«Dichiarazione di notevole interesse pubblico del bacino del Porto Grande e altre aree di Siracusa». Vi si dice che «constatato che lungo la costa che dal Castello Maniace va sino alla punta della Mola si gode lo spettacolo affascinante di Ortigia, dello stesso Castello Maniace, dello scosceso Plemmirio, e da lì la foce dei fiumi Ciane e Anapo e l’area delle Saline di Siracusa, il tutto dominato, sullo sfondo, dall’altopiano dell’Epipoli su cui si erge la fortezza del Castello Eurialo con la cinta delle Mura Dionigiane» e che «lo spettacolo di mare costituente l’insenatura portuale, oltre ad essere ricordato da Tucidide a Diodoro a Cicerone, è stato teatro di avvenimenti di fondamentale importanza»: il bacino è «un insieme unico al mondo». E va dunque vincolato. Dubbi interpretativi? Zero. |
A Siracusa l’isolamento istituzionale di chi fa solo il suo dovere di tutela di un bene unico dall’imbecillità altrui.
Dovrebbero lavorare 2.222 anni Rosa Lanteri e i suoi due colleghi della Soprintendenza di Siracusa, per pagare i danni
che vengono loro chiesti per aver fatto il proprio dovere. Cioè preteso d’applicare la legge che vieta di cementificare
il Porto Grande ricordato dagli scrittori dell’antichità. E lo Stato che fa? Invece che dare loro una medaglia d’oro
fa impazzire quei suoi servitori tra le scartoffie. Senza precipitarsi a difenderli.
Il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 30 settembre 1988 è chiarissimo fin dal titolo: «Dichiarazione di notevole interesse pubblico del bacino del Porto Grande e altre aree di Siracusa». Vi si dice che «constatato che lungo la costa che dal Castello Maniace va sino alla punta della Mola si gode lo spettacolo affascinante di Ortigia, dello stesso Castello Maniace, dello scosceso Plemmirio, e da lì la foce dei fiumi Ciane e Anapo e l’area delle Saline di Siracusa, il tutto dominato, sullo sfondo, dall’altopiano dell’Epipoli su cui si erge la fortezza del Castello Eurialo con la cinta delle Mura Dionigiane» e che «lo spettacolo di mare costituente l’insenatura portuale, oltre ad essere ricordato da Tucidide a Diodoro a Cicerone, è stato teatro di avvenimenti di fondamentale importanza»: il bacino è «un insieme unico al mondo». E va dunque vincolato. Dubbi interpretativi? Zero.
Tutte le zone nevralgiche di quella che è stata probabilmente la più importante città della Magna Grecia dovrebbero stare a cuore agli amministratori. Basti ricordare che già nel 1947 il soprintendente alle antichità Bernabò Brea ammoniva che il turismo dovrebbe essere «la maggiore risorsa economica di Siracusa. La cura della propria bellezza, il rispetto e la valorizzazione dei propri monumenti non sono quindi per Siracusa solo un lusso o l’adempimento di un dovere verso la cultura, ma un’intima ragione di vita e di benessere, anche dal punto di vista economico».Parole al vento. Per decenni il territorio è stato preso d’assalto dalla speculazione più insensata. Non solo nella parte nord dell’Ortigia, dove è tutto un ammasso di capannoni e ipermercati. Ma fin dentro la grandiosa cinta muraria di 21 chilometri fatta costruire dal tiranno Dioniso I, che secondo Diodoro impiegò sessantamila contadini e si spinse ad affiancarli nei lavori più pesanti così che «il muro fu terminato, al di là di ogni speranza, in 20 giorni».
In un paese serio, in una città seria, quelle mura sarebbero sacre e intoccabili. Tanto più che il Castello Eurialo che domina Siracusa è l’unica fortezza di quel periodo esistente al mondo. E invece? Invece, come denunciano Italia Nostra, Wwf, Legambiente, «Energie nuove» e mille altre associazioni che si riconoscono in «SoS Siracusa» guidata da Enzo Maiorca, hanno costruito dappertutto minando seriamente il Parco delle Mura Dionigiane. Villette a schiera sulla balza della Neapolis. Un centro commerciale ai piedi del castello. Un progetto per 840 alloggi di edilizia popolare in contrada Tremilia…
Tutti edifici tirati su in aree, sulla carta, di rispetto. Sul giornale «La Civetta» Marina De Michele ha denunciato la costruzione di una villetta (autorizzata, pare!) perfino dentro una «latomia», cioè un’antica cava teoricamente protetta. Per non dire di un progetto di lottizzazione alla Pirillina, un magnifico tratto di costa a sud, dove gli ambientalisti tra i quali c’è don Rosario Lo Bello, un prete cugino di Ivanhoe, il leader degli industriali protagonista della svolta nella guerra alla mafia, lottano contro la costruzione di un mega villaggio turistico di 80 mila metri cubi di cemento. Bloccato (per ora) dal vincolo provvisorio che riconosce la necessità di una riserva naturale.
Ma torniamo al Porto Grande. I porti turistici previsti sono in realtà due. Il primo, in fase di realizzazione, si sviluppa a partire dal già esistente Molo sant’Antonio, si chiama «Marina di Archimede» (ogni speculazione è meno vistosa con un nome poetico: c’est plus facile), ha dietro Francesco Caltagirone Bellavista, già finito in manette per il porto a Imperia e, dice il sito web, «prevede opere a terra per 49.467 mq e opere a mare su una superficie di oltre 97.000 mq» per 500 posti barca. Il secondo si chiama «Marina di Siracusa», ha dietro il gruppo Di Stefano, e allargandosi in mare perfino con un’isola artificiale di 40 mila metri quadri a partire dai ruderi di una fabbrica per la spremitura di olio, la «Spero», vorrebbe offrire ai suoi clienti anche 54 appartamenti.
La legge che vincola lo specchio d’acqua, prima citata, è chiara: manco a parlarne. Eppure, miracolo miracoloso, sia il primo sia il secondo porto sono riusciti ad avere qualche anno fa il via libera della allora soprintendente Mariella Muti, moglie dell’architetto Amilcare la Corte, progettista e direttore lavori di una edificazione sulla Balza di Acradina, lavori bloccati perché l’area è sotto vincolo paesaggistico. Quella della Muti è una storia esemplare: il 10 dicembre 2010, dopo aver dato l’ok anche al piano regolatore che prevedeva una zona di concentrazione volumetrica sul pianoro dell’Epipoli (dove c’è l’«inedificabilità assoluta»), se ne andò in pensione a 55 anni grazie alla legge 104 perché doveva accudire la madre malata. Cinque giorni dopo giurava come assessore comunale alla cultura del municipio sul quale per 7 anni aveva «vigilato». Pazzesco? Ma no, spiegò a Panorama: «Fare l’assessore non è poi così impegnativo».
Fatto sta che, fuori lei, il Dirigente generale dei beni culturali siciliani Gesualdo Campo si è messo di traverso con una nota durissima ai lavori e ai progetti in corso ricordando che non c’è deroga che possa consentire nuove strutture ricettive entro la fascia di 150 metri dalla battigia. Il che ha convinto «Aquamarcia» a fermarsi per capire meglio. Quanto all’altro porto, i nuovi dirigenti della Soprintendenza Rosa Lanteri (archeologia), Alessandra Trigilia (paesaggio) e Aldo Spataro (beni architettonici) hanno chiesto la revoca della concessione mettendo paletti rigidissimi.
Il verbale della conferenza dei servizi del gennaio scorso è netto. No al progetto perché «rispetto all’intervento principale, ovvero la realizzazione di un porto turistico, la prevalenza delle opere previste (vi è anche una piscina) è evidentemente l’edilizia». E poi no perché il porto ha «un parcheggio multipiano» e «ricade nella buffer zone» dell’Unesco e «non c’è alcuno studio del rischio tsunami» e altererebbe «lo sky-line della città» e via così … Tutte obiezioni basate sulla legge. Fatte invocando la legge. In nome dello Stato. La risposta? Un ricorso al Tar con la richiesta di condannare i tre funzionari a pagare 200 milioni di euro di danni. Pari appunto, per Rosa Litari e gli altri due, a quanto guadagnerebbero in 2.222 anni. Della serie: guai a te. E lo Stato? Non sarebbe il caso che battesse un colpo ai livelli più alti?
DECRETO 12 maggio 1998 G.U.R.S. 4 luglio 1998, n. 33
ASSESSORATO Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'Alta valle dell'Anapo, L'ASSESSORE PER I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE Visto lo Statuto della Regione; Visti i verbali del 18 aprile 1996, 30 maggio 1996, 11 giugno 1996, 27 giugno 1996 e del 7 ottobre 1996, pubblicati all'albo pretorio dei comuni di Buccheri (dal 7 gennaio 1997 al 7 aprile 1997), Buscemi (dal 1 aprile 1997 al 1 luglio 1997), Carlentini (dal 17 settembre 1997), Cassaro (dal 30 dicembre 1996 al 30 marzo 1997), Ferla (dal 2 gennaio 1997 al 2 aprile 1997), Palazzolo Acreide (dal 10 gennaio 1997 al 10 aprile 1997), Sortino (dal 3 gennaio 1997), attraverso i quali la commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa ha proposto di dichiarare il notevole interesse paesaggistico dell'area della valle dell'Anapo, classificandola "territorio di notevole interesse paesaggistico"; Visto il decreto n. 5475 del 24 marzo 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 22 del 7 maggio 1994, con il quale è stato imposto un vincolo di immodificabilità temporanea, ex art. 5, legge regionale 30 aprile 1991, n. 15, sulle aree dell'Alto Vulcanico monte S. Venere, adesso incluse nel perimetro della presente proposta; Vista la nota n. 2127 del 13 maggio 1997, con la quale, il Ministero delle Finanze ha attestato che nell'area oggetto della proposta di vincolo paesaggistico non esistono zone che interessano aziende patrimoniali dello Stato, nonché località riconosciute come stazioni di soggiorno di cui all'art. 13 della legge n. 1497 del 1939; Considerato che la valle dell'Anapo va necessariamente tutelata per evitare trasformazioni tali che potrebbero far venire meno, in maniera irreversibile, le caratteristiche proprie di questo territorio. E' stato effettuato l'esame, presso la Sezione beni paesaggistici, architettonici ed urbanistici della Soprintendenza di Siracusa, Il centro urbano di Palazzolo, poiché ben tutelato da un P.R.G. e da uno studio di piano particolareggiato del centro storico, verrà escluso dalla proposta, comprendendo invece il cimitero poiché ricco di significativi elementi architettonici e storici da salvaguardare. Per quanto concerne altri centri rientranti nella zona da sottoporre a vincolo, Ferla è in possesso di uno strumento urbanistico mentre invece Cassaro e Buscemi ne sono privi. Il perimetro proposto comprende a nord il monte S. Venera (m. 869) inseribile sia come bellezza individua che panoramica, nonché sottoposto a vincolo biennale di immodificabilità ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91. Obiettivo del presente vincolo è quello di sottoporre a tutela, secondo la normativa paesaggistica, la sorgente e l'alto corso del fiume, a completamento delle misure di salvaguardia già apposte su elementi del tutto identici. Nel tener conto dei problemi economici e sociali dei centri urbani che gravitano nella zona da sottoporre a vincolo si è cercato di trovare una soluzione di compromesso tra le esigenze di tutela del territorio e quella di sviluppo economico e sociale della zona. Particolare considerazione è stata rivolta alle attività produttive di cava, in quanto, una volta scaduta nell'anno 2002 l'autorizzazione all'apertura delle cave, se la zona sarà tutta sottoposta a vincolo ai sensi della legge n. 1497/39, quella attività, ai sensi della legge regionale n. 24/91, non potrà più essere rinnovata con gravi conseguenze dal punto di vista economico ed occupazionale. A tal fine si è provveduto a verificare quale sia l'attività produttiva effettivamente svolta dalle cave esistenti nella zona e quali siano i processi produttivi in atto, anche se l'estensione del territorio oggetto del presente vincolo e la sua natura giuridica di atto generale non consentono di attenzionare aspetti troppo particolari. La relazione tecnico-scientifica chiarisce il perché della necessità di tutelare la zona, anche perché accompagnata da specifiche osservazioni tematiche relative ai singoli aspetti: geologico, archeologico, urbanistico-territoriale, etc. Il vincolo della legge n. 1497/39, d'altra parte, non prescrive divieti assoluti ma cerca di dare delle prescrizioni per la tutela dei valori paesaggistici dell'area da vincolare. Scopo del vincolo è quello di tutelare l'Alta valle dell'Anapo ed il suo bacino imbrifero, allargandolo fino a comprendere monte S. Venere ed il torrente Calcinara, allo scopo di evitare che l'area subisca stravolgimenti tali da compromettere le valenze paesistiche della zona. Il vincolo abbraccia una vasta area che comprende anche quattro centri urbani e, quindi, si è provveduto ad individuare i criteri di scelta delle aree urbane da inserire nel vincolo ed i criteri da utilizzare per la perimetrazione, anche in considerazione del fatto che bisogna scegliere dei capisaldi certi visto che in questa area corre il limite tra le due provincie di Siracusa e Ragusa. Alla luce di un'attenta analisi del territorio e degli strumenti urbanistici già vigenti o in itinere, si sono estrapolati dal vincolo i centri urbani di Palazzolo Acreide e Ferla, e le loro periferie, per i quali sarebbe auspicabile che venisse proposto un vincolo ad hoc come è stato fatto per Buscemi (decreto n. 7102 del 15 ottobre 1997). Invece, in assenza di un piano di sviluppo territoriale di coordinamento e di uno studio demografico del territorio o di geografia antropica, ponendosi anche il problema della salvaguardia degli ambiti urbani, si è scelto di includere nel vincolo il centro urbano di Cassaro. Infatti, per Buscemi esiste il vincolo paesaggistico, per Palazzolo Acreide e Ferla risulta già vigente il piano regolatore generale, per Cassaro esiste solo il piano di fabbricazione mentre il P.R.G. è ancora in itinere e, quindi, l'inclusione di tale area urbana nel vincolo paesaggistico ha un senso, in quanto è più esposta a processi, già in atto, di cambiamento radicale repentini che tendono a stravolgere la struttura urbanistica esistente. Cassaro risulta, così, meno tutelata rispetto agli altri centri e, proprio per questo, la sua inclusione nel vincolo si rende necessaria, al fine di evitare che la struttura urbanistica venga sovvertita totalmente con la demolizione delle costruzioni già esistenti per crearne delle nuove, destinate ad una presunta vocazione turistica della zona che di fatto non corrisponde alla realtà dei luoghi. Ciò nel rispetto delle esigenze di espansione dei centri urbani e di quelle di tutela e di controllo del territorio, evitando che lo stesso venga alterato. Considerato che l'area per la quale si propone l'imposizione del vincolo è una delle più suggestive dal punto di vista paesaggistico ed è molto ricca anche di elementi archeologici, geologici e botanici. Fra le emergenze botaniche va rilevata la singolarità botanica costituita dal bosco di Ferla che insiste sulle sponde del torrente Calcinara. Infatti, mentre una sponda è costituita da terreno di tipo calcarenitico, che favorisce la crescita di una varietà di quercia (Quercus Ilex), sull'altra sponda è stato individuato un diverso tipo di vegetazione caratterizzata dal Quercus Virgiliana, favorita dalla presenza di terreni vulcanici. Fra i segni antropici storici più importanti presenti nell'Alta valle dell'Anapo vi è il tracciato della vecchia linea ferrata Siracusa-Vizzini. La qualità del territorio attraversato dal fiume Anapo è testimoniata dalle numerose suggestive visioni panoramiche che si possono godere da differenti punti di vista o "belvedere". Percorrendo la S.S. Mare-Monti si giunge a Palazzolo Acreide e ci