NAUFRAGIO DEL NATALE '96
RASSEGNA STAMPA SUL PROCESSO IN CORSO A SIRACUSA
dal sito http://www.naufragio-natale96.net
DAL QUOTIDIANO "LA SICILIA" DEL 14 LUGLIO 2004
Da tre lettere l'identità della nave
Dopo la tragedia di Portopalo, la Yohan finì la sua corsa in Calabria. Davanti ai giudici della Corte d'Assise (presidente, Romualdo Benanti; a latere, Giuseppe Artino Innaria) sono comparsi due funzionari della Polizia di Stato di Reggio Calabria che, dal febbraio 1997, si sono occupati del tragico naufragio dei 283 cittadini asiatici avvenuto a 19 miglia dalla costa di Portopalo. Sull'emiciclo sono saliti prima il dirigente della polizia marittima reggina, Castrense Militello e, subito dopo, l'ispettore capo della polizia scientifica Salvatore Gagliano. Rispondendo alle domande del Pubblico Ministero Paola Vallario, il vicequestore Militello ha detto che il 28 febbraio 1997 si era arenata nelle acque di San Gregorio, in Calabria, una motonave dalla quale erano stati visti sbarcare degli immigrati. Nel momento di ispezionare la motonave, i poliziotti scoprivano che sulla fiancata erano stampigliate tre lettere «Oha», per cui, dopo aver rimosso la vernice bianca, accertavano uno strato di vernice blu e le restanti lettere per formare il nome «Yohan». In seguito al sopralluogo, nella saletta adiacente alla cabina del comandante veniva rinvenuta una busta contenente una corposa documentazione il cui vaglio portò alla individuazione dell'armatore, Eftichios Zervovdakis, nonchè dell'uomo che aveva organizzato il viaggio da Malta alle coste di Portopalo. Si trattava dell'imputato che oggi viene processato dalla Corte d'Assise per omicidio volontario come dolo eventuale. Ovvero di Hamed Sheik Turab, che, dopo il tragico naufragio della notte di Natale del 1996, era stato arrestato dalle autorità maltesi per poi essere rilasciato in quanto a suo carico, all'epoca, non era emerso assolutamente nulla. Dalla lettura delle carte, gli investigatori accertavano che l'imbarcazione era stata costruita nel 1971 in un cantiere polacco ed avrebbe dovuto essere adibita al trasporto del pesce. Da un resoconto giornalistico del «The Guardian», i poliziotti accertavano, altresì, che la «Yohan» era stata autorizzata dalle autorità elleniche a raggiungere la Romania per essere demolita.
In Grecia si recava il funzionario reggino dove interrogava due sopravvissuti del naufragio e il padre di un ragazzo morto annegato. I testimoni gli raccontavano che quella sera di Natale 1996, mentre impazzava un temporale la «Yohan» veniva affiancata da una piccola imbarcazione partita da Malta a bordo della quale, anche con la minaccia delle armi, venivano costretti a trasbordare i 283 cittadini asiatici. Tutti si rendevano conto che il 16 metri non potesse sopportare il peso dei 283 asiatici. Ma il comandante della «Yohan» non volle ascoltare le suppliche dei malcapitati passeggeri e diede l'ordine al timoniere di riprendere la navigazione. Il comandante della piccola barca, tale Farruggia, consapevole del grave rischio, via radiò richiamò il comandante della «Yohan», perchè riprendesse a bordo gli asiatici. La «Yohan» ritornò indietro ma, per le avverse condizioni del mare, speronò in pieno la piccola barca che si spezzò in due e colò a picco con il suo carico umano. Qualcuno dei naufraghi fu salvato, la maggior parte no. Il processo riprenderà dopo la pausa estiva, all'udienza del 7 ottobre.
Pino Guastella
DAL QUOTIDIANO "LA SICILIA" DEL 23 GIUGNO 2004
Il pm rievoca il naufragio di 283 asiatici
Dal Pubblico Ministero Paola Vallario è stata effettuata la meticolosa rievocazione del tragico naufragio avvenuto a 19 miglia dalla costa di Portopalo in cui persero la vita 283 passeggeri della motonave «Yohan», tutti asiatici, che alla vigilia di Natale 1996 avevano lasciato l'isola di Malta con destinazione un porto della Germania. L'esponente della Procura della Repubblica, dopo aver annunciato di aver appellato la decisione della Corte d'Assise (presidente, Romualdo Benanti; a latere, Giuseppe Artino Innaria) che ha estromesso dal processo per difetto di giurisdizione il comandante della «Yohan» Youssef El Allal, ha detto che dimostrerà la responsabilità penale del pachistano Sheik Amed Turab, detto «mister Tony», per il quale la stessa Corte s'è dichiarata competente territorialmente a giudicarlo per l'accusa di cui è chiamato a rispondere, ovvero per omicidio volontario come dolo eventuale. Nel corso della relazione espositiva dei fatti che hanno originato il processo, il Pubblico Ministero ha evidenziato i ruoli rivestiti sia da Turab che dal comandante El Allal prima e durante la navigazione della «Yohan» e quale sia stata la rispettiva responsabilità in merito al naufragio dei cittadini asiatici e del comandante della piccola imbarcazione maltese che precedeva la motonave per evitare che potesse essere intercettata dalle unità militari italiane.... Contro Mister Tony, come viene chiamato a Malta, si sono costituiti parte civile moltissimi familiari dei naufraghi e alcune associazioni indiane e pachistane. Invece, per la seconda volta, la Corte ha detto no all'Associazione «Senza Confine» di potersi costituire parte civile. Dal 13 luglio, il dibattimento entrerà nel suo vivo con l'esame dei primi testimoni del Pubblico Ministero.
