L’esperienza di “Sicilia Libera” cominciò a traballare pochi mesi dopo la sua nascita. Nel febbraio 1994 la situazione era cosi fluida che il club del San Paolo Palace, creato dall’imprenditore Gianni Ienna, prestanome dei boss di Brancaccio, era stato ribattezzato “Forza Italia Sicilia Libera”. Per i leader che si erano impegnati, da Cintola e Platania, si provò a trovare spazio direttamente in Forza Italia. A giugno, la scelta autonomista era già tramontata.
Se però Cagarella e Cannella si muovevano da neofiti della politica, c’era chi aveva già previsto tutto. Anche la fine di “Sicilia Libera” e l’adesione a una formazione ben più stabile.
A spiegarlo a Cannella fu don Vito Ciancimino, durante un periodo di comune detenzione nel carcere romano di Rebibbia, nell’estate del ’95: << Mi disse- ha raccontato l’imprenditore- che il progetto di Sicilia Libera costituiva l’attuazione di una strategia politica che lui, tramite l’appoggio e l’apporto ideativi di Bernardo Provenzano, aveva portato avanti negli anni precedenti, tramite la Lega Meridionale o qualcosa di simile, Aggiunse che a questo progetto aveva collaborato fortemente la’ndrangheta calabrese. Specificò al riguardo: “ devi sapere che la vera massoneria è in Calabria e che lì gode di appoggi a livello di servizi segreti” >>.
Dunque Provenzano aveva già vagliato la scelta autonomista. Adesso il progetto era ben altro. E’ ancora Cannella , con un quadro più chiaro, a darne conto. Interrogato dai magistrati delle Procure di Palermo, Caltanisetta, e Firenze, il 23 luglio 1997, ha messo a verbale la sua analisi finale: << Sin dal 1990/91 c’era un interesse di Cosa Nostra a creare movimenti separatisti, erano sorti in tutto il meridione con varie denominazioni.
Erano caratterizzati da una contrapposizione con la Lega Nord, ma nella sostanza ne condividevano gli obiettivi.
“Sicilia Libera” era nata essenzialmente per la volontà dell’organizzazione mafiosa di punire i politici che una volta erano amici, preparando il terreno a movimenti che prevedessero il coinvolgimento diretto di uomini della criminalità organizzata o meglio, legati alla criminalità ma presentabili.
Nel corso dell’evoluzione di queste iniziative di tipo autonomistico-separatista, erano poi venute maturando le premesse per la creazione di un movimento politico unitario, che avrebbe assicurato gli stesi obiettivi che avevamo iniziato a perseguire con i movimenti separatisti.
Pertanto, come ho dichiarato, quando nell’ottobre ’93, su incarico di Cagarella, costituii a Palermo “Sicilia Libera”, le due strategie già coesistevano, e lo stesso Cagarella, tuttavia, non intendeva rinunciare al programma separatista, perché non voleva ripetere” l’errore” di suo cognato, cioè dare troppa fiducia ai politici. Voleva conservare la carta di un movimento in cui Cosa Nostra fosse presente in prima persona>>.
Fra i due esperimenti politici- ed era la cosa più importante- sembrava dunque esserci una unicità di progetti: << Si pensi- spiega Tullio Cannella- al progetto di fare della Sicilia un porto franco, che era un impegno dei movimenti separatisti ed un impegno dei siciliani aderenti a Forza Italia.
Si pensi poi che, all’inizio del ’94, esponenti della Lega Nord ( Tempesta, Marchioni ed il principe Orsini), con i quali avevo avuto contatti diretti, mi avevano parlato dell’esistenza di trattative fra Bossi e Berlusconi per un orientamento elettorale e un futuro accordo di governo che prevedeva, fra l’altro, il federalismo.
Questo era per noi un primo obiettivo immediato di non scarsa rilevanza nell’ambito del progetto separatista>>.
Ben presto, pero, tutte le energie furono concentrate su Forza Italia. <<Verso la fine del ’93 –racconta ancora Cannella – Filippo Giroviano mi disse testualmente: “ Ti sei messo in politica, ma perché non lasci stare, visto che c’è chi si cura i politici? Ci sono io che ho rapporti ad alti livelli e ben presto verranno risolti i problemi che ci danno i pentiti” >>.
Cannella, imprenditore e provetto uomo della politica, si dava comunque parecchio da fare. Ed il suo cellulare era rovente. Così. Più di ogni confessione, i tabulati delle sue telefonate hanno rilevato la rete di contatti che si dipanava dalle ceneri di “ Sicilia Libera” verso la macchina elettorale di Forza Italia. A districarli è stato il consulente informatico della Procura di Palermo, Gioacchino Genchi, su incarico dei PM Domenico Gozzo e Antonio Ingoia, che sostengono l’accusa nei confronti di Marcello Dell’Utri.