si ferma al belvedere nella zona nord della città, dal quale si apprezza una visione panoramica di un'ampia porzione della valle dell'Anapo. Da questo punto è possibile ammirare una delle zone paesaggisticamente meglio conservate della Sicilia sud-orientale, nonostante le inevitabili trasformazioni ambientali e culturali che ha subito. A questo proposito si indica l'elettrodotto che l'Enel aveva chiesto di ubicare proprio nella valle dell'Anapo, attraversando il territorio compreso fra Palazzolo e Buscemi; tale invasiva opera in atto è stata riprogettata proprio allo scopo di salvaguardare il paesaggio dell'area in esame. Ai margini della zona archeologica di Akrai, in direzione di Buscemi, si ha modo di ammirare l'unicum botanico rappresentato da un esemplare di Bagolaro che campeggia imponente in pieno centro cittadino. Costeggiando il fiume Calcinara, che rappresenta quasi un limite naturale del vincolo, si scopre un paesaggio morfologicamente di gran pregio, avvicinandosi all'emergenza di monte S. Venere. L'area compresa fra Buccheri e monte S. Venere è di origine vulcanica e circa quindici milioni di anni fa la zona era interessata da effusioni sottomarine, come è testimoniato dalla presenza di lave a "cuscino", la cui forma è dovuta al fatto che le lave risalivano in superficie in ambiente subacqueo, attraverso fratture del terreno e, giunte in superficie, a causa della differenza di temperatura, costituivano nuclei che erano caratterizzati da desquamazione cipollare. In zona Contessa, nei pressi di Buccheri, a margine della balza che delimita l'altro lato della valle si può ugualmente ammirare un paesaggio così bello e spettacolare che giustifica ampiamente la imposizione del vincolo. Sul posto si può ammirare la presenza di alcuni esemplari di rapaci che nidificano nella zona di alcune essenze arboree particolari. Si tratta di agrifogli e querce, di tipo autoctono della macchia mediterranea che si sono sviluppate proprio grazie all'azione pioniera garantita dalle colture forestali impiantate da una ventina d'anni, dall'Azienda regionale foreste nella zona, costituita da pini e abeti. Attraverso la zona delle "Neviere" di Buccheri, che, costruite in pietre a secco di forma quadrata o circolare, costituiscono un esemplare unico di architettura nel Mediterraneo, per una strada tortuosa, da dove si ammira un paesaggio esaltante, si scende verso contrada Cuffari, dove si trova la fonte dell'Anapo. Il punto da cui si diparte il fiume Anapo è proprio sotto monte Lauro e lungo il crinale del monte corre il limite del vincolo; altro limite del vincolo è il monte Erbesso, antico terrazzo di abrasione marina, che in parte delimita naturalmente la valle. Costeggiando, poi, il torrente Calcinara, affluente dell'Anapo, percorrendo una zona paesaggisticamente molto suggestiva, e che in quanto tale non poteva non essere inclusa nel vincolo, si giunge a Cassaro, unico centro abitato che, come risulta dal verbale di riunione della commissione del 30 giugno 1996, si vuole includere nel perimetro del vincolo. Visitando il centro urbano, si nota come negli ultimi anni Cassaro abbia subito una notevole trasformazione edilizia, che attraverso le demolizioni e ricostruzioni ex-novo di intere unità edilizie, ha modificato buona parte del tessuto urbano antico. Ed un esempio di ciò si ha modo di osservarlo in atto, infatti in un angolo della via principale, quasi prospicente sulla piazza della chiesa Madre di S. Pietro, è stato demolito un fabbricato, certamente per essere ricostruito in maniera più moderna. Il bordo urbano rivela la presenza degli orti che si sviluppano attorno al paese, infatti Cassaro è uno dei pochi paesi della provincia che ha conservato gli "orti di margine" o suburbani. L'inclusione di Cassaro nel vincolo ha la funzione di indirizzare l'urbanistica del centro, proprio per evitare che ai bordi del paese, dove adesso insistono questi orti, magari vengano costruiti edifici a più piani. Si vuole evitare che venga stravolto l'impianto settecentesco del centro, con gli allineamenti del grigliato spagnolo, vicino a cui sono nate le prime case che hanno eliminato il senso degli allineamenti. Inoltre poiché la popolazione del paese non è cresciuta rispetto al momento dell'impianto urbano nel settecento, anzi è diminuita, non si giustifica questa esigenza di espansione che, anzi, si deve cercare di arginare, magari attraverso una azione di indirizzo urbanistico del P.R.G., prima che questo venga trasmesso al Consiglio regionale urbanistica (CRU) per l'approvazione. A Ferla, attraversando la zona inclusa nel vincolo, il cui limite si attesta proprio a margine delle case, si prosegue attraverso la riserva naturale dell'Anapo, nel suo tratto mediano. Da qui percorrendo l'ex tracciato della Ferrovia che costeggia il fiume, da dove si ammira uno dei siti naturali meglio conservati e paesaggisticamente più coinvolgenti, si arriva a Case Specchi, "rifugio" dell'Ispettorato forestale. Tornando alle problematiche sorte per l'inclusione nel vincolo del centro urbano di Cassaro, è importante sottolineare che, dopo il terremoto del 1693, ci fu la volontà di non mantenere l'impianto precedente e di ricostruire il paese su altro sito. Diversa ed articolata appare la problematica inerente il fenomeno delle cave presenti in agro di Cassaro, che, con l'inclusione nel perimetro di vincolo vedrebbero tramontare la possibilità di ottenere il rinnovo dell'autorizzazione, la cui scadenza - prevista per il 2002 - potrebbe incidere sulle attività produttive della comunità. Si chiarisce comunque che, anche in presenza del vincolo, se le cave non hanno esaurito il piano di coltivazione per il quale erano state autorizzate, si può chiedere una proroga fino a che la produzione stessa non sarà esaurita. In ogni caso, si deve evidenziare che l'area della valle dell'Anapo, è sottoposta già a vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 431/85, in quanto si trova tra i due bracci del fiume. La Commissione BB.NN.PP. ha effettuato un sopralluogo delle cave di estrazione e frantumazione di calcare che ha evidenziato come l'impianto di frantumazione con la cava annessa, denominata "Montegrosso-Italia" sia fuori dal perimetro dell'area che si vuole sottoporre a tutela con il vincolo paesaggistico. L'altra cava, denominata "Fontana del Signore-Italia", viceversa, insiste su una porzione di territorio da risanare alla scadenza dell'autorizzazione, considerato che è ben visibile anche da Palazzolo Acreide. L'inclusione di quest'area nel perimetro del vincolo è necessaria, proprio perché così si potrà esercitare sulla stessa un'azione di tutela e di controllo del territorio, dopo che la cava avrà cessato la sua attività. Il vincolo paesaggistico infatti può perseguire anche finalità di successive azioni di recupero ambientale di aree specifiche accidentalmente degradate e ad un reinserimento armonico delle stesse nell'ambiente circostante. In quest'area sono previsti, da parte dell'Ispettorato forestale, progetti di forestazione sia lungo gli argini dell'Anapo che dei suoi affluenti. Si è inoltre evidenziato che il previsto fronte di coltivazione della cava si estende in senso nord-est per circa 180 metri e lateralmente per circa 80 metri ancora, secondo il limite di coltivazione, essendo una cava a termine, anche per la conformazione naturale del terreno; molto probabilmente la cava nel 2002, data di scadenza dell'autorizzazione, non avrà esaurito le potenzialità estrattive autorizzate, per cui potrà continuare ad operare, in regime di proroga. Ai fini di un futuro recupero ambientale dell'area, è auspicabile il suo inserimento nell'ambito del vincolo: la Commissione ha quindi ritenuto doveroso, fatte tutte le opportune valutazioni, inserire anche l'area de quo nel perimetro del vincolo paesaggistico dell'Alta valle dell'Anapo. Considerata l'analisi paesaggistica effettuata sui territori dei comuni di Buccheri, Buscemi, Cassaro e Ferla, e riportata nei verbali anzidetti, dalla quale è dato ricavare che sottoporre a vincolo paesaggistico l'Alta valle dell'Anapo significa riconoscere, in quanto valori collettivi di interesse pubblico, gli elementi culturali e naturali presenti nel territorio compreso dal suo bacino idrografico. L'intero corso del fiume ed i suoi affluenti principali e secondari risultano già sottoposti a vincolo ope-legis, per gli effetti della legge n. 431/85, per una superficie pari a m. 150 dalle sponde; il tratto mediano, è dichiarato area di notevole interesse naturalistico, ai sensi della legge regionale n. 14/88 sulle riserve naturali regionali, in attesa di decreto, nonché proprietà demaniale dell'Azienda regionale foreste; il tratto comprendente la necropoli di Pantalica, risulta inoltre sottoposto sia a vincolo archeologico che paesaggistico ai sensi delle normative n. 1497/39 e n. 1089/39; la sua foce risulta assoggettata al vincolo paesaggistico del porto grande di Siracusa, di cui al decreto del 1988. A proseguimento degli atti di tutela fin qui espressi ed a conferma dell'unitarietà dei valori storici, culturali, archeologici, geologici e naturalistici rappresentati nella valle, appare necessario ed urgente completare la tutela del territorio sotteso al bacino del Fiume. L'Anapo, coprendo una superficie di bacino pari a Kmq. 180 ed una lunghezza pari a Km. 52, per la sua notevole disponibilità idrica, è stato da sempre influenzato dalla presenza antropica, sia per la derivazione delle sue acque, che, per l'utilizzazione dei fertili suoli alluvionali per scopi agricoli, fattore questo, che ha portato a sostanziali alterazioni nella originaria vegetazione ripariale. La captazione delle sorgenti, la costruzione di bacini artificiali, la canalizzazione dei suoi affluenti, le trivellazioni incontrollate della falda hanno causato la riduzione delle sue portate medie ed estive; l'immissione a tutt'oggi prorogata delle acque reflue di almeno cinque centri urbani limitrofi, comporta il progressivo inquinamento e degrado specialmente nel tratto finale del fiume, in corrispondenza della pianura di Siracusa. Rispetto al panorama montano delle colline della Sicilia interna, il massiccio ibleo, appare distaccarsi, caratterizzando "la regione nella regione" dove si trova Pantalica. Pur essendo composto da calcari simili agli altri rilievi dell'isola, questa tipica conformazione lievemente inclinata, quasi orizzontale, conferisce al rilievo una più marcata dolcezza. Tale superficie viene tipicizzata ulteriormente per la presenza di un'infinita serie di geometrie costituite da antichi muretti divisori costruiti dalle fatiche secolari dei contadini iblei. In stridente opposizione all'armonia di questa superficie, si susseguono le tantissime valli dai pendii tali da assumere l'aspetto di veri e propri canyons, definite cave. I millenni hanno profondamente scavato queste valli costituendo dei veri e propri drenaggi che contribuiscono a rendere stabile l'agricoltura in asciutto delle balze iblee, caratterizzate soprattutto dalle colture cerealicole, ma anche arboricole, quali l'olivo e il mandorlo. Nell'ottica di un bilancio ecologico generale, le cave costituiscono dunque un grosso vantaggio per gli Iblei; infatti, oltre a consentire il drenaggio necessario per i terreni limitrofi, sono dei veri e propri serbatoi idrici perenni. E' la stessa natura calcarea degli Iblei che favorisce la penetrazione delle acque meteoriche attraverso gli strati superficiali fortemente permeabili. Le acque infatti, incontrando strati più compatti interrompono, in parte o totalmente, la loro penetrazione verticale e si incanalano in direzioni orizzontali, scivolando sugli strati di arresto trovando spesso sfogo nelle cave, laddove la stratificazione naturale è stata profondamente intaccata: dando luogo dunque, alle numerose sorgenti di acqua fresca che rendono l'ambiente lussureggiante di vegetazione sempre verde, oltre che contribuire alle risorse idriche dei centri urbani montani. La forte dotazione idrica, oltre a costituire una notevole attrazione per le civiltà che storicamente vi si insediarono, garantirono da sempre, l'agricoltura, oltre a creare altresì, una notevole copertura arbustiva e di conseguenza una ricca oasi di fauna selvatica. Le cave, quindi, costituirono e costituiscono degli ottimi ecosistemi storicizzati dalla presenza dei vari insediamenti della civiltà siciliana. L'area del massiccio Ibleo è caratterizzata da una articolazione per cave e valloni che ne determina sia il carattere morfologico che quello della presenza umana. Le cave costituiscono il tramite tra la cultura della costa e quella delle montagne e sono nello stesso tempo margine e confine. Anche storicamente due culture si sono confrontate in questo territorio: quella rupestre, sopravvissuta all'invasione greca e mantenutasi sino ad oggi in alcune forme di insediamento; quella costiera, riccamente articolata nelle numerose colonie e nella varietà di forme insediative. Il massiccio ibleo risulta quindi delimitato come area che non è costa né cave; la predominanza dei valori storici, ambientali e culturali delle due altre aree che compongono la regione sud orientale della Sicilia ha fatto a lungo perdere di vista i caratteri propri dell'altopiano tabulare. Il riconoscimento di questa identità espressa nei valori formali del reticolo dei muri delle chiuse dei pascoli e degli spietramenti, dall'edilizia realizzata con muri a secco, dal paesaggio dell'olivo e del carrubo e del pino daleppo, qui in gran parte endemico, del paesaggio umano delle grandi distanze, dei paesi nascosti dietro creste o entro valloni, costituisce la radice e il senso della individuazione dell'area all'interno di un vero "parco degli Iblei". La configurazione di questo territorio spicca per un insieme di elementi geografici fortemente caratterizzati: la costa è disegnata, attorno al massiccio ibleo, da siti fortemente prominenti e da anditi fortemente ridossati; i promontori o le isole si alternano alle grandiose insenature di cui il porto megarese e quello Xifonio ad Augusta, il porto piccolo ed il porto grande a Siracusa, Vendicari più a sud, Augusta, Ortigia, il Plemmirion, rappresentano gli elementi fisici più significativi. Questa particolare configurazione si ribalta all'interno con la conformazione a terrazze del sistema ibleo, solcato dalle cave, profonde e nascoste che si oppongono alla solarità dell'altopiano. La superficie interrotta dalle piccole corrugazioni dei muri delle chiuse ed all'improvviso spezzata nelle cave, racchiude il patrimonio delle due culture, la fascia costiera, parte integrante di tale patrimonio, margine tra lo stesso ammasso dell'altopiano e il mare, luogo della trasformazione della roccia in sabbia, possiede una straordinaria articolazione morfologica che ne ha determinato la ricchezza di ambienti e di forme dell'insediamento, è oggetto di ampia tutela nonostante gli scempi perpetrati negli anni 60 e 70; il pedemonte ha visto modificarsi le forme dell'insediamento che dalle forme drammatiche delle cave e delle creste si è gradualmente evoluto in forme più stabili e distese, ma perde man mano le ragioni del proprio esistere, privo di immediati riscontri economici ed assiste ad un lento polarizzarsi della popolazione e delle attività verso pochi centri, una volta interrotta la capacità di attrazione di Siracusa. Le ragioni di una permanenza