Pino Guastella
DAL QUOTIDIANO "LA SICILIA" DEL 19 MAGGIO 2004
AMMESSE LE PARTI CIVILI
Settanta parti civili sono state ammesse dai giudici della Corte d'Assise (presidente, Romualdo Benanti; a latere, Giuseppe Artino Innaria) nel processo a carico del pakistano naturalizzato maltese Ahmed Sheik Turab, 44 anni, accusato di omicidio come dolo eventuale per la morte per annegamento di 300 passeggeri asiatici che si trovavano imbarcati sulla motonave «Johan» la notte di Natale del 1996, in rotta da Malta verso Portopalo. I giudici, sciogliendo la riserva, hanno dato via libera a costituirsi parti civili contro l'unico imputato di quella strage di cittadini asiatici i 33 parenti dei naufraghi assistiti dall'avvocato Ezechia Paolo Reale, i 36 congiunti di altrettanti naufraghi difesi dall'avvocatessa Simonetta Crisci, il fratello di un annegato, difeso dall'avvocatessa Matilde Di Giovanni. La stessa Corte ha invece rigettato la richiesta di costituzione di parte civile da parte dell'Associazione «Senza Confini», che ha sede a Roma ed il cui direttivo aveva dato mandato all'avvocato Giovanni Ciccazzo di essere ammessa nel giudizio contro il pachistano Turab. Per la Corte l'Associazione «Senza Confini» non ha alcun interesse da tutelare, anche perchè la sua sede è nella capitale, e di conseguenza la sua richiesta di costituzione di parte civile è stata respinta.
Sciogliendo questa riserva, la Corte ha dato risposta a tutte le eccezioni preliminari sollevate sia dalla Difesa dell'imputato Turab sia a quelle delle parti civili e dalla prossima udienza, già fissata per il 22 giugno, potrà iniziare la fase del dibattimento con la esposizione dei fatti da parte del Pubblico Ministero, Paola Vallario.
L'imputato Turab, che a Malta viene appellato con il nome di Tony, non era presente in aula e la sua difesa viene assicurata dall'avvocato Giuseppe Cristiano. E' lui, che fungeva da promotore del viaggio della speranza per i 300 cittadini asiatici poi annegati a 19 miglia dalla costa di Portopalo, a dover dar conto alla giustizia siracusana di tutti quei morti. Turab, che dopo essere stato arrestato perchè colpito da un mandato di cattura internazionale emesso dal Gip del Tribunale di Siracusa Stefania Scarlata è tornato in libertà per decisione del Gip Monica Marchionni, ha sempre respinto gli addebiti sostenendo di non aver avuto alcun ruolo nella decisione assunta dal comandante della motonave «Yohan» di aver costretto i passeggeri, di nazionalità indiana, pachistana, cingalese e curda, a trasbordare sulla piccola imbarcazione di sedici metri, poi colata a picco con il suo carico umano per le avverse condizioni atmosferiche. La Corte, però, ha estromesso dal processo il comandante della motonave «Yohan», Youssef El Hallal, per «difetto di giurisdizione dello Stato italiano nei suoi confronti» e, in conseguenza di quella decisione, a risponderne del tragico naufragio dovrà essere il solo cittadino pachistano naturalizzato maltese.
Dall'udienza del 22 giugno, dopo la relazione introduttiva, il Pubblico Ministero Vallario chiamerà sull'emiciclo i primi testimoni attraverso i cui ricordi intenderà dimostrare la responsabilità penale del pachistano Turab per il tragico naufragio del Natale 1996.
DAL QUOTIDIANO "LA SICILIA" DEL 30 APRILE 2004
El Hallal escluso dal processo
NAUFRAGIO DEL NATALE '96.