Uno degli interlocutori di Cannella è il principe Domenico Napoleone Orsini. Il 4 febbraio ’94. alle 15,55, il nobile chiama l’imprenditore al cellulare, probabilmente non lo trova; la telefonata dura solo 8 secondi. Alle 16,14, Orsini richiama Cannella, ma questa volta alla sede palermitana dI “ Sicilia Libera”, in via Niccolò Gallo 14; la conversazione dura 372 secondi. Alle 18,43, Orsini chiama l’abitazione di Silvio Berlusconi, ad Arcore, il cui numero è stato trovato in tre agende di Orsini e in una agenda di Dell’Utri, con l’annotazione” Berlusconi Silvio-Arcore”. Quindi alle 18,44. il principe chiama Dell’Utri allo 02/21023159. Nei giorni successivi, seguono altri contatti con Tullio Cannella, Stefano Tempesta, Marcello Dell’Utri, Vittorio Sgarbi e Cesare Previti. Le successione cronologica delle chiamate, gli spostamenti di Orsini fra il Lazio. La Sicilia, la Calabria e la Lombardia rappresentano per i magistrati di Palermo la prova che esisteva pieno accordo tra i protagonisti di “Sicilia Libera”, il movimento di Cagarella, e la nascente Forza Italia.
Il consulente informatico della Procura di Palermo ha cercato fra 600.000 telefonate, tutte quelle passate dal ’90 al ’96 dai centralini della Fininvest e dalle utenze di Dell’Utri. E sono emersi altri contatti interessanti per le indagini.
Da un cellulare intestato alla Polisisten, azienda milanese di Natale Sartori, coinvolto in una inchiesta di droga insieme a Enrico Di Grusa, genero di Vittorio Mangano ( l’ex fattore di casa Arcore) partono varie chiamate dirette a Dell’Utri. E’ l’estate del’ 94, segno- secondo la Procura di Palermo- che i rapporti tra il manager di Publitalia e l’entourage del boss sono proseguiti anche in tempi molto recenti.
E’ un’utenza che scotta quella. Il 9 giugno ’94 chiama un numero riservato della Fininvest, utilizzato solo da Dell’Utri. Poi, dopo una telefonata all’avvocato Oreste Dominioni, del collegio di difesa del gruppo, un altro contatto con la residenza privata di Dell’Utri.
Sono queste le ultime indagini sui presunti nuovi referenti politici di Cosa Nostra, così come si sarebbero sviluppati all’inizio degli anni Novanta.
E mentre Cannella e il resto di Cosa Nostra tesseva le sue relazioni, era a Milano che altri mafiosi cercavano la svolta. Non è un caso che i boss di Brancaccio, Filippo e Giuseppe Giroviano, vennero arrestati dai carabinieri, nel ’94, proprio nel capoluogo lombardo. Nel processo che vede imputato Marcello Dell’Utri davanti al Tribunale di Palermo, c’è la figura di un favoreggiatore dei boss palermitani, pure lui finito in manette a Milano, quel Giuseppe D’Agostino che poi decise di collaborare con la giustizia.
Ha raccontato che il Melo Barone segnato nelle agende di Dell’Utri ( “Barone Melo via Lincoln 1- calcio interessa (Pacinotti)- ragazzo 10 anni in ritiro pulcini del Milan interessati D’Agostino Gaetano”) conosceva bene il manager di Publitalia. Il Gaetano D’Agostino è il figlio di Giuseppe.
L’ex picciotto di Brancaccio parlò di tutto questo con Giuseppe Graviano, si sentì rispondere che anche lui aveva amicizie non da meno. << Mi disse- questo il racconto di D’Agostino- che in generale non c’erano problemi per far entrare mio figlio al Milan e trovarmi un lavoro. In particolare, mi parlò della possibilità di trovare. Tramite le sue conoscenze, un posto in un grosso centro commerciale, se ben ricordo denominato Eurocommerciale>>.
Dell’Utri ha sempre negato queste conoscenze. Così come le circostanza che Eurocommerciale potesse riferirsi all’Euromercato del gruppo Fininvest.
La pista dei Graviano è però rimasta cruciale, soprattutto per le indagini della Procura di Firenze sulle stragi del’ 93.I protagonisti di quella nuova stagione di morte erano proprio loro, i fratelli terribili di Brancaccio, insieme a Matteo Messina Denaro, figlio di Francesco, il campiere della famiglia di Antonio D’Alì, parlamentare azzurro e sottosegretario all’Interno del secondo governo Berlusconi.
Da Falcone-Borsellino: Mistero di Stato Avvenimenti Italiani La memoria non si archivia
http://www.rifondazione-cinecitta.org/mafia-forzaitalia.html
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