nei centri minori e di possibilità di accesso ad una vita sicura e a livelli di socialità che queste regioni non hanno conosciuto ed hanno perduto prima ancora di sperimentarla, risiedono forse nelle forme di tutela dell'unico patrimonio oggi costituito dall'identità iblea, espresso anche in aree ed oggetti materiali, monumenti naturali ed artificiali e in quelle linee che attraverso i secoli ne hanno costituito la continuità e rispettato le risorse, accrescendone la dotazione naturalistica e di cultura. La Valle dell'Anapo costituisce all'interno del sistema Ibleo una unità ben definita, determinata di particolari processi antropici, che hanno trovato in quell'asta fluviale una collocazione e uno sviluppo, una concentrazione particolare. La Valle dell'Anapo è il luogo dei culti e nello stesso tempo la cultura in esso sviluppatasi è quella del culto dei luoghi. Rifugio delle genti sicule schiacciate dall'invasione del popoli ellenici, probabilmente fu interessata già da scambi culturali con i popoli del mediterraneo, micenei, prima della colonizzazione greca. Ciò che in altre regioni della Sicilia si attesta attorno ai grandi santuari collocati sulle montagne, caratteristiche della fascia settentrionale come Erice, Scopello, monte Gallo, monte Pellegrino, monte Cofano, Cefalù sino a Gioiosa La guardia è qui esteso all'interno dell'intera vallata. Gli insediamenti umani sono caratterizzati da un oscillare tra la cresta del monte e le sue pendici, senza allontanarsi dal sito originale, salvo i casi di drammatici abbandoni. Le grotte e le cave sono anche rifugio, officina, sepolcro, chiesa e l'acqua, che scorre abbondante nella valle, attesta la ragione di tali insediamenti legati alle risorse energetiche del fiume e del bosco al trasporto, alla poca agricoltura che si può svolgere con difficoltà sui terrazzamenti che dovettero essere antichi, al cibo che si trova nel fiume. Agli insediamenti rupestri, che hanno nell'Anapo una propria epopea ininterrotta dalla preistoria ad oggi, si alternano insediamenti sommitali di vaste proporzioni come a Pantalica, ad Erbesso ad Akrai per non citare gli insediamenti minori. L'intero territorio appare, ad una lettura diacronica, come completamente occupato da una estesa organizzazione che alterna luoghi di culto all'abitazione, all'officina alle necropoli, con strade di collegamento spesso incassate nella roccia, difese e nascoste, come gli accessi a Pantalica, dove una architettura militare assai antica raggiunge eccezionali risultati sia nelle opere di fortificazione dell'isola abitata, sia nella struttura sommitale. Altro carattere hanno gli insediamenti greci, dotati di spazi pubblici collettivi, dedicati alla cultura, ampie vie processionali, teatri, senati come il bouleuterion di Akrai. Un lungo medioevo ricacciò forse le popolazioni più antiche superstiti e quelle greche in insediamenti ristretti ed isolati, spesso preda di razzie concluse dalla conquista musulmana: non si trovano qui evidenti tracce delle colture agricole come la manna, mentre abbondano i toponimi nella radice busul, bufal, rahal relativi certamente ad insediamenti agricoli; mancano Kasr, gebel e fawarah. Vari feudi del bacino dell'Anapo riportano il toponimo bufalefi, bufalemi. Normanni e svevi dedicarono maggiore attenzione al controllo e al ripopolamento della costa, mostrando come evidentemente, la precedente condizione di insicurezza aveva portato allo spopolamento della costa; a Federico II si intestano numerose fondazioni urbane e il mantenimento dei casali e delle possenti attività economiche legate all'allevamento del pesce, alla produzione del sale, all'uso delle paludi per la produzione di torba ecc. ma la collocazione di certi castelli o palazzi fa pensare ad una attenta politica di controllo delle foci di quei fiumi che erano la via di accesso all'interno, l'Anapo appunto. Il lungo periodo dell'età di mezzo sembra come cancellato nella memoria collettiva dal terremoto del 1693; solo oggi ricompaiono certi segnali di una presenza nobiliare che interessa fortemente i centri degli Iblei, si ricostruisce una storia di infeudazioni, baronie, lasciti, acquisti, espropri legata alle città baronali che quelle demaniali sono qui rare. Il terremoto del 1693 costituisce e provoca una spinta alla trasformazione del territorio che interessa più i modi di organizzazione della città, sia fisica che politica che non l'insediamento agricolo, che sarà stato oltre tutto più profondamente danneggiato proprio per la minore qualità della costruzione agricola anche se padronale. Ma di tali situazioni restano scarsi segnali: la cronaca e la storia si interessano dei grandi fatti urbani spiegando con il numero dei morti i processi di trasformazione, attuatisi invece grazie alla frattura e alla crisi indotta dal terremoto. Il sisma scatena il contrasto tra le forze conservatrici e quelle innovatrici, favorisce la speculazione edilizia, provocando la trasformazione generale dei tessuti urbani. E' però anche l'epoca dell'oblio del passato in cui si perdono le tracce della struttura urbana antica dell'agricoltura specializzata che viene sostituita da sistemi colturali estensivi necessari a produrre grandi quantità di un unico genere alimentare, utile a sfamare masse di popolazione sempre più numerose e diseredate. I fenomeni sono qui non diversi da quelli che interessano in generale il mezzogiorno, causati dalla marginalità e dal mancato compimento della modernizzazione della economia mercantile. I processi che portano alla creazione delle prime fabbriche per la trasformazione dei prodotti alimentari e alla creazione della necessaria struttura di supporto di officine ecc. non interessano l'interno dove si mantiene l'allevamento, caratterizzato dall'adozione sempre più specifica di ovini e bovini a bassa necessità nutrizionale e a ridotta resa; di scelte agricole estensive che distruggono la copertura boschiva naturale e quella produttiva del carrubo. Questi processi permangono sino ai giorni presenti con l'abbandono progressivo dei centri urbani, non più legati se non a fenomeni di sussistenza e sopravvivenza e del territorio in cui la struttura agricola si degrada sempre più, provocano la distruzione delle pendici. I dati stessi delle attività preminenti dimostrano per larga parte una economia di sussistenza legata ai sussidi (a Buscemi il 38,2% della popolazione), mentre il 7,9% è impiegata e solo il 3,4% salariata. Penalizzati dalla grande distanza dalle vie del traffico turistico, non hanno avuto né il tempo né le risorse per costituire man mano una struttura ricettiva minima ma di qualità né attrattive che non siano limitate alla festa patronale o manifestazioni estive. Non esiste quindi alternativa alla conservazione se non nel consumo progressivo delle risorse e del patrimonio, che, solo permette piccoli investimenti delle rimesse, della assistenza e dei sussidi. E' così che il carattere originario di luogo dei culti si è perso anche nel processo di attrazione verso i poli industriali della costa e che al momento del crollo di questi il ritorno al Centro interno si è rivelato difficile se non impossibile; nel corso della espansione industriale questo territorio ha anche espresso una classe politica e amministrativa che ha assunto ruoli rilevanti a livello regionale, ma i processi attuali hanno ridotto la formazione di nuove elites dirigenti, nonostante la facilità di accesso agli studi universitari: si risente la mancata infrastrutturazione dell'istruzione, con scuole basate sul precariato, assenza di biblioteche e circoli, crollo degli antichi istituti di istruzione religiose. Il patrimonio intellettuale legato specificatamente alla cultura della Valle dell'Anapo si è così perso senza rinnovarsi. Il territorio è oggi caratterizzato da una scarsissima dinamica. Gli Iblei in generale sono stati negli ultimi anni caratterizzati dai lenti processi di abbandono della campagna e dei centri minori; la Valle dell'Anapo non è sfuggita a tale carattere ma a ben guardare non è possibile generalizzare questa osservazione. Accanto a fenomeni di abbandono come a Buscemi, Cassaro, Ferla, vi sono centri di ripopolamento come Palazzolo che costituiscono anche centri di attività turistiche limitate ma in sviluppo, oltre che centri culturali di notevole fermento; vi è un abbandono di certe aree agricole ma il concentrarsi di investimenti e insediamenti in altre aree o in piccoli borghi; sono sorte strutture inutili o sovradimensionate ma anche piccole strutture di agricoltura biologica e naturale, di agriturismo; si è sviluppata una coscienza ambientale che ha permesso la creazione e lo sviluppo di un'area di riserva di grandi dimensioni, di eccezionale consistenza e valore, attrezzata e capace di offrire occasioni di lavoro e di accoglienza, essendo ormai conosciuta ben al di fuori del confine provinciale. In questo senso la rinascita del territorio o la conservazione di valori eccezionali, naturali e paesistici si è concentrata in due grandi incisioni, l'Anapo e il Cassibile e in una fascia costiera, Vendicari che costituiscono modello e museo dell'assetto corretto del territorio. La riserva dell'Anapo e di Pantalica costituisce poi anche il prototipo di quel confronto tra struttura ambientale, paesistica e storica del territorio che con altre valenze si affronta in città come Siracusa. L'area iblea è rimasta caratterizzata da una assenza di pianificazione urbanistica con la redazione dei piani territoriali di coordinamento, con l'assenza del piano di sviluppo economico e di programmazione della provincia di Siracusa e con una gravissima carenza di pianificazione urbanistica locale. Quest'area ha pesantemente pagato anche lo scotto di una separazione in due provincie assolutamente immotivata dal punto di vista geo-antropico. La creazione di due centri capoluogo di provincia a scapito di alcuni centri di notevole peso amministrativo, storico ed economico, come Noto e Modica, ha poi squilibrato la dislocazione umana e degli interessi. Solo recentemente un processo di reidentificazione delle comunità dell'interno attraverso alcuni fenomeni associativi come l'Associazione per la proposta del parco degli Iblei e come l'U.T.R.A.S. (Unità territoriale di recupero ambientale e storico-culturale) del bacino canicattinese, permette di intravedere la prospettiva di uno sviluppo autocentrato. La pianificazione paesaggistica regionale, in corso di emanazione, riconosce nell'area caratteri unitari separando solo la fascia costiera in ragione dei processi di aggressione-trasformazione già accaduti e possibili. La precedente pianificazione di tutela ha già individuato nell'Anapo una unità territoriale estesa, morfologicamente unitaria tutelata alla foce nel vincolo del Porto Grande, delle Saline e del Ciane, costituenti anche riserva naturale orientata; nel corso medio con il vincolo dei monti Climiti e della media valle dell'Anapo, nel corso alto con il vincolo di Pantalica, con la riserva naturale orientata e con la tutela paesaggistica dell'alta media valle. Vi è però una evidente controtendenza rappresentata da ipotesi di urbanizzazione presenti nelle proposte di P.R.G. di Buscemi, Ferla e Cassaro, in parte già rigettate, ed altri sistemi di comunicazione sicuramente sovradimensionati come la strada provinciale mare-monti, le cui opere faraoniche sfigurano a tratti il paesaggio dell'Anapo. Più minutamente vi è una tendenza a sfigurare i centri urbani minori ancora unitariamente intessuti, con la sistematica sostituzione edilizia all'interno e con la costruzione di bordo, secondo modelli di periferia urbana settentrionali, e con dimensioni ed estensioni che fanno ben presagire come la popolazione stia abbandonando il centro tradizionale per nuovi modelli di insediamento che non si staccano però dall'aggregato centrale che costituisce comunque il riferimento amministrativo, sociale, culturale, familiare (spesso quest'ultimo caratterizzato dalla permanenza nei bassi di genitori o parenti anziani). Le finalità della tutela dovranno essere caratterizzate dal riconoscimento del valore culturale della stratificazione antropica di caratteri originali i cui segni sono frequenti nel territorio anche se non sempre riconoscibili nelle loro caratteristiche e nelle loro relazioni e valenze; l'impossibilità di incidere sui processi economici deve spingere però alla conservazione di questi segni anche oltre il loro significato funzionale come semantica costituente in definitiva una risorsa futura di ordine e di progetto del territorio. Il rispetto dei materiali e delle forme, la valorizzazione del patrimonio ambientale e naturalistico, la conservazione del patrimonio monumentale, artistico e documentario elementi che costituiscono il paesaggio dei segni materiali e dei significati immateriali, deve indirizzare verso scelte di sviluppo e crescita che assegnino un diverso valore alla centralità della cultura; i centri urbani potranno indirizzare la crescita sia nella conservazione del patrimonio edilizio tradizionale, sia verso la creazione di infrastrutture, oggi assenti, di nuova collocazione, integrando la ridottissima strutturazione dei servizi, creando ampie aree di distacco tra espansione e vecchio centro ed adottando tipologie edilizie adatte al paesaggio, quindi meno ingombranti, morfologie dove possibile che siano evoluzione della morfologia esistente per non spezzare la continuità tra vecchio e nuovo, soprattutto nei centri minori, incentrando su queste scelte la infrastrutturazione capace di offrire risorse ed occasioni che non sono state realizzate nel corso del precedente ventennio. La scelta della creazione di aree urbane esterne al perimetro inteso come fatto paesaggistico, dedicate soprattutto a quelle strutture irrealizzabili nel patrimonio edilizio esistente e alla integrazione residenziale, dovrà essere il presupposto di ipotesi di crescita turistica dedicata non ai grandi flussi, captati dalle fasce costiere che offrono un obiettivo servizio e che posseggono maggiori attrattive immediate. Il paesaggio della "villeggiatura" o l'esperienza dei paesi albergo capaci di offrire una qualità del soggiorno superiore a qualsiasi altra allocazione, dovrà integrarsi nello sviluppo delle economie locali, entro le quali le trasformazioni colturali, infrastrutturali, residenziali, acquisteranno una misura ed un significato diverso. Viste le valenze naturalistiche del paesaggio da vincolare, riportate negli anzidetti verbali, dalle quali è dato rilevare che il notevole dinamismo proprio di un corso d'acqua e del suo ambiente circostante e le rapide trasformazioni antropiche, motivate dalla presenza dell'acqua, da sempre elemento essenziale degli insediamenti urbani, rendono estremamente precario il mantenimento di quei valori naturalistici, che invece vanno conservati, in quanto patrimonio relitto di un paesaggio storicamente diffuso sull'altopiano ibleo. I corsi d'acqua sono degli ecosistemi aperti, che scambiano continuamente materia ed energia, con il resto del bacino imbrifero di cui si possono considerare parte integrante. Le biocenosi dei corsi d'acqua, come quelle più prettamente terrestri, sono dominate dalla componente autotrofa, per la notevole biomassa presente, costituita essenzialmente dalla vegetazione ripariale e sommersa, caratterizzando in modo appariscente gli ambienti fluviali. L'elevato valore