Corte incompetente a giudicare comandante della «Yohan», imputato solo Turab
di Pino Guastella
«Difetto di giurisdizione dello Stato italiano nei confronti di Youssef El Hallal». Con questa motivazione la Corte d'Assise (presidente, Romualdo Benanti; a latere, Giuseppe Artino Innaria) ha estromesso dal processo, scaturito dalla morte per annegamento di quasi 300 profughi asiatici, di nazionalità indiana, pachistana, cingalese e curda, il comandante della motonave «Yohan», attualmente residente in Francia e ritenuto il principale artefice del tragico naufragio avvenuto la notte di Natale dl 1996 a 19 miglia dalla costa di Portopalo. Per la Corte la giurisdizione sussiste soltanto per il cittadino pachistano naturalizzato maltese Sheik Ahmed Yurab, 44 anni, poichè egli si trovava già sul territorio italiano nel mese di marzo 2003, periodo in il Pubblico Ministero esercitò l'azione penale, inviando al Giudice per l'udienza preliminare la richiesta di rinvio a giudizio affinchè rispondesse del reato di omicidio volontario in concorso con il comandante della motonave «Yohan». Viceversa, quando il Pubblico Ministero aveva, nel dicembre 2002, dichiarato la chiusura delle indagini preliminari in ordine al reato di omicidio volontario ed avanzato la richiesta di rinvio a giudizio, Youssef El Hallal non si trovava più sul territorio italiano poichè era stato scarcerato nel maggio del 2001, dal Tribunale di Siracusa, e successivamente era stato espulso dallo Stato. La Corte, entrando nel merito della questione della territorialità della giurisdizione, questione che era stata sollevata dall'avvocato Francesco Comi nell'interesse del comandante della motonave «Yohan» e dall'avvocato Giuseppe Cristiano, quale difensore del maltese Turab, ha detto che la norma «che ha rilievo nel presente procedimento è regolata dall'articolo 10 del codice, articolo che, però, subordina la punibilità alla sussistenza di tre condizioni. Precisamente: 1) la richiesta del Ministro della Giustizia; 2) la presenza del colpevole nel territorio dello Stato; 3) la mancata estradizione verso lo Stato in cui è stato commesso il delitto, o verso lo Stato al quale appartiene il colpevole. Malgrado un'interpretazione letterale della norma possa far credere che il legislatore abbia inteso fissare delle condizioni di punibilità, in realtà la giurisprudenza ha sempre affermato che trattasi di condizioni di procedibilità, regolate dagli articoli 336-346 del codice di procedura penale». Ed ancora. «Applicando tali principi alla fattispecie in esame, è necessario accertare quando è stata esercitata l'azione penale, in relazione al reato contestato agli imputati. Inizialmente l'accusa mossa agli imputati era di omicidio colposo plurimo; successivamente, nell'udienza dell'uno luglio 2002, il P.M. contestò il reato di omicidio volontario e, nel marzo 2003, esercitò l'azione penale, inviando al Gup la richiesta di rinvio a giudizio. E' in questo momento, quindi, che si cristallizza la situazione processuale sicchè, delle tre condizioni volute dall'articolo 10 C.P., il terzo requisito, vale a dire la presenza del colpevole nel territorio dello Stato, esisteva solo nei confronti di Turab, mentre non esisteva nei confronti di El Hallal». Infine. «P.M. e parte civile hanno sostenuto che l'attuale processo non sarebbe altro che lo sviluppo del primo, ma la tesi non può condividersi. Infatti, lo stesso Pm, nel dicembre del 2002 ha dichiarato la chiusura delle indagini in ordine al reato di omicidio volontario e ciò dimostra che era consapevole che si trattasse di un diverso fatto-reato, non potendo esercitarsi due volte l'azione penale per lo stesso fatto». Il processo a Turab riprenderà il 18 maggio.
le reazioni
La parte civile: «Dopo tante chiacchiere
il procedimento finalmente decollerà»
di Sergio Taccone
«Finalmente il processo entra nella fase dibattimentale dopo tante attese». Gli avvocati di parte civile Umberto e Matilde Di Giovanni si dichiarano soddisfatti dopo l'udienza. Un certo rammarico viene palesato dopo aver appreso dell'ordinanza che ha estromesso il capitano Youssef El Hallal dal processo in corso in Corte d'Assise a Siracusa.
«Ci riserviamo di fare ricorso contro questa ordinanza - afferma l'avvocato Umberto Di Giovanni - che fa uscire dal dibattimento il libanese. In questo senso c'è in noi un nuovo motivo di rammarico, dopo la decisione del tribunale francese che aveva negato l'estradizione di El Hallal in Italia per quello che ho definito come un eccesso di garantismo e formalismo». Youssef El Hallal quella tragica notte del 25 dicembre del 1996 comandava la Yohan, nave battente bandiera honduregna che vagava nel Mediterraneo con un consistente numero di migranti clandestini a bordo. Lo stesso ha più volte lanciato, attraverso interviste alla stampa ed in televisione, alcuni segnali che Di Giovanni non evita di definire come dei messaggi in codice. «Le sue affermazioni sono state molto allarmanti - aggiunge il legale di parte civile - e avremmo voluto capire cosa c'era dietro queste sue dichiarazioni, se ci sono nel mezzo eventualmente servizi segreti, se c'è e fino a che punto un coinvolgimento di soggetti istituzionali e di quale paese. Tutti interrogativi che rischiano di restare tali». Poi il discorso si sposta sul prosieguo del dibattimento. «Dopo tante chiacchiere - prosegue Di Giovanni - adesso il processo entra nel vivo». Cosa auspica in tal senso? «Spero - prosegue l'avvocato Di Giovanni - che esca un messaggio chiaro, rivolto soprattutto a chi organizza illecitamente questi viaggi: che in Italia non la si passa liscia. E poi è doveroso un ricordo delle vittime della tragedia del 25 dicembre '96. Vedere le foto di quella gente, moltissimi dei quali giovani, è qualcosa che non può non scuotere le nostre coscienze. C'è un dovere di giustizia e verità verso le loro famiglie».
