009, Il governatore Lombardo stenta a concedere le autorizzazioni necessarie ad avviare i lavori e l'ambasciata americana si muove per trovare una sponda nell'esecutivo. Esponente di spicco e pure siciliano, La Russa sembra l'interlocutore ideale, perché in grado di "spendere il suo capitale politico fondamentale nella regione per consentire al progetto di andare avanti". È così onorevole? I cablo dell'ambasciata però parlano di pressioni su di lei, pressioni andate a buon fine. Verifica basata solo sui dati forniti dagli americani? Quest'ultima cosa nei dispacci non c'è, anzi, si parla di pressioni esercitate sul ministro della Difesa, Però c'è anche un'interrogazione parlamentare presentata da alcuni deputati del Pd, Un po' poco non crede? Veramente nel protocollo di intesa, firmato nel giugno del 2011 con la regione Sicilia, si parla di "Summer school" E gli svantaggi? Ma perché il Ministero ha approvato un progetto del genere Un vero studio di impatto ambientale non è mai stato fatto. Tanto è vero che adesso, La popolazione locale è preoccupata per i rischi legati alle emissioni elettromagnetiche delle antenne Nei verbali dell'inchiesta di Napoli sulla compravendita di deputati che avrebbe portato nel 2008 Ma se sono sempre gli americani a muoversi perché allora si parla di interessi italiani e della Nato? Ma se il sistema è unicamente degli americani, qual è il suo ruolo nella difesa militare italiana?
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Le infiltrazioni criminali negli appalti legati alle attività militari americane in Italia hanno diversi precedenti nel dopoguerra. Alla fine degli anni '90 il tentativo della mafia catanese di mettere mani sui lavori della grande base Usa in Sicilia. Qualche anno prima gli intrecci con la camorra per le opere di smantellamento di 600 carri armati M47 Rispetto alle cronache italiane, si tratterebbe di storie minime. Ma a sorprendere è il fatto che accadono nelle basi americane, dove ai tempi della guerra fredda tutto veniva sottoposto a controlli ossessivi e dove anche oggi opera una burocrazia che non tollera macchie nè scorciatoie. Ma il caso del Muos sembra un piccolo replay di quanto accadde a Sigonella alla fine degli anni Novanta, con le mani della mafia catanese pronte ad afferrare i contratti per i lavori dell'Us Navy. La prima operazione scattò nel 1997. Poi nel 2004 ci furono sette arresti che svelarono l'intreccio tra ditte vicine ai clan e un funzionario italiano assunto dagli americani, che forniva agli amici degli amici le dritte per fare sempre l'offerta giusta. Nel novembre 2010 una retata dell'Antimafia catanese ha colpito un'azienda romana - la Safab - con un ricco portafogli di opere siciliane inclusi i progetti - gestiti da due sue partecipate - per il nuovo villaggio residenziale della Marina statunitense che ospiterà i rinforzi attesi a Sigonella. L'episodio più sorprendente risale al 1993 e ancora oggi appare incredibile. In una grande installazione campana erano custoditi circa 600 carri armati M47, tank di proprietà statunitense "prestati" all'Italia negli anni Sessanta. I patti sul disarmo globale siglati con la Russia ne prevedevano lo smantellamento, anche se quei mezzi vecchiotti facevano ancora gola ai mercanti di cannoni per conflitti come quello somalo o jugoslavo. Le autorità Usa assegnarono il contratto per smontarli a una società ligure i cui amministratori avevano rapporti con la camorra: legami che erano stati pubblicati su tutti i giornali, ma che non avevano bloccato l'appalto. Diverse procure hanno poi indagato sul modo in cui i tank sono stati trasformati in rottami e sulla loro sorte finale. Ma i sospetti di traffico d'armi non si sono mai trasformati in prova. In tempi più recenti in Campania la procura distrettuale antimafia di Napoli ha svelato come molti militari Usa di stanza nel comando della VI flotta affittavano le loro villette dal clan dei casalesi: gli intestatari erano prestanome di Giuseppe Setola, il killer che nel 2008 scatenò il terrore nel Casertano. Anche in questo caso, sorprende che la potente rete di sicurezza dell'Us Navy non fosse a conoscenza del vero volto dei padroni di casa. O forse si è trattato di una scelta? Creare un rapporto con i casalesi implica una forma ulteriore di protezione contro minacce esterne, nel momento in cui il nemico numero uno degli Stati Uniti sono i terroristi islamici. Lo stesso filo logico che nel dopoguerra alimentò i contatti tra Cosa nostra e intelligence americana nel nome dell'anticomunismo. |
L'affare "siciliano": |