paesaggistico dell'Anapo è legato dunque alla presenza di specie vegetali molto peculiari che solo qui si rinvengono. In particolare è la vegetazione golenale, che se attentamente studiata, corrisponde a determinare i caratteri peculiari di un corso d'acqua. La presenza di acque correnti, per effetto della loro azione idrodinamica, condiziona una certa parte del territorio, detta appunto golena, considerata come il prodotto di questo dinamismo idrico di superficie, fisicamente compresa dalla zona di contatto con le acque correnti fino a dove l'ambiente non risente più delle piene massime del corso d'acqua. La vegetazione golenale sia arborea che arbustiva, periodicamente inondata, costituisce la ripisilva, che assume caratteri di peculiarità propri per ciascun corso d'acqua. L'altopiano ibleo occupa l'estremo sud orientale della Sicilia, che culmina con il monte Lauro. Caratteristica di quest'area sono le cosiddette cave, rappresentate da strette e profonde valli fluviali, che si dipartono a raggiera dal suddetto monte. Dall'analisi dei dati climatici, si evince che, se la Sicilia risulta compresa nella fascia climatica del Mediterraneo, in base alla durata del periodo di aridità, Siracusa è classificabile nell'area climatica relativa alla fascia costiera dell'isola, presentando cinque mesi di aridità annui; in particolare, è compresa nella fascia termometrica denominata Termomediterranea secca, secondo il sistema Rivas-Martines o secondo Daget, nella fascia sub-umido calda. Questa classificazione corrispondente alla fascia costiera del Siracusano, non si adatta all'ambiente climatico dell'interno degli Iblei, in corrispondenza dell'area oggetto del vincolo, che si differenzia per essere compresa in una zona definita come Mesomediterranea sub-umida ed umida, per la presenza di precipitazioni superiori ai 600 mm. di pioggia annui. Rispetto poi alla rete idrografica, nell'altopiano ibleo i fiumi sono poco ramificati e decorrono radialmente alla vetta del monte Lauro, incassati in stretti valloni. Le portate di questi corsi d'acqua, tra i quali l'Anapo, sono piuttosto limitate ma senza eccessive variazioni tra estate ed inverno. Tuttavia da rilevare è la portata minima assoluta relativamente alta dell'Anapo (0,31 mc./sec.) nonostante una modesta portata media, pari a 0,99 mc./sec. Il regime delle acque è comunque torrentizio, in quanto l'alimentazione oltre l'apporto della sorgente perenne, è dovuta principalmente alle piogge che si concentrano solitamente nel periodo invernale. Inoltre, la breve distanza tra l'origine e la fine delle cave è spesso causa di inondazioni. Le sorgenti ed il tratto iniziale dell'Anapo, mantengono ancora quei caratteri naturalistici, biogenetici e geomorfologici di notevole valenza paesaggistica, che attraverso l'apposizione del vincolo, s'intende tutelare. Le numerosissime sorgenti individuabili nella carta idrogeologica, pur non caratterizzate da notevoli portate, risultano captate per uso civile da una serie di acquedotti che approvvigionano i centri di Ferla, Cassaro, Palazzolo Acreide e Buscemi. Le sorgenti dell'Alta valle dell'Anapo, si rinvengono sul monte Lauro e monte Contessa, e da esse si dipartono due acquedotti principali: il Guffari che alimenta il centro di Palazzolo Acreide (pari a circa 10 l/s, nel 1989 su 14 sorgenti) e l'acquedotto Maiorana che dalle falde di monte Contessa arriva a Buscemi (pari a circa 2 l/s). L'estrema suddivisione delle acque in numerose polle sorgentizie è causa di una dispersione delle stesse che infiltrandosi nel suolo agrario ed in generale nella porzione più superficiale del terreno, risultano interessate dall'evapotraspirazione. Tra le altri sorgenti vi sono: Bibbinello, Adifalca e Pubella (captate ad uso di Palazzolo), Fontana del Signore (captata da Cassaro), S. Pietro e S. Calogero (captate da Buscemi), Buglia e S. Giorgio (captate da Cassaro) S. Giovanni, Grotte e Canalucci (captate da Ferla). Il ritorno delle acque captate è dato al fiume attraverso i deflussi delle condotte fognarie. Questo ritorno si aggira intorno all'80% in uscita dai centri abitati di Cassaro, Ferla, Buscemi e Palazzolo Acreide. In particolare, mentre per Cassaro e Ferla esistono condizioni di sufficiente capacità filtrante del ricettore, nel caso di Palazzolo e Buscemi, essendo i torrenti ricettori più incisi, l'apporto è più diretto. Tali apporti indiretti, in costante aumento nel tempo, influenzano negativamente l'equilibrio del fiume, danneggiando soprattutto in prospettiva di tempi lunghi, le biocenosi acquatiche presenti. A questo proposito, uno studio commissionato dall'ENEL nel 1991, ha tra l'altro eseguito un mappaggio biologico del fiume Anapo, in prossimità della presa S. Nicola, che delimita l'omonimo invaso utilizzato a fini idroelettrici; le conclusioni dello studio, hanno evidenziato, che nell'arco di un solo anno di osservazione, che il fiume sta subendo una costante pressione da parte dell'attività antropica che si svolge nel suo bacino. Poiché le attività agricole e zootecniche presenti nella zona non sono intensive, le principali cause d'inquinamento derivano principalmente dalle acque di dilavamento delle discariche di rifiuti solidi urbani, soprattutto in periodo invernale. A fronte di questo dato, vi è comunque un quadro generale di ambiente fluviale ancora ben conservato con un alveo non regimentato artificialmente, una vegetazione ripariale ben sviluppata, che alimenta gli scambi di energia e di materia con il fiume e con un substrato di trasporto, che crea una serie di microhabitat indispensabili per l'insediamento delle comunità microbentoniche. Ambiente dunque dalle grandi potenzialità, sia nell'ospitare organismi viventi, tra cui numerose specie terrestri animali e vegetali strettamente legate all'acqua per l'alimentazione o la riproduzione, sia nella capacità di tamponare sollecitazioni esterne. L'analisi svolta nel corso del 1990-91, ha rilevato una situazione latente, di forte inquinamento nel tratto medio-alto del fiume Anapo, imputabile ad una cattiva gestione territoriale, e che il potere autodepurante del fiume non è sufficiente, a migliorarne la classe di qualità. A tale proposito viene sottolineato e specificato l'alto valore ambientale costituito dal substrato a massi e ciottoli caratteristico del fiume, che garantisce la sopravvivenza delle comunità di invertebrati, fra i primi autori del processo di autodepurazione dei corsi d'acqua. Dallo studio condotto dall'Università di Catania, a firma Brullo e Spampinato, (1990), si evince il seguente quadro sinottico della vegetazione in atto osservabile lungo l'Anapo: Querco-Fagetea 1. Populetalia Albae 1.1 Platanion Orientalis I boschi ripari, sebbene attualmente rari in Sicilia, si presentano nel complesso ben tipizzati soprattutto se compresi all'interno di cave strette e profonde. La ripisilva è composta da alberi decidui ad alto fusto, legati alla presenza di suoli umidi quasi in tutto l'anno; si tratta di fanerofite estremamente specializzate, costituenti strette fasce di vegetazione sviluppantesi lungo le rive dei corsi d'acqua perenni. Le specie arboree ripali presenti sull'Anapo sono: Salix pedicellata, Platanus orientalis, Salix alba, Poputus nigra, Tamarix gallica, Ficus carica. Il denso ed intricato sottobosco presente è costituito da Rubus ulmifolius, Hypericum hircinum, Nerium oleander, Vitis vinifera, Hedera helix, Crategus monogina, Rubia perearina, Rosa sempervirens, Mirtus communis. Fra le specie erbacee si rinvengono: Brachypodium sylvaticum, Carex pendula, Symphytum tuberosum, Equisetum ramosissimum, ecc. Questa vegetazione, localizzata su suoli alluvionali ciottolosi-limosi, in condizioni ottimali occupa una striscia larga mediamente 10-50 m. abbastanza continua lungo il corso dei fiumi. L'altezza dello strato arboreo raggiunge anche i 15 m. L'essenza caratterizzante il corso dell'Anapo è costituita dal Platano (Platanus orientalis), il cui arcale gravita principalmente sui territori del Mediterraneo nord-orientale ed ha in Sicilia il suo limite occidentale. Dimostra maggiori affinità con il platano individuato nelle formazioni ripali descritte nei territori mediterraneo-orientali che non con quelle del Mediterraneo occidentale. In corrispondenza dell'alveo fluviale, nelle stazioni sommerse tutto l'anno o buona parte di esso, si impianta una tipica vegetazione igrofila erbacea, rappresentata in genere dalla presenza di Cypereturn longi. Nei tratti sempre sommersi è sostituita dall'Helosciadietum, abbastanza frequente, mentre nei tratti di basso fondale, la vegetazione sommersa rinvenuta è lo Zannichellietum palustris. La ripisilva è strettamente connessa con i caratteri geomorfologici delle cosiddette cave, ossia ad ambienti fluviali con alvei localizzati sul fondo di valli più o meno profonde e strette. I bacini dei corsi d'acqua del sistema dell'Anapo, appartengono a questa categoria e sono caratterizzati da una certa pendenza, per cui prevale l'azione di erosione delle acque correnti sui processi di sedimentazione dei materiali trasportati. Queste valli assumendo il tipico aspetto a "V", sono caratterizzate dallo ombreggiamento dei versanti e da abbondanza di acqua nel suolo, creando quindi, le condizioni microclimatiche nettamente più umide rispetto al territorio circostante, consentendo l'insediamento delle fitocenosi igrofile dei Populetalia albae. In questa situazione orografica, il bosco ripale occupa tutto lo spazio golenale fluviale, lasciando poco spazio ad altre fasce di vegetazione. Al diminuire dell'umidità edafica, la ripisilva viene sostituita da formazioni boschive, sia di tipo xerofilo che mesofilo, appartenenti ai Quercetalia ilicis. I boschi a Quercus ilex rappresentano anch'essi uno degli aspetti più tipici e peculiari fra quelli presenti nel bacino del mediterraneo, in Sicilia poco diffusi e localizzati; formazioni relitte conservate in quanto ubicate in zone impervie e rocciose pertanto poco interessate da trasformazioni antropiche oppure perché presenti in stazioni montane quindi non idonee climaticamente allo sfruttamento agricolo. Rilevantissimo è comunque il ruolo rivestito dalle leccete nello ambito del paesaggio naturale del territorio. La lecceta presente nel territorio compreso dal bacino imbrifero dell'Anapo, rilevata da Barbagallo (1979), è di tipo mesofilo circoscritta nelle fasce superiori delle incisioni fluviali, poiché non ascrivibile ad altre associazioni, il Barbagallo la inquadrò in una nuova associazione: - Doronico-Quercetum ilicis, comprendente le seguenti specie caratteristiche: - Doronicum orientale, individuata prima solo a quote superiori ai 1.000 m. frequente nei faggeti dell'Italia meridionale e della Sicilia occidentale, nel siracusano è stata individuata a quote comprese fra i 300 ed i 700 m.; - Scutellaria rubicunda, endemismo circoscritto alla Sicilia; - Aristolochia longa var. microphilla, endemismo della Sicilia sud-orientale. Floristicamente si individua l'associazione Doronico-Quercetum ilicis, che in condizioni di elevata umidità edafica, prende contatto con il Platano-salicetum pedicellatae, ripisilva del Platanion orientale. Essendo la fascia vegetazionale prossima ai suoli occupati dalle attività antropiche, viene spesso distrutta, favorendo l'insediamento di una macchia molto peculiare, rappresentata dal Salvio-Phlomides fruticosae, alla quale successivamente si sostituisce, con il perdurare dei processi di degradazione, la prateria ad Ampelodesmos mauritanicus. Di grande rilievo è stata la scoperta di una associazione floristica, in precedenza nota solo per la Provenza, la Dalmazia e l'Appennino centro-meridionale, denominata Ostryo-Quercetum ilicis. Si localizza nei versanti settentrionali fluviali più ombreggiati e riparati, come le aree di compluvio, dove vi corrisponde una maggiore umidità edafica. A differenza delle altre leccete calcicole, è stata individuata Ostrya carpinifolia, rilevata da Bartolo, Brullo, Minissale e Spampinato, (1990), proprio nella valle dell'Anapo. Trattandosi di una formazione prettamente mesofila, è presente in condizioni di ottimali disponibilità idriche del suolo; la sua degradazione favorisce l'insediamento di aspetti del Pruno-rubion ulmifolii, che costituisce dei densi ed intricati arbusteti lianosi ai margini delle aree boschive. A causa della sua instabilità, questa associazione vegetale necessita di un'attenta ricognizione e mantenimento del regime idrico dei suoli, per garantirne il suo mantenimento. Ai margini delle formazioni boschive più mesofilesi si rinviene una densa vegetazione arbustiva lianosa, caratterizzata dalla presenza di Rubus ulmifolius, normalmente associato a Clematis vitalba, Hedera helix, Calystegia sepium e Ficus carica. Altra associazione legata allo stillicidio di acqua dalle pareti umide e soggette spesso a disseccamento estivo, risulta caratterizzata da diverse briofite igrofile, che formano un tappeto più o meno continuo su cui si insedia Adiantum capillus veneris, che caratterizza il peculiare paesaggio delle pareti rocciose che affiancano il vecchio tracciato ferroviario della Siracusa-Pantalica. Tale associazione denominata Eucladio-Adianteum, particolarmente esigente, legata ad equilibri molto precari, è specie ad alto rischio perché il prosciugamento della faida freatica, ne causerebbe la rapida scomparsa. Influenzata dalle vicissitudini paleogeografiche, nonché dalla notevole varietà di substrati e dalla topografia molto varia ed accidentata, le diversificate condizioni climatiche del territorio siciliano, corrispondono nel territorio, ad una flora abbastanza ricca e caratterizzata da numerose presenze endemiche. Da una analisi fitogeologica condotta da Brullo, Minissale e Spampinato (1995), si perviene ad una divisione per sottosettori e distretti, all'interno della quale l'Anapo è compreso nel sottosettore meridionale, distretto ibleo. Fra le specie localizzate in quest'area ci sono diversi endemismi tra i quali: Calendula suffruticosa, Myosotis humilis, Urtica rupestris, Zelkova sicula. Uno degli endemismi più rari ed interessanti è rappresentato da Urtica rupestris, specie suffruticosa, appartenente alla paleoflora terziaria: si rifugia in stazioni di sottobosco umide e fresche, interessate da affioramenti calcarei, nelle leccete di Doronico-Quercetum. Altro endemismo di enorme importanza scientifica, è dato dal rinvenimento della Zelkova sicula, specie ritenuta ormai estinta; in questo vincolo, non si ritiene comunque di includere il sito ove è ubicata perché appartenente ad un altro sistema imbrifero. Esclusive di questo distretto sono pure specie a più ampia distribuzione: Salvia fruticosa, Sarcopoterium spinosum, Ferulago nodosa, ecc. Nelle stazioni semirupestri che orlano il fiume Anapo ed i suoi affluenti, è spesso frequente una gariga ricca di Rosmarinus officinalis, Erica multiflora, Cistus criticus, Coronilla valentina; essa si differenzia dalle altre associazioni, segnalate nel mediterraneo centrale, per la presenza di Helichrisum scadens. Il bosco di Ferla, noto anche come foresta Calcinara, si estende per 44 ha. circa su entrambi i versanti della cava percorsa da un ramo del fiume Calcinara, affluente dell'Anapo. L'area appartiene al comune di Sortino, che ne ha affidato la gestione all'Ispettorato forestale di Siracusa. Il fiume Calcinara nasce ad una quota prossima agli 800 metri s.l.m. in