A Portopalo, dove alcuni pescherecci, all'inizio del '97, avevano pescato e ributtato in mare pezzi di cadaveri appartenenti a quel naufragio, nessuno ha voglia di commentare. Anche qui parecchie cose sono rimaste avvolte nel mistero e c'è chi spera che un giorno si dica veramente cosa avvenne in quei giorni.
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DAL QUOTIDIANO "IL MANIFESTO" DEL 30 APRILE 2004
Iohan, affossato il processo
«Non procedibilità» Prosciolto il comandate dalla nave del naufragio del `96: «Non può essere processato in Italia perché il disastro avvenne in acque internazionali»
Siracusa, aula senza imputati Nella sciagura avvenuta tra la Sicilia e Malta annegarono 283 immigrati asiatici. Lo scafista scagionato era accusato di omicidio volontario insieme all'armatore della nave, che però è contumace. Gli avvocati dei familiari delle vittime: «Abbandoneremo il processo»
PATRIZIA ABBATE
CATANIA
E'sparito l'imputato principale al processo sul naufragio fantasma: il comandante della nave Iohan, il libanese Yousseph El Allal, non sarà giudicato neppure in contumacia, per decisione della corte d'assise di Siracusa che ieri ha sancito la «non procedibilità» nei suoi confronti. Già scarcerato alla fine dell'anno scorso dalle autorità francesi, che avevano negato l'estradizione, El Allal è ora un libero cittadino del mondo, residente da qualche parte attorno a Parigi, e da ieri appunto senza «pendenze» giudiziarie. All''ennesima udienza-flash nella città siciliana - dov'è in corso il procedimento che mirava a far luce sulla terribile tragedia del Natale del 1996 nelle acque tra Porto Palo e Malta - i giudici hanno infatti comunicato il contenuto di un'ordinanza ineccepibile formalmente, ma che di fatto toglie ogni speranza di ottenere giustizia ai familiari delle 283 vittime provenienti dal Pachistan, dal Punjab e dallo Sri Lanka: l'uomo non è perseguibile nel nostro paese perché i fatti si sono svolti in acque extraterritoriali e perché nel momento in cui è stato istruito il processo a suo carico si trovava fuori dall'Italia.
Resta, è vero, un altro imputato, l'armatore pachistano-maltese Tourab Ahmed Sheik che avrebbe organizzato il viaggio finito con l'ecatombe; ha però una posizione più sfumata, essendo difficile dimostrare per lui - che era rimasto in terraferma - la responsabilità diretta di quanto avvenne quella notte, quando nel tentativo di trasbordo in alto mare dei 400 passeggeri dalla Iohan a un piccolo scafo maltese che li avrebbe dovuti far approdare in Sicilia, quest'ultimo fu speronato e colò a picco, con imprigionati nella stiva quanti erano già saliti sulla barca, mentre il comandante El Allal fuggiva via coi superstiti, senza preoccuparsi neppure di far scattare l'allarme per sollecitare i soccorsi; l'armatore poi, neanche a dirlo, è anch'egli libero e «irreperibile», oltreché ufficialmente nullatenente.
Il processo rischia così di svuotarsi totalmente, e se ne dice consapevole l'avvocato Paolo Ezechia Reale, che rappresenta la parte civile per conto dell'associazione fondata dai parenti dei circa ottanta indiani morti nel naufragio: «Stiamo valutando bene l'ordinanza della corte d'Assise - dice - ma probabilmente decideremo di abbandonare, non ha più senso continuare con un solo imputato contumace e peraltro difficilmente condannabile visto che di fatto non c'era... Devo ammettere con amarezza e franchezza che il procedimento e la nostra stessa azione potrebbero essere inutili». Tutto questo quando ancora ieri, in apertura di un'udienza durata appena un'ora, altri legali avevano presentato richiesta di costituzione di parte civile; lo ha fatto Simonetta Crisci per conto di 32 famiglie pachistane, e Gianni Ciccazio per l'associazione romana Senza Confine: i giudici hanno preso tempo e comunicheranno la decisione alla prossima udienza, fissata per il 18 maggio. E l'avvocato Crisci, reduce dalla «vittoria» al tribunale romano con l'assoluzione dei presunti terroristi islamici, sembra meno disposta a gettare la spugna: «Speriamo ancora che sia fatta giustizia, e riguardo al comandante El Allal riteniamo che possa ancora essere giudicato in Grecia e a Malta, dove si stanno svolgendo altri processi su quella tragedia». L'uomo tra l'altro aveva preannunciato «rivelazioni» sulla rete dei complici: chissà se mai sarà messo in condizioni di farle.
