Election Day. La campagna europea del Rettore di Catania
28/05/2004  Fabrizio D’Esposito http://www.ildito.it/articolo.asp?id_articolo=230

Catania. Il diciotto maggio scorso, di martedì, nel giro di nemmeno due ore, Enzo Bianco e Ferdinando Latteri sono passati dalla sala dell'hotel Nettuno, dove c'erano almeno cinquecento studenti universitari, a una veranda del tennis club Umberto, che si chiama così non per nostalgie monarchiche ma per il nome del proprietario, un signore anziano con il viso bruciato dal sole. A Catania la campagna elettorale per le europee è soprattutto la campagna per le amministrative del prossimo anno. Per questo motivo, il voto del tredici giugno vale doppio. E ogni preferenza che uscirà per Latteri, candidato alle europee nella lista Uniti per l'Ulivo, servirà a Bianco per capire se presentarsi per la terza volta alla guida della sua città. L'ex ministro dell'Interno, prodiano della Margherita, vorrebbe infatti tornare a fare il sindaco di Catania.
Ecco perché, allora, davanti agli studenti radunati al Nettuno, Bianco conclude così il suo intervento: «Oggi stiamo partendo per un lungo viaggio anche se non ve ne rendete conto. Durerà un anno e inizia con le elezioni europee. Un lungo viaggio verso la riscossa, la speranza, verso un grande futuro». L'enfasi di Bianco scatena l'entusiasmo della platea. Tutti si alzano in piedi e applaudono. Sono le sette e mezzo di sera e prima di lui ha parlato Latteri. Per soli dieci minuti. La prima cosa che colpisce di Latteri, rettore dell'università di Catania ed ex deputato dc, passato con clamore da Forza Italia alla Margherita, meglio nel listone unitario di Prodi, è proprio questa. Latteri parla pochissimo. Al tennis club, un'ora dopo, farà ancora meglio. Sei minuti in tutto. E quando parla, poi, il tono è sempre monocorde, mai una vibrazione polemica, mai la ricerca dell'applauso. In pratica un democristiano vecchio stampo, oppure, come usa dire oggi, un moderato vero. E in Sicilia essere un moderato di derivazione scudocrociata paga sempre perché quello che conta, in fondo, non è stare in Forza Italia o nella Margherita, ma essere di centro.
E Latteri, agli occhi dei catanesi, continua a essere di centro, ieri con Berlusconi, oggi con Prodi. Tutto qui. Altrove, poi, una massiccia transumanza da Forza Italia al centrosinistra (con Latteri sono passati anche tanti altri consiglieri comunali e provinciali) sarebbe vista con sospetto, con diffidenza, farebbe sorgere dubbi e domande. Qui, invece, il passaggio da un polo all'altro fa dire a Bianco che Catania è il nuovo laboratorio della politica italiana «perché quello dato da Latteri è il primo grande segnale di sfaldamento del centrodestra». Del resto è stato proprio Bianco il regista dell'operazione Latteri. Lo spiega lo stesso ex ministro: «All'inaugurazione dell'anno accademico, il suo discorso mi ha colpito per le notazioni critiche sulla riforma Moratti e sulla scarsa attenzione del governo per il Mezzogiorno. Così sono partiti i contatti. Latteri è stato prudente e riflessivo, non ha chiesto niente e alla fine, lui che non è un uomo di molte parole, è stato di parola. La sua scelta testimonia che una parte significativa della borghesia professionale più che imprenditoriale, e che ha creduto al messaggio di Berlusconi, non vuole più stare nel centrodestra. Gli equilibri stanno cambiando».
Le offerte dell'Udc
Ferdinando Latteri ha cinquantanove anni e si alza tutte le mattine alle sette meno un quarto. Prima va in ospedale, da chirurgo, poi all'università, da rettore, infine riceve persone nella sua segreteria, da politico. A casa rientra non prima di mezzanotte e ogni anno le sue vacanze sono tre giorni in campagna nella settimana di Ferragosto. Deputato democristiano per due legislature, nel 1987 e nel 1992, otto anni fa decise di entrare in Forza Italia, legandosi poi alla corrente di Claudio Scajola. I nemici commentano il suo trasloco nel centrosinistra con veleno. Mal sopportato dalla diarchia che governa Forza Italia in Sicilia, composta da Gianfranco Micciché e dal senatore Pino Firrarello con la benedizione di Marcello Dell'Utri e, ovviamente, di Silvio Berlusconi, Latteri non avrebbe avuto più spazio tra gli azzurri e quindi nel centrodestra.
Ma la spiegazione regge fino a un certo punto se è vero, come si racconta, che dall'Udc di Casini e Follini (che in Sicilia grazie al governatore Totò Cuffaro e al presidente della provincia di Catania, Raffaele Lombardo, è intorno al venti per cento) avrebbero fatto ponti d'oro per ottenere la sua adesione. I centristi del Polo gli avrebbero offerto un posto da sottosegretario o addirittura da ministro, ma lui avrebbe rifiutato, accettando così la proposta dei centristi di sinistra, sicuramente meno appetitosa e sicura: un posto da candidato per le europee nel listone di Prodi. Perché? Anche se di poche parole, quando parla, Latteri va dritto al cuore del problema, senza scomporsi mai: «Berlusconi mi ha deluso e il vento sta cambiando». Una verità semplice semplice. E non si scompone nemmeno se gli chiedi di questione delicate, tipo la mafia. Lui, che è in lista anche con il ds Claudio Fava, risponde così: «Non penso che la mafia sia l'emergenza principale della Sicilia».
Insomma, un moderato vero, che sui manifesti appare serioso come la pubblicità di un'auto tedesca. Il paragone lo fa il suo esperto di comunicazione, Paolo Magnano, responsabile anche del sito www.ildito.it periodico online catanese: «Abbiamo puntato tutto sui suoi occhi azzurri molto vivi e sulle spalle larghe. E puntare su spalle e occhi dà solidità all'immagine. Il suo manifesto è stato studiato con la seriosità tedesca».
A dire il vero, non è stato facile convincere Latteri a farsi le foto per depliant, santini e manifesti. Dice ancora Magnano: «All'inizio era scettico, mi ha detto che non credeva in questa forma di comunicazione. Poi si è convinto e la moglie prima andare a fare le foto si è raccomandata: "Magnano, ci stia attento, mio marito è poco fotogenico"». Il risultato, alla fine, è che Catania in questi giorni è piena di migliaia di Latteri che ti guardano con occhi azzurri e spalle larghe.
Le previsioni lo danno per vincente. Nel senso che a Strasburgo dovrebbero finirci lui e il capolista Luigi Cocilovo, entrambi della Margherita. Si parla di almeno centomila preferenze, dopodiché a Catania e in Sicilia nulla sarà come prima.
Anche perché a sinistra, non solo nel listone, non c'è nessuno che si turi il naso davanti ai voti del rettore. Come conferma Orazio Licandro, professore di diritto romano e segretario regionale dei comunisti cossuttiani: «Io non userei come Bianco il termine di laboratorio nazionale per descrivere quello che sta accadendo a Catania. Laboratorio per me significa innovazione, la questione Latteri è invece una questione di vento, di vento che cambia. Anche Cuffaro, prima di passare col Polo, era di centrosinistra, un mastelliano doc. Ma approdare da un parte all'altra non è scandaloso. E io farei accordi col diavolo pur di battere Berlusconi. E Latteri non è il diavolo».