località Montagna, nelle vicinanze di Ferla. Si tratta di un piccolo corso d'acqua perenne, suddiviso nel tratto iniziale in due rami, uno dei quali, quello più a nord percorre la cava in oggetto. Caratteristica dei suoli della cava è di avere suoli bruni calcarei nel versante a nord, ed andosuoli, di origine vulcanica, a sud. Lo studio condotto da Fichera, Furnari, Scelsi (1988) ha permesso di individuare che sul versante a nord, costituito da calcari miocenici, lo strato arboreo è costituito da Quercus ilex in prevalenza, costituente una lecceta a carattere mesofilo, tipica dell'associazione Doronico-Quercetum ilicis. Mentre nel versante esposto a sud, limitatamente alle aree con affioramenti calcarei, nella parte più bassa della cava, si rinviene una lecceta più termofila, con la presenza di Pistacia lentiscus, che costituisce gran parte dello strato arbustivo. Infatti si classifica questa associazione come Pistacio-Quercetum ilicis. Nell'area occupata dalle vulcaniti, sempre nel versante sud, si ritrova una formazione vegetale ben differente da quella sopradescritta, caratterizzata da un bosco di querce caducifolie: Quercus virgiliana e Quercus amplifolia, spesso associata a Quercus ilex; ad esse si accompagnano numerose specie acidofile, costituendo nell'insieme una singolarità botanica. Inoltre la presenza di Mespilus germanica conferisce rilevante importanza al sito, in quanto specie ormai molto rara, rinvenibile solo sui versanti più impervi di monte Lauro. Infine la presenza di Urtica rupestris, raro endemismo ibleo, aggiunge un'altra peculiarità di enorme interesse naturalistico a questo bosco. Il fondo della cava percorso da un corso d'acqua perenne, presenta una vegetazione ripale con predominanza di Platanus orientalis e Salix pedicellata, accanto a Ficus carica, Popolus nigra, Popolus alba e Fraxinus oxycarpa. Il bosco di Ferla rappresenta dunque uno degli ambienti più interessanti di tutto il comprensorio ibleo, sia perché contiene associazioni vegetali ormai rare sia perché costituisce un ambiente relativamente integro; il maggiore rischio di degrado è rappresentato dal pascolo, che deve sicuramente vietarsi nell'area. Sussistono quindi le motivazioni per una puntuale, specifica tutela del bosco di Ferla. Da una disamina dell'attività agricola nel tempo, è da evidenziare nell'area dell'Alta valle dell'Anapo la mancanza del latifondo in senso classico pur esistendo vaste estensioni di terra interrotte da colture arboree, ove esistevano medie e piccole proprietà. Mentre si consolidano nelle aree interne della Sicilia gli immensi latifondi che nemmeno le leggi dei primi dell'800 riescono a separare, per la ricomposizione dei poderi nelle mani di pochi proprietari terrieri della nuova classe borghese; nel siracusano non risulta esservi grande differenziazione tra grandi colture estensive quali cereali, pascoli ed intensive, quali ortive e vigne, poiché i feudi baronali ed ecclesiastici non raggiungono le grandi estensioni di quelli della Sicilia centrale ed occidentale. La forma di proprietà in genere più diffusa era l'enfiteusi o la mezzadria data ai contadini, che davano vita alle borgate, veri e propri centri agricoli, formati da piccole abitazioni da uno o due piani unite fra loro. Dal Balsamo si apprende che nel 1808 la situazione fondiaria del siracusano era caratterizzata da una elevata distribuzione di proprietari, che coltivavano con grande cura le piccole proprietà. Rinomate nei censimenti borbonici, sono le maggiori produzioni delle aree collinari del siracusano, ossia grano, orzo, olio, vino, noci (Ferla) e ghiande (Sortino, Palazzolo, Cassaro). Intorno alla bassa falda degli Iblei, la razionale organizzazione di colture di mandorli e viti irrigue ha consentito anche l'insediamento di masserie più agili e diversificate. Tali attività produttive non risultavano però favorite dal sistema viario, che nel 1852, veniva differenziato tra strade fra "rotabili costruite", "rotabili in costruzione" e strade "per cavalli e pedoni", riscontrandosi nella zona collinare solo quest'ultima tipologia, a testimonianza dell'arretratezza sociale ed economica in cui versavano le popolazioni, peraltro molto esigue numericamente (ad es. Cassaro contava 1.739 abitanti, Buscemi 3.093, Ferla 3.937 ecc.). Alla fine del 1880, una crisi agraria mondiale, che danneggiò soprattutto la Sicilia, provocando la diminuzione dei prezzi del grano, modificò l'indirizzo produttivo prevalente nella zona interna, a favore dell'incremento delle superfici occupate dalla viticoltura; questa venne però a sua volta annientata dalla diffusione di una patologia allora sconosciuta, il cui agente, la fillossera, distrusse ogni produzione. Solo alla fine del secolo, con il trapianto della vite europea su quella americana, la viticoltura riprese a produrre redditi. La situazione odierna ha mantenuto diffuso l'indirizzo produttivo tipico delle zone collinari, ossia la frutticoltura asciutta senza intervento di mezzi meccanici, riscontrandosi nella valle, oliveti, mandorleti e vigneti oltre alla cerealicoltura; di pregio viene considerata la produzione di olio di Cassaro e Ferla. Laddove invece risultano eseguite trasformazioni fondiarie relative ad invasi per l'acqua di irrigazione e sistemi automatici di irrigazione e lavorazioni meccanizzate, insistono coltivazioni intensive o semintensive di agrumi e vite. La vocazione forestale del territorio dell'Alta valle dell'Anapo, è datata con precisione dalla proposta di rimboschimento degli anni del fascismo. Infatti nel 1930, viene proposto il rimboschimento del monte Lauro al fine di ottenere una bonifica "integrale" della Sicilia sud-orientale, a partire dunque dal complesso orografico dominante. Consolidandone le pendici con essenze boschive opportune, si sarebbe ottenuta "la stabilizzazione della portata idrica dei torrenti che dal monte si dipartono" così si esprimeva Gaetano Navarra Crimi sulla rivista della "Rassegna economica di Siracusa" all'interno dell'iniziativa denominata "I boschi del Littorio". Il tentativo fu però contrastato da taluni proprietari delle parti pianeggianti dell'acrocoro che temevano la compromissione delle rendite derivanti dalla coltivazione delle graminacee, a causa del rimboschimento. Il Navarra Crimi sottolinea l'interesse per il monte Lauro nel suo insieme, nella sua portata oroidrografica e nella sua potenzialità agronomica, nella convinzione che tale intervento avrebbe senz'altro regolarizzato le portate dei fiumi che a valle, erano indispensabili per le colture irrigue di piano, quali il cotone della vasta piana di Gela, unico centro produttivo italiano. Lo studioso teorizzò la costituzione di un consorzio obbligatorio che in virtù di leggi speciali, nell'arco di 30 anni avrebbe acquisito tutte le pendici incolte da rimboschire, oltre a realizzarvi una strada panoramica turistica, ed una "borgata alpestre" rifornita di acqua potabile. Ciò che veniva allora auspicato è oggi realtà: in pochi anni l'Azienda regionale delle foreste ha impiantato nel territorio più di 2.396 ha. di bosco esclusivamente a fini idrogeologici. La forestazione viene favorita dal processo di crisi del settore agricolo montano, determinato sia dall'abbandono delle colture cerealicole, sia dal mancato adeguamento degli assetti produttivi, alle moderne tecnologie. La necessità di una migliore tutela dell'ambiente e del paesaggio attraverso la salvaguardia e la valorizzazione delle sue componenti naturali è ormai riconosciuta come valore nella zona. Il rimboschimento con essenze resinose, il bosco monofita che ha finora modificato l'antico aspetto del paesaggio agricolo e naturale della valle, si va sostituendo con impianti polifiti disetanei, ossia boschi formati da diverse specie di varia età che restituiranno negli anni, gli antichi equilibri all'ecosistema, come già esemplificato nella riserva di Pantalica. La dimensione grave e imponente del fenomeno dell'emigrazione ha caratterizzato le popolazioni dei centri urbani dell'Alta valle dell'Anapo. L'emigrazione ha inoltre prodotto un accentuato invecchiamento demografico, con aumento dell'età media e riduzione della natalità. Di conseguenza si è verificato una diminuzione della forza lavoro con conseguente compromissione del futuro demografico ed economico della zona. Ciò ha comportato l'accentuarsi della dipendenza dalle risorse esterne; tra esse occupano un posto di primo piano, le rimesse degli emigrati che, tuttavia, in presenza di un uso consumistico delle proprie rendite, non hanno saputo sostenere stabili processi di sviluppo. La maggior parte delle risorse esterne perviene dai sussidi nei settori produttivi, specie quello agricolo, ove però il processo di senilizzazione ha accentuato le condizioni di sub-marginalità delle risorse interne produttive. In questo senso, l'esperienza negativa dalla Comunità montana Iblea, comprendente i comuni di Buccheri, Buscemi, Ferla, Cassaro, Giarratana, Monterosso, Carlentini, Chiaramonte, Sortino, Palazzolo, Vizzini, Licodia, Ragusa, costituita a partire dal 1972, ma il cui esercizio finanziario si è limitato a pochi anni, compresi dal 1975 al 1983, ha fortemente caratterizzato il mancato rilancio socio-economico dell'area montana. Se infatti un tentativo di organizzazione dei comuni montani, motivato dall'autonomia gestionale e finanziaria era stato avviato, con la soppressione delle comunità montane nella Regione Siciliana a favore del potenziamento delle funzioni dell'ente intermedio, ossia la provincia regionale, si è determinato il fallimento di una possibile ripresa economica nell'area. Viste le valenze geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche del territorio della valle dell'Anapo, riportate nei verbali della commissione sopra menzionati, che hanno evidenziato come la proposta di vincolo trae spunto dalla considerazione delle indubbie valenze paesaggistiche dei luoghi che dalla necessità della loro tutela, in quanto costituenti una vasta area dell'entroterra siracusano rimasta, sotto molti aspetti, ancora integra. Qui è possibile riconoscere quelle che sono le sorgenti del maggiore corso d'acqua degli Iblei, l'Anapo, e dei suoi principali affluenti, ma anche individuare i luoghi dove nascono gli altri due principali corsi d'acqua iblei, che sono l'Irminio ed il Tellaro; sono ancora identificabili forme di paesaggio, che non hanno subito obliterazioni di sorta, risultando collocate dove gli eventi naturali ne hanno previsto la sede. E' possibile ancora osservare i resti del vulcanismo ibleo degli ultimi 25 milioni di anni, riconoscendo, fra l'altro, il paleocono vulcanico di monte S. Venere e tutte quelle forme minori (pillows, colate laviche, depositi ialoclastitici) testimoni di un vulcanismo sia subacqueo che subaereo che si è evoluto nel tempo. Il fiume Anapo è il maggiore dei numerosi corsi d'acqua che solcano l'Altopiano Ibleo e, per caratteristiche paesaggistiche, è probabilmente il più interessante e ricco. In una suddivisione della Sicilia in settori oro-geografici l'area montana del siracusano si colloca, unitamente ai rilievi ragusani, nel cosiddetto "Avanpaese Ibleo", vasta area terrazzata, attraversata da una fitta rete di faglie e fratture. Nel corso delle fasi orogeniche terziarie, ovvero quell'insieme di movimenti che a causa dello scontro fra la placca crostale africana e quella europea hanno portato in Sicilia alla formazione delle catene montuose dei Peloritani, delle Madonie e dei Nebrodi e nel resto d'Italia alle catene Alpina ed Appenninica, suddetta area fu interessata esclusivamente da processi dinamici di tipo disgiuntivo, ancor oggi responsabili di una sensibile attività sismica, che hanno prodotto profonde incisioni secondo direttrici principali nord-est - sud-ovest e secondarie nord-nord-est - sud-sud-ovest, nord-nord-ovest - sud-sud-est ed est-ovest. Lungo tali linee tettoniche si sviluppa oggi l'intero reticolo idrografico dell'area Iblea. E' possibile operare una individuazione di due distinti settori: - un settore orientale o "Siracusano", caratterizzato da una successione litostrafica tipica di un ambiente deposizionale di mare poco profondo e spesso interessato da fenomeni vulcanici di varia natura; - un settore occidentale o "Ragusano" contrassegnato da sedimenti di mare aperto. La regione iblea è interessata nella sua fascia settentrionale da estesi affioramenti di vulcaniti basiche, risultato di una intensa attività magmatica che ha coinvolto l'Altopiano dal Miocene al Quaternario, e che risulta strettamente legata alla tettonica distensiva ed alle dislocazioni da essa create. I caratteri deposizionali e giaciturati della regione iblea presentano sia manifestazioni sottomarine che subaeree, variamente intercalate ad episodi sedimentari di età da supramiocenica a pleistocenica. Il vulcanismo del Miocene superiore si distingue da quello Plio-pleisticenico per avere uno spiccato carattere esplosivo. Verso sud e sud-est l'area in cui si ritrovano gli affioramenti di vulcaniti passa piuttosto bruscamente al tavolato carbonatico dell'Altopiano Ibleo propriamente detto, di età da cretacica a miocenica, attraverso il reticolato di faglie prima menzionato. La descrizione stratigrafica del territorio illustra il quadro litologico presente nell'area, partendo dai complessi più profondi e procedendo verso quelli più superficiali. Essa comprende terreni sedimentari e vulcanici di età compresa fra il Miocene medio e l'Olocene, appartenenti ai due settori precedentemente illustrati. Dall'alto verso il basso si distinguono: Successione occidentale: 1) formazione Ragusa (Aquitaniano-Langhiano): si tratta di depositi di shelf carbonatico con materiale parzialmente risedimentato dalle aree orientate, come dimostrano alcuni corpi canalizzati e la stratificazione incrociata dei livelli grossolani. La formazione interessa soltanto marginalmente l'area di studio nei limitati affioramenti di contrada S. Margherita e lungo l'incisione del Fosso Mastica nell'estremo settore sud occidentale della carta; 2) formazione Tellaro (Langhiano inferiore - Messiniano): in continuità di sedimentazione sull'alternanza calcareo-calcarenitico-marnosa si sovrappone la formazione Tellaro. Si tratta di un complesso marnoso caratterizzato da un tipico colore grigio-azzurro sulla superficie di erosione. Le marne della Tellaro sono presenti in affioramento nel settore sud-occidentale dell'area in argomento, ma si estendono verso est incuneandosi tra le formazioni calcaree più antiche (formazione Ragusa) e quelle più recenti (formazione Palazzolo), per poi sfumare per eteropia di facies con queste ultime. Il loro spessore va da 200-300 metri fino a zero nella media valle dell'Anapo. Alla sommità delle marne calcaree della formazione Tellaro nelle aree centrali e nord-occidentali del plateaux ibleo sono intercalate delle grosse lenti di brecce vulcanoclastiche o sporadici corpi lavici sottomarini basici di spessore tra zero e 100 metri. Sono inoltre presenti sottili corpi lentiformi di brecce con pillows, interi od in frammenti, a testimonianza di una attività vulcanica subacquea di età miocenica. Tali vulcaniti affiorano nel settore nord-occidentale dell'area in descrizione alle pendici di monte Lauro, monte Erbesso e monte Chiusa Grande; 3) formazione Palazzolo (Serravalliano-Langhiano): successione prevalentemente calcarenitica al cui interno