Il processo di Siracusa era nato già male. Dopo i mesi di tentennamenti e di dubbi persino sullo stesso naufragio, negato per mesi dalle autorità italiane, il procuratore aretuseo Roberto Campisi aveva dovuto «cambiare in corsa» il capo d'imputazione, da omicidio plurimo colposo a omicidio volontario, per aggirare la questione della extraterritorialità, neutralizzata dalla gravità della colpa. Ma questo escamotage sarebbe stato paradossalmente causa del proscioglimento di ieri, in quanto El Allal - che era stato arrestato nel 2000 e poi scarcerato dai giudici siracusani, ed era fuggito mentre Campisi presentava un inutile ricorso - era già fuori dal nostro paese quando il processo ricominciava da zero.
«Certo, se la Francia avesse concesso l'estradizione, sarebbe stato più facile trovare appigli legali - afferma ancora l'avvocato Reale - Ma così la corte d'assise non ha avuto vie d'uscita. Scontiamo l'assenza di una legislazione internazionale - sottolinea - e questo processo non fa altro che ribadirne l'urgenza. Mentre il crimine si globalizza, la giurisdizione arranca e questo scarto lascia dei vuoti pericolosissimi di fronte ai quali ai giudici viene chiesto lo sforzo di interpretazioni `evolutive' che non sempre riescono a fare». Per Alessia Montuori di Senza Confine resta almeno una cosa da fare, recuperare quei corpi ancora in fondo al mare.
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DAL QUOTIDIANO "LA SICILIA" DEL 2 APRILE 2004
la strage dei migranti del natale '96 Slitta il processo per lo sciopero degli avvocati
(s.t.) E' stata rinviata al 29 aprile il processo a carico del libanese Youssef El Hallal e del pakistano Sheik Amhed Thurab, accusati di omicidio plurimo volontario per la morte di quasi trecento migranti la notte del Natale '96 a largo di Capo Passero. Il rinvio è motivato dallo sciopero dei legali e ieri il dibattimento doveva ripartire dopo uno sto di una ventina di giorni....
Un elemento importante può essere rappresentato dall'eventuale presenza in aula di alcuni sopravvissuti al naufragio che costituisce la più grave tragedia nel Mediterraneo dalla fine della seconda guerra mondiale. Fin qui il processo, cominciato nell'ottobre dell'anno scorso, è andato avanti piuttosto a rilento. Una lentezza determinata soprattutto dalla definizione della posizione di El Hallal che nel maggio del 2003 rilasciò una lunga intervista al quotidiano Repubblica dove lanciava anche delle precise accuse.
In quell'occasione, infatti, il capitano della motonave battente bandiera honduregna dichiarò al giornalista di aver detto subito dove andare a cercare il relitto, sapendo che si trattava di acque internazionali. «Non mi hanno creduto - aggiunse El Hallal - non vogliono, non hanno mai voluto la verità». |
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DAL QUOTIDIANO "LA SICILIA" DEL 12 FEBBRAIO 2004
Naufragio, battaglia sulla giurisdizione
Superato lo scoglio della posizione giuridica del comandante della motonave «Yohan», Youssef El Hallal, che per il rigetto della richiesta di estradizione da parte dei giudici della Corte d'Appello di Orlèans è da considerare contumace e non più latitante, altri ostacoli dovrà superare la Corte d'Assise (presidente, Romualdo Benanti; a latere, Giuseppe Artino Innaria) prima di avere strada spianata per la celebrazione del processo contro i due imputati accusati della morte di 283 cittadini asiatici.
Gli ostacoli che dovrà superare la Corte sono rappresentati dalla sfilza di eccezioni preliminari sollevate dagli avvocati Giuseppe Cristiano e Francesco Comi, rispettivamente difensori del pakistano naturalizzato maltese Sheik Ahmed Turab e del comandante della motonave Yohan, appunto il libanese Youssef El Hallal.