sono state distinte due litofacies: una costituita da un'alternanza di calcari marnosi teneri, l'altra caratterizzata da calcareniti spesso in grandi bancate. Suddetto litotipo ha uno spessore variabile da 0 a 250 metri, per effetto di etropia con la formazione Tellaro, ad ovest, e con la successione miocenica orientale. Affiora nel settore centrale dell'area di studio, interessando gli abitati di Palazzolo Acreide, Buscemi, Cassaro e Ferla. Successione orientale: In contrapposizione alle aree del settore centrale ed occidentale dell'altopiano Ibleo la successione orientale è caratterizzata da una sequenza stratigrafica, spesso lacunosa, di facies marine di acque poco profonde, alla quale si intercalano due orizzonti di vulcaniti basiche. Dal basso verso l'alto si distinguono: 1) formazione dei Monti Climiti (Miocene medio-superiore): è suddivisa nei membri di Melilli in basso e dei Calcari di Siracusa in alto. Nell'area in argomento è presente in affioramento soltanto il membro superiore dei Calcari di Siracusa, che è rappresentato da una sequenza di calcareniti e calciruditi algali del Miocene inferiore e medio, spesso carsificate. La pendenza generale, debole, è verso est-sud-est, con una giacitura monoclinalica disturbata da un'intensa tettonica distensiva. Nel settore orientale dell'Alta valle dell'Anapo affiorano estesi lembi della suddetta formazione a piano Bibbinello ed in contrada Giambra; 2) Calcari a Clypeaster e molluschi (Tortoniano): orizzonte calcareo costituito da calcareniti e calciruditi di colore bianco-grigiastro, caratterizzato da un'abbondante macrofauna con individui che raggiungono talvolta dimensioni vistose. Più frequenti sono le alghe calcaree ed i Clypeaster cui si associano Pecten ed altri Lamellibranchi. La giacitura è in strati di circa mezzo metro, lo spessore è variabile da 10 a 50 metri. Affiorano ad est dell'abitato di Ferla ed in contrada Giambra e Vallefame, nell'estremo settore orientale del territorio in trattazione. Al di sopra della successione dei terreni appartenenti ai settori occidentale ed orientale dell'altopiano Ibleo, si vengono a sovrapporre depositi sedimentari di vulcaniti di età compresa tra il Pliocene ed il Quaternario; 3) marne siltose giallastre (Pliocene inferiore): si tratta di una varietà della facies dei Trubi, che risultano invece essere presenti lungo tratti della costa siracusana. Se ne rinvengono sporadici lembi limitati al margine occidentale dell'area in questione ed in particolare nel versante occidentale del monte Erbesso ed in quello meridionale di monte Chiusa Grande, ove risultano associate a sovrastanti calcareniti, appartenenti allo stesso ciclo sedimentario. Contengono una microfauna che denota un ambiente deposizionale di mare aperto, raramente costiero; 4) vulcaniti (Pliocene medio-superiore-Pleistocene): potente successione di espandimenti basaltici sia subaerei che sottomarini. I prodotti sottomarini sono dati da brecce a pillows immerse in una matrice ialoclastitica ocracea per alterazione e sono distribuiti prevalentemente alla base delle coperture laviche di monte Lauro. Quelli subaerei sono costituiti da prevalenti colate basaltiche a fessurazione colonnare e spesso con vistose desquamazioni globulari, di colore nero antracite (alcalibasalti) o grigiastri (tholeiti). Affiorano a sud di Buccheri e ad est fino a monte S. Venere; quest'ultimo riveste un particolare interesse geologico in quanto risulta essere un antico centro eruttivo subaereo a carattere prevalentemente effusivo. I prodotti vulcanici ivi presenti hanno dapprima caratteristiche di ialoclastiti e lave a pillows, tipici prodotti di ambiente subacqueo, mentre, successivamente, l'accumularsi dei suddetti materiali ne ha provocato un progressivo ampliamento che ne ha comportato l'inevitabile emersione. Da questo momento le vulcaniti presentano gli aspetti tipici delle effusioni laviche subaeree con colate basaltiche compatte ed a fessurazione colonnare. Una caratteristica del vulcanismo degli Iblei è data dalla mancanza di grandi edifici centrali, mentre è riconoscibile la presenza del piccolo edificio vulcanico di monte Santa Venere, allineato secondo le direttrici nord-est - sud-ovest del sistema principale di faglie dell'Avanpaese Ibleo. I successivi episodi litostratigrafici rivestono scarso interesse. Nella successione stratigrafica descritta si può distinguere una parte inferiore, una media ed una superiore a seconda del loro comportamento tettonico. La parte inferiore comprende le marne della Tellaro, che, avendo un comportamento plastico, generano strutture sinclinali ed anticlinali a prevalente direzione nord-est - sud-ovest. La parte intermedia comprende la serie calcarea ed affiora in corrispondenza della parte centro-orientale dell'area in argomento; è caratterizzata, da un punto di vista tettonico, da un comportamento rigido, che determina la formazione di una serie di faglie orientate in prevalenza da nord-est verso sud-ovest. Le vulcaniti soprastanti, che costituiscono la parte superiore della sere, hanno giacitura tabulare e si sviluppano lungo estese monoclinali nella parte nord-occidentale dell'area trattata, quest'ultima è caratterizzata da una tettonica di tipo disgiuntivo le cui direttrici prevalenti sono nord-ovest - sud-est e loro coniugate. L'età delle faglie è post-miocenica, appartenendo a questo periodo geologico i terreni interessati dalle suddette discontinuità alcune di esse hanno probabilmente subito una ripresa di attività in età pliopleistocenica, avendo le stesse dislocato terreni appena più antichi. Suddetta fase tettonica, a prevalente direzione nord-est - sud-ovest, ha difatti interessato le coperture basaltiche, conferendo loro ampi rigetti. La natura e le caratteristiche intrinseche dei terreni, unitamente agli effetti prodotti sia dalla tettonica che dagli agenti atmosferici sono i principali elementi responsabili delle forme del territorio e delle loro variazioni nel tempo. Di solito gli effetti dell'antropizzazione possono generare modifiche anche rilevanti alla morfologia dei luoghi; si pensi alle grandi trasformazioni agricole, ai disboscamenti, alle bonifiche, alle cave ed ai grossi insediamenti urbani o industriali. Per una serie di fortunate concause l'Alta valle dell'Anapo non ha subito la pressione demografica, e gli effetti ad essa legati, che invece si è sviluppata lungo la fascia costiera siracusana. L'entroterra della provincia di Siracusa, di cui l'area in trattazione costituisce il cuore, conserva pertanto quasi per intero le caratteristiche geomorfologiche dell'altopiano Ibleo, oggi perfettamente riconoscibili nei profondi canyons che solcano il tavolato carbonatico miocenico, perfettamente allineati a quelle che sono le principali linee tettoniche regionali che li hanno generati, nelle forme aspre, versanti ripidi, scarpate subverticali, che assumono invece profili morbidi ove la stratigrafia contempla la presenza di rocce tenere ed erodibili. Occorre sottolineare che in quest'area della Sicilia le profonde incisioni fluviali scavate dall'azione delle acque all'interno del tavolato calcareo, attraverso le principali linee di discontinuità regionale, assumono il nome di cave, mentre cugni vengono denominate quelle testate collinari che si incuneano in un sistema vallivo (di solito in corrispondenza di una confluenza di due corsi d'acqua); con il termine fosso si intende una cava particolarmente stretta e profonda. Procedendo da nord verso sud, le cave più importanti individuate sono: cava della Montagna, cava Caviglia, fosso S. Giorgio, fosso S. Rosalia, cava Lordieri, fosso Nocilla, fosso Fiumarola, cava Cugnarelli, cava Goncaro, cava del Mulino, oltre a cava Grande (o torrente Calcinara), importante affluente dell'Anapo. La profondità che contraddistingue questi valloni dal tipico aspetto a canyon la relativa scarsa presenza di terrazzi fluviali fa pensare ad un sollevamento rapido di tutta la zona, fenomeno questo del tutto coerente con le vicissitudini tettoniche subite dall'altopiano Ibleo da Pliocene in poi. Il bacino dell'Anapo costituisce una precisa unità geomorfologica ad ampia scala, ben definita e confinata dagli spartiacque naturali che la cingono. L'area totale del bacino idrografico misura 302,2 kmq. e comprende i territori amministrativi dei comuni di Buccheri, Palazzolo Acreide, Buscemi, Ferla, Cassaro, Sortino, Solarino, Floridia e Siracusa. La presente proposta di vincolo si riferisce però solo al territorio dei primi cinque comuni, in quanto i tratti rispettivamente mediano e parte del terminale dell'Anapo sono già stati precedentemente sottoposti a tutela paesaggistica, con separati procedimenti, negli anni passati. Lo sviluppo altimetrico è compreso fra quota 986 metri (monte Lauro) e la quota 362 metri (a sud dell'abitato di Cassaro), mentre le alture che delimitano il bacino sono: monte Lauro (986 m.), Cozzo Buscica (946 m.), monte Erbesso (821 m.), Cozzo San Sebastiano (726 m.), monte Neviera (723 m.), monte Casale (910 m.), monte Ebro (821 m.) e più a nord, monte S. Venere (870 m.). Il fenomeno carsico, peraltro influenzato dai lineamenti tettonici della zona e dai caratteri giaciturali e stratigrafici delle rocce, è caratterizzato dall'associazione di tre principali categorie di forme: 1) forme di superficie (campi carreggiati, lapiez, doline, ecc.); 2) forme sotterranee (caverne, inghiottitoi, cunicoli, ecc.); 3) forme fluviali subaeree (sorgenti carsiche). In zona si possono osservare forme di primo tipo (cavità carsiche interstratali) soprattutto lungo i fondovalle sia dell'Anapo che degli affluenti principali, in corrispondenza di rocce carbonatiche tenere e stratificate, quali le marne calcaree alternate alle calcareniti della F.ne Palazzolo (membro inferiore) e della F.ne Ragusa; ove le rocce si presentano più dure e resistenti, ma contestualmente più fratturate, sono riscontrabili forme carsiche denominate "di frattura" e ciò avviene di solito nella parte alta della valle dell'Anapo e lungo gli impluvi che presentano profili tipici di un reticolo fluviale giovane; ove invece la genesi delle cavità carsiche risulta essere attribuibile ad un concorso di fattori stratigrafici e dislocativi, si può parlare di forme "composte", come per esempio è possibile osservare lungo cava di pietra e fosso Nocilla. Si evidenziano inoltre numerose altre forme carsiche, quali cavità attribuibili a carsismo fossile, cavità vadose, freatiche, miste, policicliche, o anche docce, lapiez, campi solcati, e campi carreggiati, ecc., molto diffusi nella zona. Il fiume Anapo nasce dalle falde del massiccio vulcanico di monte Lauro e nei 52 chilometri del suo corso riceve da destra e a sinistra vari affluenti a regime torrentizio e con deflussi limitati alla stagione piovosa. Il sistema idrografico risulta caratterizzato oltre che dai principali fiumi, anche da una serie di affluenti minori che scendono a ventaglio, lungo le incisioni dei rilievi circostanti. Le unità idrografiche principali comprese nella zona, o che comunque interessano la delimitazione in bacini idrografici, sono: - cava della Montagna, cava Caviglia e torrente Ferla, che interessano la zona settentrionale dell'area e vanno a confluire nell'Anapo; - fosso S. Giorgio, fosso Rosalia, cava Lardieri e confluenti, nella zona centro orientale dell'area, nel fosso Nocilla che, a sud dell'abitato di Cassaro, si immette nell'Anapo; - cava dei Molini, cava Goncaro, cava Cugnarelli, confluenti, nella zona sud orientale, nel fiume Anapo. Le incisioni secondarie ed i tratti montani dell'alveo principale dell'Anapo sono profondamente incassati nella struttura morfologica tabulare dell'altopiano Ibleo e sono delimitati da fianchi molto ripidi ed accidentati; la rete idrografica si presenta abbastanza matura con segmenti uniformemente distribuiti e ben spaziati: non indifferente è stata, inoltre, la tettonica, se si considera che lo stesso corso principale risulta su una linea di faglia che passa per monte Lauro. Considerato che il complesso panorama archeologico che fa della valle dell'Anapo nel suo insieme un punto nodale della storia dell'insediamento umano nel territorio siracusano è radicato in alcune peculiarità geomorfologiche che possono essere così sintetizzate: 1) habitat che offre condizioni di vita ed ampie possibilità di sussistenza a gruppi umani dall'economia basata esclusivamente dalle risorse agricole e naturali offerte dal territorio, il che determina l'antropizzazione fin dall'età preistorica, con un addensamento dell'occupazione nella prima età del bronzo (grotta Masella a Buscemi, necropoli castellucciana di S. Martino presso Ferla) e lo stanziamento diffuso, di carattere agricolo, dall'età greca fino a quella bizantina (contrada Pantano a Palazzolo Acreide, Boscorotondo, Piano di Fata e monte S. Nicolò a Buscemi; contrada Campanino a Ferla); 2) naturale via di penetrazione e di comunicazione fra costa ed entroterra, come tale usato soprattutto durante il bronzo medio e tardo e in età greca, fin dal primo impianto di Siracusa (Akrai, Kasmene) che non a caso ripercorre la via già segnata dalla penetrazione dei materiali micenei durante il bronzo medio (contrada Maiorana a Buscemi); 3) condizioni difensive ottimali con possibilità di sopravvivenza in economia chiusa, il che fa della valle un luogo privilegiato nei periodi storici più turbolenti, quando maggiore è la necessità di sicurezza di isolamento dalla costa troppo aperta. Ciò si riscontra in modo particolare durante l'età di Pantalica nord (contrade Calcinara e Calanca a Ferla) e soprattutto in età tardo-romana e bizantina, quando si registra un incremento di piccoli stanziamenti in posizioni riparate, con prevalente uso del modello insediativo rupestre, che spesso si reimpiantano, dopo un lunghissimo hiatus, sugli stessi siti degli insediamenti preistorici (vallone Arancio e S. Martino a Ferla; Bidiclo - Casacce a Palazzolo; Madonna del Bosco, Boscorotondo, S. Pietro, cave S. Rosalia e S. Giorgio a Buscemi, Cozzo Bianco e Cozzo Nitta a Cassaro). Rilevato che, come esposto nei verbali di cui sopra, un rapido esame della carta degli insediamenti e dei resti finora accertati (peraltro estremamente parziale, perché a tutt'oggi la valle non è mai stata fatta oggetto di una ricognizione sistematica) permette di evidenziare le modalità di occupazione nei vari periodi e di individuarne le ragioni in relazione alle condizioni storiche. La prima fase di cui si possieda una evidenza archeologica significativa è rappresentata, come nella maggior parte del territorio siracusano, dalla prima metà del bronzo, durante la quale una serie di insediamenti a carattere diffuso si scagliona lungo il ciglio montuoso che sovrasta il limite settentrionale della valle. Si tratta di nuclei di cultura castellucciana, di modesta entità demografica, attestati da gruppi di tombe a grotticella scavati nei fianchi dell'altopiano: il più cospicuo è quello di S. Martino presso Ferla. Più frequenti sono le testimonianze relative agli insediamenti della media e tarda età del bronzo. Nel primo caso, la valle fu utilizzata come accadrà più tardi, quale via di accesso verso il territorio interno e quindi in funzione di scambi e commerci, in un periodo di attivi traffici transmarini, come attestano i manufatti di importazione micenea rinvenuti in contrada Maiorana a Buscemi, che costituiscono la proiezione più interna di quel fiorire di centri costieri di cultura thapsiana scaglionata intorno alla foce dell'Anapo. Durante la tarda età del bronzo (contrade Calanca e Calcinara), prevalente è l'intento difensivo, che perdura durante la successiva età del Ferro. Di questa, poco si conosce: ma la densità di occupazione è testimoniata dai numerosi gruppi di tombe a forno che non solo accompagnano in ogni caso i gruppi necropolari della fase precedente ma che si rinvengono anche in aree precedentemente non occupate, è il caso della poco nota necropoli di M. Pavone, che annovera molte tombe a grotticella con camera a pianta rettangolare, e che corrispondeva probabilmente ad un insediamento di notevole entità. La valle è intimamente legata alla storia della colonia greca di Siracusa fin dal suo primo impianto; ed anzi ne condiziona e ne determina la modalità della penetrazione e la forma dei rapporti con l'entroterra. Come già in età preistorica, il corso del fiume, che dal fondo del porto grande si apre allo sguardo di chi si approssima dal mare alla spiaggia falcata con la sua larga foce sabbiosa e riparata che invita all'approdo e le acque lente che scintillano fino ai monti sull'orizzonte, costituisce la naturale via d'accesso verso la regione interna; e non a caso uno del più antichi templi ne presidia la parte terminale del corso, conferendo sicurezza e sacralità a un lembo di territorio extraurbano rivolto alla terra degli indigeni, area privilegiata di scambio e di incontro, come già nei secoli precedenti. Lungo il corso dell'Anapo i nuovi coloni risalgono fino all'interno, fino al massiccio del Lauro, nel cuore del dominio dei Siculi, e alle radici di questa valle che rappresenta l'arteria principale nel corpo del territorio conquistato impiantano due capisaldi, Akrai (664 a.C.) e Kasmene (644 a.C.), destinati ad assicurare, da terra, il possesso del triangolo di regione compresa tra Siracusa, Eloro e il Lauro. La vita di Kasmene, sulla sommità di monte Casale, è relativamente breve; nella seconda metà del IV sec. a.C., essa non più funzionale alle ragioni strategiche, che ne hanno determinato la nascita, scompare; ma ne restano, eccezionali testimonianze proprio perché del tutto indisturbate nei secoli, l'abitato, le mura di fortificazione, le aree sacre e le necropoli. Solo in minima parte esplorata, Kasmene è oggi per larga parte acquisita al demanio regionale, e destinata a divenire uno dei più ricchi ed estesi parchi archeologici della regione. Lo stato di azione, che promette agli studiosi un'eccezionale messe di dati, e la suggestiva posizione di dominio su un succedersi ininterrotto di valli e montagne fanno della piccola città militare ancora sepolta uno dei punti focali su cui dovranno appuntarsi, nei prossimi anni, la ricerca e gli interventi di valorizzazione. Più conosciuta, e ormai inserita nel circuito corrente della fruizione archeologica l'antica Acre, sulla sommità dell'Acremonte alle spalle dell'odierna Palazzolo Acreide, è nondimeno, anch'essa, quasi tutta da mettere in luce; anche qui, gli interventi di acquisizione hanno oculatamente preceduto quelli di scavo, per assicurare la necessaria conservazione al patrimonio ancora esistente. La vita della valle, in età greca, gravita intorno ai due centri principali; i rinvenimenti di superficie attestano una confusa occupazione a scopo agricolo dei lembi di terreno maggiormente pianeggianti e più atti alle coltivazioni. Resti di piccole fattorie, spesso attestate soltanto da gruppi di tombe a fossa su di una spianata rocciosa accanto a qualche vecchia fattoria e da frammenti di tegole e vasellame d'uso comune sparsi nei campi, costellano i pianori sulle due sponde del fiume, così come le campagne del comprensorio fra Palazzolo e Noto. Tali sono probabilmente gli insediamenti cui si riferiscono le tracce individuate in località Campanino, presso Ferla, e a contrada Pantano, presso Palazzolo; ma non mancano indizi di insediamenti più cospicui, sotto il profilo dell'estensione e densità demografica, altrimenti del tutto ignoti. E' il caso dell'ancora inesplorato insediamento di Boscorotondo, presso Buscemi, nel quale ricognizioni di superficie hanno accertato la presenza, per largo tratto, di lembi di mura pertinenti a diverse abitazioni. In questo territorio abitato e coltivato, fioriscono anche luoghi di culto, legati alla terra ed alle divinità protettrici delle forze della natura e della feracità. Uno di questi, il più famoso per la sua singolarità, è il c.d. santuario di Anna e delle Paides, dedicato alle ninfe: a mezza costa sul fianco impervio del monte S. Nicolò, impendenti sulla vallata del fiume, una serie di grotte a pianta squadrata, comunicanti, conservano iscrizioni e graffiti. L'unica esplorazione condottavi è stata quella, parziale, di P. Orsi; allo stato attuale, il tetto semicrollato di una delle grotte e la quasi totale scomparsa del sentiero d'accesso proteggono questo che è uno del più interessanti monumenti dell'architettura religiosa coloniale, ancora da studiare compiutamente. Nel complesso, poco rappresentati appaiono, a livello insediativo, l'età ellenistico-romana e i primi secoli dell'impero, anche a tener conto dell'episodicità della ricerca, suscettibile di delineare un quadro parziale della realtà storica. Evidentemente, l'utilizzazione agricola ha prevalso sugli insediamenti storici; le fattorie disseminate sul territorio si dislocano per la maggior parte infatti nelle fasce più agevoli e aperte dell'altopiano, evitando le aree scoscese delle cave intono al fiume e ai suoi affluenti. La situazione muta radicalmente negli ultimi due secoli dell'impero e nella prima età bizantina. L'occupazione diffusa si intensifica e si assiste, soprattutto, ad un ritorno insediativo negli stessi luoghi, non di rado appartati e di difficile accesso, che erano stati sede di stanziamenti preistorici, prevalentemente situati sul ciglio e lungo i fianchi della valle. Appare evidente l'intento definitivo, quello di evitare contatti troppo immediati con la costa e con le più battute vie di collegamento interno. Soprattutto dopo il VI sec. d.C., gli insediamenti in posizioni aperte (come quello, accentrato intorno ad una piccola chiesa e ancora da sottoporre ad indagine, di Piano di Fata presso Buscemi, o la fattoria sulla sommità di M. S. Nicolò, attestata da una piccola necropoli di tombe a fossa) vengono preferiti gli abitati in grotta scaglionati lungo le cave (cava S. Giorgio, cava S. Rosalia presso Buscemi). Uno dei più cospicui, successivamente rimasto in uso fino all'età moderna, è quello di Madonna del Bosco, che diverrà l'odierna Buscemi, in gran parte conservato e già sottoposto a tutela. Spesso i nuclei insediativi sono attestati soltanto da gruppi di tombe, più o meno numerose, che danno vita a quel suggestivo panorama di escavazioni che articola i fianchi delle cave: ampie fosse sub divo dalla caratteristica forma campanata, arcosoli monosomi o bisomi, ipogei cruciformi o a galleria longitudinale, catacombe, talora anche di grandi dimensioni, intimamente articolate intorno ad uno o più sepolcri a baldacchino, tipologia ricorrente ed esclusiva delle catacombe rurali. Non di rado si riutilizzano, per gli arcosoli isolati, le grotticelle preistoriche, opportunamente modificate (S. Pietro di Buscemi, vallone Arancio e S. Martino a Ferla). Una delle più cospicue fra le necropoli di questo periodo è quella di S. Anna a Ferla, recentemente rimessa in luce e rilevata, che annovera numerosi arcosoli ed una piccola catacomba con cinque sepolcri a baldacchino: qui si conserva una delle rarissime iscrizioni finora rinvenute (il panorama dell'architettura funeraria rurale del territorio siracusano è pressoché anepigrafe) menzionante un Dionisio presbitero della chiesa erghitana, che costituisce uno dei primi dati storici sull'assetto delle chiese in età paleocristiana. L'architettura religiosa rupestre mostra lungo la valle, diversi esempi di grotte (S. Anna, con affreschi; Madonna del Bosco; S. Rosalia) e, soprattutto, uno dei monumenti più noti e più significativi, la chiesa di S. Pietro a Buscemi. Scoperta da P. Orsi durante l'esplorazione di un sepolcreto castellucciano nelle vicinanze, e situata a mezza costa nel punto di confluenza fra la cava S. Giorgio e la cava S. Rosalia; costituita da un vasto ambiente rettangolare tripartito da due coppie di pilastri sostenenti archeggiature, conservava, oggi molto deteriorati e in parte distrutti, un altare a mensa ed una cattedra ricavati nella roccia, con le pareti decorate da un ciclo di affreschi di diverse epoche. La tipologia anomala della ripartizione dello spazio interno fa di questo monumento uno dei più discussi nel pur variegato panorama dell'architettura religiosa rupestre, probabilmente ispirato a prototipi di area siriaco palestinese. Recentemente e solo parzialmente scavato è l'insediamento bizantino di Giarranauti, uno dei pochissimi siti che ha conservato strutture pertinenti all'abitato di questa età, e che riveste quindi un interesse del tutto particolare per la quantità di dati che può fornire in ordine all'assetto abitativo, alla tipologia dello strumentario, al vasellame di produzione locale, agli scambi ed alle risorse economiche. E' stato messo in luce un vicus costituito da poco più di una decina di case, dislocate intorno ad una piccola chiesa mononave. Le case presentano un'organizzazione molto semplice, basata su un modulo comprendente due vani, affiancati o disposti l'uno di seguito all'altro; il vano principale ospita il forno ed un piccolo fornello, mentre quello secondario era utilizzato per attività agricole (in uno è stato localizzato un rudimentale palmento scavato nel banco roccioso) o per deposito. Probabili soppalchi lignei nel vano principale costituivano gli spazi per la notte. Tra le varie case, disposte senza alcun criterio preordinato di distribuzione degli spazi, si articolano vari recinti chiusi da muretti, probabilmente per il ricovero del bestiame, e cortiletti che assolvono alla funzione di viabilità interna. A circa 500 m. dal villaggio, e forse ad esso pertinente, presso una profonda cisterna scavata nella roccia, ancora oggi utilizzata e alimentata da una complessa rete di canalette di drenaggio dell'acqua piovana, è stata rinvenuta una serie di vasche rettangolari, anch'esse scavate nella roccia, disposte su due livelli lungo le pendici del colle, larghe, basse e comunicanti, collegate a canalette e a lunghe teorie di fossette. Si tratta forse, più che di un semplice abbeveratoio o di un lavatoio, di un impianto per la lavorazione di qualche prodotto (una conceria ?). Monete e materiali ceramici collocano l'ultima fase di vita del villaggio al VI sec. d.C., in significativa coincidenza con il sorgere degli insediamenti rupestri della vicina Pantalica, prova evidente di sopraggiunte necessità difensive. Considerato che nel territorio dell'Alta valle dell'Anapo la trasformazione del sistema insediativo, connota i nuovi caratteri del patrimonio edilizio. Nel territorio dell'Alta valle dell'Anapo, le trasformazioni più evidenti, sono quelle che stanno avvenendo nelle zone periferiche ai margini degli insediamenti urbani che si affacciano verso la valle. Una parte di queste trasformazioni riguarda le seconde case, ma il grosso dell'attività edilizia riguarda le espansioni vere e proprie cioè quelle con più marcato carattere urbano. Il problema più grave per ciò che riguarda gli aspetti paesaggistici è determinato dalle periferie urbane, le quali si affacciano direttamente sulle aree di maggiore pregio, come nei comuni di Cassaro, Ferla e Palazzolo. Lo squallore di queste periferie è tale che non si può immaginare un vero futuro della zona senza mettere in essere radicali interventi di restauro urbano e territoriale. Questi intenti sono possibili attraverso una totale revisione degli strumenti urbanistici locali i quali dovranno essere tutti connotati da una forte attenzione verso i problemi del controllo della morfologia urbana nei processi di trasformazione, oltre che verso i problemi della tutela dell'ambiente territoriale. Per ciò che riguarda i caseggiati storici, si ritiene che questi siano inseriti attraverso uno studio specifico e puntuale nelle previsioni degli strumenti urbanistici, i quali attraverso una normatizzazione li tutelino e li valorizzino. Il sistema storico dei caseggiati agricoli assieme al paesaggio urbano dei centri dell'Alta valle dell'Anapo, costituisce senza dubbio, una ricchezza economica da valorizzare e salvaguardare per lo sviluppo della zona stessa. Lo studio delle carte storiche, le più antiche risalenti agli inizi dell'800, ha permesso di individuare le masserie storiche (quelle appunto presenti nel territorio agli inizi dell'800) ed ancora oggi esistenti anche se abbandonate o semiutilizzate. Trattasi di edifici con tipologia articolata, costruiti probabilmente nel periodo che va tra la fine del '700 e gli inizi dell'800, appartenenti originariamente ai feudi della nobiltà siracusana. Si incontrano continuamente, nelle mappe analizzate i nomi delle grandi famiglie gentilizie come: Specchi, Caetani, Judica, Politi ed i nomi dei grandi feudi come quello di Baulì o delle contrade famose da cui prendono il nome molte ville gentilizie come Bibbia S. Alfano. Le tipologie più ricorrenti sono quelle a corte chiusa e a corte aperta, per i caseggiati più importanti, e quelle ad elementi giustapposti, per quelle meno importanti. Le prime sono composte da una serie di alloggi fra cui spesso anche quello del proprietario, ed una serie di locali di servizio quali magazzini, stalle, cantine. Negli organismi più importanti e complessi è sempre presente una piccola chiesetta. Le seconde, di organizzazione più semplice, sono comprese in un'area recintata, nella quale possono trovarsi anche stalle ed ovili, e contengono un alloggio ed alcuni locali di servizio. L'organismo, per il particolare movimento dei tetti e l'articolazione delle masse, rivela un indubbio interesse dal punto di vista architettonico, risultando, nella sua configurazione formale, di grande attualità. I problemi che emergono riguardo lo stato del patrimonio edilizio rurale sono chiaramente legati alle trasformazioni dell'economia del territorio e al grado di cultura della popolazione locale. Da un lato, un'agricoltura sempre più in stato di crisi, con gli addetti che abbandonano campi e case per trasferirsi in città (da qui il continuo processo di degrado che alla fine determina l'inagibilità degli edifici per mancanza di manutenzione), dall'altro lato un rapporto con l'edificio da parte dei nuovi proprietari o affittuari dei caseggiati con utilizzazione degli stessi solo per gli aspetti funzionali e quindi senza quella necessaria attenzione che le strutture e la sua tipologia e la sua storia richiederebbero. In sostanza l'assenza di consapevolezza da parte delle nuove gestioni, unitamente alla loro capacità di determinare trasformazioni violente in tempi brevi che fa si che questi edifici o sono abbandonati al loro degrado o sono sottoposti ad interventi di manutenzione o di trasformazione e di ampliamento impropri e devastanti. Quindi, anche se il territorio in esame non è sottoposto a pesanti pressioni di carattere edilizio, gli interventi capillari sul costruito, in assenza di una normativa idonea a governare le