Entrambi i penalisti contestano il decreto emesso dal Giudice per le indagini preliminari Monica Marchionni che affidò la giurisdizione alla Corte d'Assise di Siracusa perchè, nonostante il naufragio si fosse verificato in acque internazionali, ritenne che sua fosse la competenza a giudicare sia l'organizzatore del viaggio, il pakistano naturalizzato maltese Turab, sia il comandante della motonave Yohan. Per l'avvocato Cristiano la giurisdizione non può essere della giustizia italiana e meno che mai della Corte d'Assise di Siracusa perchè «Turab non aveva mai messo piede nella nostra provincia, tranne dopo la sua estradizione da Malta» e perchè «il reato di omicidio volontario gli è stato contestato successivamente alla decisione della Corte Suprema maltese che, accogliendo la richiesta del Gip del Tribunale di Siracusa, lo aveva estradato perchè accusato di omicidio colposo plurimo». A sua volta l'avvocato Francesco Comi ha sostenuto che la giurisdizione non spetta alla Corte d'Assise di Siracusa perchè i reati sono stati commessi a 19 miglia dalla costa di Portopalo, quindi a molta distanza dalle acque territoriali, ed in ogni caso «ammesso e non concesso che debba essere l'Italia a giudicare il comandante della Yohan la competenza dovrebbe spettare o ai giudici di Reggio Calabria, nel cui porto la motonave attraccò nel febbraio 1997 e nelle cui stive furono rilevate le prime tracce sul naufragio della vigilia di Natale 1996, o ai giudici di Sanremo, nel cui carcere fu rinchiuso il mio cliente dopo l'estradizione disposta dalla giustizia francese». L'avvocato Comi ha sollevato anche una seconda eccezione preliminare con la quale ha chiesto la revoca della costituzione di tutte le parti civili «perchè, non essendo stati mai ritrovati i cadaveri, non s'è mai arrivati alla identificazione dei naufraghi». Altre due eccezioni sollevate dal penalista tendono ad ottenere la nullità dei decreti emessi dal Gip del Tribunale di Siracusa, sia quello di latitanza sia quello di irreperibilità, perchè mai notificati a Youssef El Hallal. Ulteriore eccezione sollevata dall'avvocato Comi è relativa alla nullità del decreto di sostituzione del reato da omicidio colposo a omicidio volontario come dolo eventuale, così come a suo parere devono essere dichiarati nulli gli atti effettuati nel corso dell'udienza preliminare perchè al comandante della Yohan non era stato notificato il decreto di comparizione.
Contro l'accoglimento di tutte le eccezioni preliminari si sono pronunciati sia il Pubblico Ministero Paola Vallario sia i difensori delle parti civili, avvocati Paolo Ezechia Reale, Alessandra Lorenzetti, Umberto Di Giovanni e Glauco Reale. Per pubblica e privata accusa il processo deve restare a Siracusa e dovrà essere la Corte a giudicare i due imputati.
La Corte si è riservata ed ha comunicato che renderà note le proprie determinazioni alla prossima udienza dell'uno aprile.
Pino Guastella
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Dal quotidiano LA SICILIA del 30 gennaio 2004
Estradato o no? La Corte non sa
Naufragio del Natale '96.
I giudici ignoravano che la Francia avesse liberato il comandante della «Yohan»
....si è arrivati all'udienza di ieri per registrare l'ennesimo nulla di fatto del processo a carico del comandante della motonave «Yohan» e del pakistano naturalizzato maltese Turab. L'avvocato Francesco Comi, per rassicurare i giudici siracusani sulla fondatezza della notizia pubblicata oltre un mese fa dal nostro giornale, ha esibito la copia del decreto emesso dalla Corte d'Appello di Giustizia d'Orleans di rigetto dell'estradizione perchè già in passato analoga istanza era stata accolta sempre per lo stesso tragico naufragio avvenuto nella notte della vigilia di Natale 1996. Trattandosi di una copia la Corte non ha potuto fare altro che rinviare alla data dell'11 febbraio il processo, ma ha assunto l'impegno di attivare la propria cancelleria affinchè possa prendere contatti con la Procura Generale della Corte d'Appello di Catania ed eventualmente con gli uffici del Ministero della Giustizia per ottenere l'originale del decreto di rigetto della estradizione emanato dalla giustizia francese.
A quella nuova data è stato rinviato l'esame su tutte le richieste preliminari preannunciate dall'avvocato Francesco Comi, che è sempre più convinto di riuscire a convincere la Corte a dichiarare la propria incompetenza a giudicare i due imputati accusati di omicidio volontario come dolo eventuale e di fare trasferire il processo o a Reggio Calabria, dove la motonave «Yohan» attraccò nel mese di febbraio 1997, o a Sanremo, dove il suo assistito era stato rinchiuso in carcere dopo la prima estradizione dalla Francia. Peraltro, il difensore del comandante si dice fiducioso dell'accoglimento delle sue eccezioni perchè, anche quando non dovessero accolte dalla Corte le richieste sull'assegnazione del processo o a Reggio Calabria o a Sanremo, il naufragio si verificò in acque internazionali e di conseguenza si dovrà poi stabilire quale autorità giudiziaria dovrà essere competente a processare il suo assistito e il pakistano-maltese, difeso dall'avvocato Giuseppe Cristiano.
Pino Guastella
Dal quotidiano LA SICILIA del 30 dicembre 2003
Cronaca: non concessa dalla Francia l'estradizione di El Hallal
La decisione del Tribunale di Blois di non concedere l'estradizione del comandante della motonave «Yohan» Youssef El Hallal, 45 anni, non scalfisce in alcun modo nè il lavoro investigativo effettuato dai magistrati della Procura della Repubblica di Siracusa nè l'ipotesi delittuosa contestata a titolo di omicidio volontario come dolo eventuale. E' questo, in estrema sintesi, il parere del capo della Procura, Roberto Campisi, titolare dell'inchiesta assieme al sostituto procuratore Paola Vallario. Il procuratore, che è ancora in attesa di conoscere le motivazioni a supporto della decisione adottata dal Tribunale francese, ritiene verosimile che l'estradizione non sia stata concessa perchè già due anni fa il comandante della «Yohan» era stato spedito in Italia per essere giudicato per il reato originariamente contestatogli di omicidio colposo plurimo. L'opinione del procuratore Campisi viene confutata dal difensore del comandante della motonave, avvocato Francesco Comi, già venuto in possesso delle motivazioni del provvedimento di rigetto della richiesta di estradizione, il quale afferma che l'autorità giudiziaria francese non ha accolto la richiesta della magistratura italiana perchè «dalla lettura degli atti prodotti non sono emerse prove inequivoche a sostegno della imputazione di omicidio volontario come dolo eventuale».
Alla luce delle motivazioni addotte dal Tribunale di Blois, l'avvocato Francesco Comi chiederà alla Corte di Assise all'udienza del 29 gennaio di dichiarare la propria incompetenza giurisdizionale e di rimettere gli atti o alla Procura di Reggio Calabria o a quella di Sanremo dove il comandante della motonave «Yohan» venne condotto dopo la sua estradizione dalla Francia.
Sulla competenza giurisdizionale il procuratore Campisi la pensa esattamente all'opposto e ritiene che dovrà essere la Corte d'Assise a giudicare sia il comandante della «Yohan» sia il cittadino maltese Sheik Ahmed Turab, anch'egli accusato di omicidio volontario. Anche sulla sussistenza della fattispecie delittuosa di omicidio volontario sono divergenti le opinioni del procuratore Campisi e dell'avvocato Comi. Il penalista ritiene infatti che sia tutto da provare il reato di omicidio volontario dal momento che dovrà essere la Corte a stabilire l'eventuale ammissione dei testimoni citati dalla pubblica accusa, viceversa il procuratore Campisi sostiene che i testimoni sono gli scampati del tragico naufragio del Natale 1996, al largo della costa di Portopalo, i quali gli hanno comunicato che verranno a Siracusa per raccontare alla Corte come il comandante El Hallal e gli altri 13 componenti dell'equipaggio hanno costretto, con le armi, i 283 asiatici a trasbordare dalla «Yoahn» sulla piccola imbarcazione maltese, poi colata a picco con il suo carico umano.
Pino Guastella
Dal quotidiano “Il Manifesto”
22 ottobre 2003
Processo per il «naufragio di Natale
di PATRIZIA ABBATE
E' durata solo quindici minuti la prima udienza al processo per il «naufragio di Natale», che si è aperto ieri mattina dinanzi alla corte d'assise del tribunale di Siracusa…..
l'avvocato Paolo Ezechia Reale rappresenta l'associazione «familiari vittime della tragedia della nave maltese», fondata dai parenti dei circa ottanta indiani morti nel naufragio: era il gruppo etnico più consistente di quel carico umano finito negli abissi del Canale di Sicilia. L'associazione si è costituita parte civile al processo, insieme ai cingalesi del «Forum for human dignity», rappresentati dall'avvocato Alessandra Lorenzetti; e lo farà alla prossima udienza anche un gruppo di pachistani che si sono affidati al penalista Umberto Di Giovanni.
«Non c'è dubbio che è stata proprio la perseveranza dei familiari e dei sopravvissuti ad aprire la strada a questo processo» - spiega l'avvocato Reale. «Anche se inizialmente i loro racconti non furono creduti, e l'inchiesta partì solo dopo il sequestro della nave Yohan che nel frattempo aveva cambiato nome ma continuava la sua attività, e venne bloccata a Reggio Calabria». Allora solo il manifesto denunciava il silenzio intorno alla strage.
Quei racconti sono ora contenuti nel corposo incartamento depositato dalle parti civili, «che sono entrate in campo già nella fase delle indagini, depositando i verbali degli interrogatori di quel centinaio di clandestini che raggiunse la Grecia con la Yohan, e che fu subito incarcerato. Indicano chiaramente come in quella tragedia ci siano molti responsabili, alcuni indicati con nome e cognome», afferma Reale. Anche se gli imputati sono solo due - oltre a El Hallal, il pachistano-maltese Tourab Ahmed Sheik, a piede libero - «è già importante che il processo si faccia, che siano individuati almeno i responsabili materiali di quella atroce vicenda, che secondo la pubblica accusa si sono resi colpevoli di omicidio volontario e non colposo come era stato ipotizzato in un primo momento». Una nuova imputazione «che collima perfettamente con la nostra posizione: l'ipotesi colposa non rendeva affatto la gravità di quanto è avvenuto. La posizione che invece affermeremo con forza è che chi organizzò quel viaggio e chi decise di effettuarlo sapeva bene cosa poteva succedere. Di fronte a quelle condizioni metereologiche e a quel mare, ciò che poteva accadere era facilmente prevedibile; ma si accettò il rischio, per soldi», continua Reale. Che si dice ottimista nonostante l'iter travagliato del procedimento e la spada di Damocle delle competenze territoriali.
«In realtà il nostro codice consente l'intervento giuridico in casi in cui fatti gravi, pur avvenuti in ambiti extraterritoriali, abbiano determinato un trauma alla coscienza del popolo italiano... Succede molto raramente, ma in questo caso è stato lo stesso ministero ad autorizzare il procedimento». Da cui i parenti si aspettano «soddisfazione morale»: difficilmente potranno ottenere altro. «Il risarcimento è improbabile - conferma l'avvocato di parte civile - perché i due imputati sono ufficialmente nullatenenti. E perché purtroppo l'Italia non ha mai dato seguito alla risoluzione con cui nel 2001 l'Unione europea invitava i paesi membri a costituire un «fondo per le vittime» che di fronte a reati gravi garantisse comunque un rimborso, almeno da parte dello stato. Un principio di grande civiltà che la Corte penale internazionale ha pienamente accettato ma non così il nostro paese».
Dal quotidiano LA SICILIA del 15 ottobre 2003
Ha causato la morte di 283 clandestini:
arrestato in Francia il comandante della "Yohan".
di Pino Guastella
SIRACUSA - Da un colpo di scena all'altro. Il tragico naufragio avvenuto la notte della vigilia di Natale del 1996, al largo della costa di Portopalo, continua a tormentare i magistrati siracusani che, per competenza territoriale, se ne sono dovuti occupare. L'ultimo colpo di scena è rappresentato dall'arresto del comandante della motonave «Yohan», Youssef El Hallal, 45 anni, colpito da una misura di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa, Monica Marchionni.
Lo stesso Gip, a conclusione dell'udienza preliminare tenutasi lo scorso 8 luglio, nel disporre il rinvio a giudizio sia del comandante della motonave che del cittadino pakistano naturalizzato maltese, Turah Ahmed Sheik, detto Tony, aveva revocato la misura coercitiva pendente contro i due indagati perchè erano venute meno le esigenze cautelari. Per effetto della decisione del Gip, il pakistano Ahmed Sheik era stato liberato dal carcere di Cavadonna, dove era finito immediatamente dopo la sua estradizione decisa dall'alta Corte di Malta, mentre era stato annullato l'ordine di cattura internazionale pendente contro il comandante della «Yohan».
Quattro giorni dopo quella ordinanza favorevole ai due imputati, il procuratore Roberto Campisi aveva inoltrato nei loro confronti una seconda richiesta di emissione della misura della custodia in carcere perchè l'ipotesi accusatoria da omicidio colposo multiplo si era tramutata in omicidio volontario per dolo eventuale. La richiesta del capo della Procura veniva accolta dal Gip soltanto per il comandante della motonave, mentre veniva rigettata per il cittadino pakistano. Quarantott'ore fa, a conclusione di una concertata operazione tra la Squadra Mobile di Siracusa e l'Interpol, in Francia è stato arrestato il ricercato comandante della motonave, che, non appena verrà estradato, verrà condotto dinanzi ai giudici della Corte d'Assise per dare conto di quel tragico e disumano naufragio.
Il suo rintraccio non è risultato problematico. Galeotto è stato il suo volersi mettere in mostra, dopo aver saputo della revoca del precedente ordine di cattura. Il comandante aveva avuto l'imprudenza di farsi fotografare accanto a due gendarmi sotto la Torre Eiffel. Il processo a carico di Youssef El Hallal e Turah Ahmed Sheik dovrebbe iniziare il prossimo 21 ottobre. In quella sciagura perirono 283 citttadini extracomunitari di nazionalità indiana, tamil e pachistana che, dopo un rocambolesco viaggio dai loro paesi d'origine, erano stati ospitati a Malta e poi fatti imbarcare sulla motonave «Yohan» per concludere la loro odissea in prossimità delle coste di Portopalo.
Ma la tanto auspicata meta non fu mai raggiunta da quei malcapitati passeggeri, perchè in acque internazionali, a diciannove miglia da Portopalo, la motonave veniva in collisione con una piccola imbarcazione maltese, sulla quale viaggiavano due componenti della criminale organizzazione che gestiva i viaggi della speranza di cittadini extracomunitari. Con i 283 asiatici, costretti sotto la minaccia delle armi ad abbandonare la motonave, sprofondavano negli abissi marini anche i due maltesi. La barca, di appena 14 metri, si era rovesciata ed era stata inghiottita dal mare in burrasca, trascinando a cento metri di profondità sia i due maltesi che gli sventurati asiatici.
L'inabissamento della piccola imbarcazione con tutto il suo carico umano sarebbe rimasto assolutamente ignoto se i passeggeri della «Yohan» non avessero scritto con il sangue e con dei chiodi sulle pareti delle stive la condanna a morte decisa nei loro confronti dal comandante della motonave. La sciagura fu scoperta dalle Fiamme Gialle di Reggio Calabria nel cui porto quattro mesi dopo aveva ormeggiato la «Yohan», riverniciata a nuovo e con un altro nome.
http://www.naufragio-natale96.net/pagine/news.htm