trasformazioni, possono provocare grave danno al patrimonio edilizio rurale storico e di conseguenza all'ambiente di cui ormai sono parte integrante. Intensi studi sono stati dedicati di recente alle dimore rurali anche sotto l'aspetto tipologico, tanto che oggi esiste una discreta letteratura sul tema che consente di conoscere tutti i tentativi di catalogazione e tipizzazione fatti da vari autori per molte aree geografiche italiane. La masseria può essere identificata nelle tipologie più comuni in una serie di corpi di fabbrica per lo più disposti a quadrilatero, articolati da spazi recintati, innestati in una viabilità irregolare e da terreni coltivati. E' certo che il fulcro di questo organismo architettonico è rappresentato dal cortile centrale denominato in letteratura "corte rurale": uno spazio parzialmente o totalmente chiuso che svolge una funzione centrale nell'organismo sia sotto l'aspetto funzionale distributivo che sotto l'aspetto morfologico configurativo. Gli elementi della masseria della valle dell'Anapo sono costituiti: 1) dal recinto, costituito da un muro a secco che delimita l'ambito di pertinenza del caseggiato; 2) dal cortile (baglio o bagghiu): uno spazio centrale pavimentato nel quale venivano realizzati la cisterna o il pozzo, adornato da un grande albero posizionato al centro o marginalmente intorno al quale ruotava tutto il sistema funzionale della masseria; 3) dalla casina padronale che era l'abitazione temporanea del padrone utilizzata durante il periodo del raccolto o per il periodo delle vacanze della famiglia; 4) da magazzini di conservazione, cantine, granaio, ecc; 5) dal trappeto, locale per la lavorazione dell'olio; 6) dal palmento, locale per la lavorazione del vino; 7) dal fumeri, locale per l'accumulo del concime organico; 8) dal pagghiaru, locale per l'accumulo della paglia; 9) dalla cisterna o pozzo, in genere posizionata al centro della corte; 10) dalle stalle, ovili o "mannara"; 11) dalla gebbia dell'acqua per irrigazione. Rilevato che, come esposto nei verbali della Commissione sopra cennati, il territorio dell'altopiano ibleo, in ragione delle antiche origini della sua popolazione, è ricco di testimonianze storico - antiche che se non rappresentano dei capolavori costituiscono tuttavia un'ampia e insostituibile documentazione del passato. Capanni antichi, nevai, arcate di antichi acquedotti, muri di terrazzamento, fontanili ecc. sono i documenti di un passato ingiustamente dimenticato e abbandonato. Su questi monumenti di campagna, spesso veri e propri gioielli dal punto di vista tecnico-strutturale, non è mai stato tentato uno studio che avesse come obiettivo la loro valorizzazione e conservazione. Ora che la tecnologia del cemento armato ha sostituito i materiali da costruzione tradizionali, forse si guarda alle pietre vissute dell'architettura contadina con senso di distacco dimenticando e/o sottovalutando i valori umani e storici che essi racchiudono, valori che vanno prontamente recuperati prima che sia troppo tardi. Un tempo, quando nelle case e nei bar non c'erano i frigoriferi si faceva uso di un ingegnoso quanto rustico refrigeratore: la neviera. Le neviere oramai sono tutte in disuso ma, in quel contesto, erano di grande importanza e fornivano neve per tutto l'anno a tutti i comuni della zona. La neve veniva sistemata dentro la neviera a solai misti a strati di paglia in modo da avere lastre facilmente estraibili. La neviera, di cui esistono diversi esemplari nella zona, veniva realizzata in due modi: 1) incassata nella roccia di forma circolare e con copertura a capanno; 2) incassata nella roccia, di forma quadrata o rettangolare con conci squadrati di pietra bianca disposta a ventaglio. Del primo tipo si ha un esempio ancora quasi intatto sopra il quartiere nord di Buccheri a ridosso della strada che conduce al bivio di Palazzolo Acreide - Ferla - Giarratana. Lo schema costruttivo, nelle strutture di elevazione e nella copertura, ricorda il capanno pastorale di questi monti. Il secondo tipo è maggiormente diffuso e se ne hanno buoni esempi a Buccheri, Buscemi e a Palazzolo Acreide (nella zona archeologica dell'antica Akrai). Altro caratteristico elemento puntuale dell'architettura contadina della valle dell'Anapo è il Capanno dei pastori. Il territorio che si estende a sud-ovest di Buccheri va elevandosi fino a raggiungere quote superiori 900 metri s.l.m. Data l'altitudine e considerata la sterilità del terreno, l'unica vocazione possibile nel territorio sembra essere quella pastorale. Tale è stata infatti nel passato. In certi punti del territorio il mondo pastorale è ancora vivo anche se molte abitudini sono cambiate. Tuttavia alcune testimonianze del mondo pastorale della zona sono ancora oggi presenti. Il capanno pastorale arcaico a pianta rotonda della piana di Buccheri è un esempio di tipologia architettonica riscontrabile in altre zone della Sicilia. Il tipo consiste in una forma cilindrica leggermente imbutiforme ottenuta con filari concentrici di blocchi grossolanamente sbozzati disposti secondo un principio statico antichissimo (mensola sporgente autoportante). La copertura è ottenuta con lastre di pietra disposte ad anello e bloccate da una lastra centrale che ha inoltre la funzione di chiudere costruttivamente il capanno. Le lastre di copertura hanno una lieve pendenza verso l'esterno e ciò per consentire lo smaltimento delle acque piovane. L'interno è di pochi metri quadrati e spesso presenta anche delle nicchiette. L'ingresso è di limitate dimensioni e non presenta tracce di incardinature di eventuale chiusino. Altra evidente testimonianza della cultura tradizionale di valore antropico, residente lungo la valle dell'Anapo, è la ferrovia Siracusa - Vizzini. In epoca remota, in una fase databile tra il 1270 ed il 1000 a.C., la valle era abitata da popolazioni che, abbandonate le piane costiere, si rifugiarono nelle zone interne sulle impervie montagne, come testimoniano le vaste necropoli di grotticelle artificiali di Pantalica e gli importanti resti archeologici tuttora visibili che dimostrano l'esistenza di centri urbani abbastanza popolosi. Oggi i centri urbani esistenti nella zona non sono più importanti né popolosi. Un lungo sentiero bianco che percorre l'intera valle a mezza costa ora da un lato ora dall'altro ci ricorda che anche in un passato recente il sistema insediativo della valle era importante nel contesto dell'economia del tavolato Ibleo: questo sentiero corrisponde al vecchio tracciato della linea ferrata Siracusa - Ragusa - Vizzini. Lungo il suo percorso, dopo la stazione di Sortino, la valle assume valori morfologici paesaggistici e naturalistici eccezionali. La lingua scorre serpeggiante sugli stretti argini. Fiancheggiati sempre da pareti a picco che sospendono sul capo la minaccia di grossi blocchi, fermi sui ciglioni come per miracoli di statica. Inaugurata il 19 luglio 1915, dopo oltre trent'anni di accese discussioni (il primo progetto di massima redatto da Mauceri è del 1884), la linea ferrata raggiunse il culmine della notorietà nel 1933 quando il re V. Emanuele III si recò, facendo uso del "trenino" alla Necropoli di Pantalica. Dopo oltre quarant'anni di attività alle ore 9,30 del 30 giugno 1956 l'ultimo treno, cedendo il passo ai mezzi di trasporto su strada, giunse alla stazione di Simma Nuova: furono smontate e portate via tutte le traversine di legno, i binari, i bulloni, e rimase solo quel lungo sentiero bianco, acquistato successivamente dalla Azienda delle foreste demaniali della Regione Siciliana. Interamente percorribile in automobile, anche se con grosse difficoltà, offre la possibilità di immergersi in un ambiente ancora integro che ha bisogno però di essere necessariamente tutelato e salvaguardato. Gli edifici che ospitavano le stazioni sono stati trasformati e adattati ai diverse usi, e, qui e lì, lungo l'antico tracciato, vecchi caselli affiorano come fantasmi a testimoniare di una storia che è già leggenda. Poco oltre sorge Cassaro, che, nel tardo medioevo, era un piccolo borgo chiuso dentro le mura del suo castello. L'edificazione extra moenia iniziò nel sec. XIV in seguito ad un incremento demografico che comportò la nascita di un quartiere attaccato alle mura esterne del vecchio maniero. Alla fine del sec. XVI Cassaro si presentava composta da tre quartieri: il primo era attaccato al castello; il secondo era chiamato quartiere di sopra e si trovava nella parte inferiore dell'attuale abitato, nei pressi della chiesa Madre; il terzo era chiamato quartiere di mezzo. Nel 1598 nel quartiere di sopra, era in costruzione la chiesa San Pietro in Vincoli. Nel sec. XVII il paese tende ad estendersi nella parte inferiore dell'attuale abitato, cioè nel quartiere di sopra. Contemporaneamente sorgono altre chiese e alla vigilia del disastroso terremoto del 1693 nel piccolo centro se ne contano sette: tre più antiche erano ubicate nelle vicinanze del castello, quelle più recenti erano situate negli stessi luoghi in cui sorgono ancora oggi. Nella stessa età il castello era ancora frequentato dai principi di Cassaro ed era perfettamente funzionante. Ciò si evince da un bando del 3 settembre 1656. Il terremoto causò enormi danni ma i morti non furono tanti (15 ne annota il Boccone). La ricostruzione delle case e delle chiese fu sollecita ed impegnò maestranze locali ed esterne per circa cinquanta anni. Cassaro si spostò dal nucleo originario sorto intorno al castello e si sviluppò in un area pianeggiante intorno ad alcune chiese già esistenti nello stesso sito. Il settore più rappresentativo fu progettato intorno alla chiesa Madre; da esso si dipartono le direttrici viarie principali del nuovo assetto urbanistico. Invece di ricostruire il paese sui vecchi allineamenti si preferì cancellare ogni segno precedente eliminando tutte le macerie; ciò per dare vita ad un impianto regolare a scacchiera caratterizzato da un ampio asse orientale a nord-est e collegare le due vie d'accesso principali. La composizione urbanistica dell'abitato prevista non si è mai conclusa, sia ad ovest che a sud sembra infatti aperta ad ulteriori sviluppi. Tale smagliatura deriva certamente da una previsione di espansione pensata agli inizi del settecento. Il piano di edificazione non fu mai completato perché il centro urbano nell'arco dell'ottocento non superò il contorno perimetrale settecentesco. La nuova architettura del sec. XIX invece di aggiungersi a quella antica la sostituì secondo quello stesso discutibile principio in base al quale oggi tetri volumi in cemento armato sostituiscono le graziose abitazioni neoclassiche e liberty. Si è voluto includere il centro di Cassaro nella perimetrazione del vincolo dell'Alta valle dell'Anapo al fine di scongiurare il ricorso alla "sostituzione edilizia", favorita da una strumentazione urbanistica vigente obsoleta (piano di fabbricazione) e non in grado di indirizzare gli interventi edilizi verso la conservazione e valorizzazione di quei beni, che le civiltà del passato ci hanno tramandato. Il comune di Cassaro è dotato di un programma di fabbricazione ancora operante. In data 18 settembre 1995 il consiglio comunale ha adottato la nuova previsione del P.R.G. In data 22 marzo 1996 il P.R.G. è stato trasmesso all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, ma a tutt'oggi non è stato ancora approvato. Il modello di crescita delle periferie dei centri urbani che insistono nell'area interessata è in realtà quanto mai opinabile: per scongiurarlo, si ritiene imprescindibile una programmazione urbanistica ragionata, finalizzata ad un maggiore controllo della qualità edilizia per i nuovi interventi e ad un restauro per quanto possibile dell'ambiente urbano delle aree di margine prospicienti la valle. Infatti se il metodo della "sostituzione edilizia" dovesse estendersi all'intero patrimonio presente, si rischierebbe di perdere preziose testimonianze della storia del territorio e della sua popolazione, ancora prima di averne potuto effettuare un'analisi conoscitiva ed esauriente, necessaria altresì, a fronte del degrado e dell'abbandono che minacciano alcune emergenze storiche sparse in tutto il territorio. Viste le opposizioni alla proposta di vincolo paesaggistico dell'Alta valle dell'Anapo, che sono pervenute nei termini, e precisamente: 1) consiglio comunale di Palazzolo Acreide, che, con nota n. 4621 del 17 aprile 1997 osserva che: la proposta di vincolo della commissione blocca ogni iniziativa produttiva immobilizzando tutte le attività su un'area di 180 Km quadrati. Il consiglio comunale esprime le proprie preoccupazioni per un modello di pianificazione, imposto autoritativamente dall'alto, di dubbia costituzionalità e fondato su leggi che risalgono al 1939 e che determinano un vincolo assoluto, statico, che non tiene conto della presenza dell'uomo nell'ambiente. I vincoli devono tener conto delle caratteristiche dell'ambiente ed essere conseguenti a studi approfonditi sull'aspetto antropico e naturalistico dei luoghi. L'antitesi all'idea del vincolo è l'idea del Parco che tiene conto delle decisioni delle popolazioni e scaturisce dallo studio del territorio e dalle vocazioni naturali del territorio siano esse agricole, artigianali o altro. Viene citato all'uopo un parere del professor Bruno Ragonese che vede nell'idea del Parco degli Iblei lo strumento amministrativo più idoneo per la rifondazione di una civiltà perduta che aveva saputo ottimizzare il rapporto uomo-natura, e per superare (in maniera democratica e consentendo alla comunità locale di individuare il tipo di sviluppo dell'area) precedenti carenze di normazione che si riflettono in alcuni piani di lottizzazione, legali ma non pienamente condivisibili. Il vincolo proposto dalla commissione non va rigettato in toto ma va trasformato da impedimento a processo di sviluppo. Per realizzare ciò occorrono idee-guida e studi che consentano di conoscere e valorizzare il territorio. Viene sottolineato che il comune di Cassaro ha rilevato come la commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa abbia usato una carta del 1966, naturalmente non corrispondente alla realtà della zona, non tenendo conto di altra carta aggiornata esistente all'Università di Catania. Ciò a riprova che la proposta di vincolo è inesatta, intimamente contraddittoria e priva di studi di supporto accurati ed approfonditi. Mentre nella sua parte introduttiva la proposta prevede l'esclusione del vincolo sulle zone urbane dei centri dotati di P.R.G., la parte deliberativa include nel vincolo anche le zone urbane di Palazzolo. Il vincolo imposto rischia di mutilare le intenzioni dell'imprenditoria e le potenzialità turistiche del territorio, meglio valorizzabili attraverso un Parco, strumento questo che viene ritenuto preferibile per la tutela delle realtà agricole già esistenti. Il consiglio comunale di Palazzolo Acreide manifesta di non essere contrario al rispetto di regole e di norme cautelari, e quindi propone non di rigettare il vincolo sic et simpliciter, bensì di avviare l'istituzione di un Parco, che consentirebbe ai residenti di diventare protagonisti dello sviluppo della zona, mettendo in moto diversi meccanismi di finanziamento. Il sindaco concorda con il consiglio nel sostenere che il vincolo è una pianificazione del territorio imposta dall'alto. Invita ad approfittare dell'occasione per proporre una pianificazione che venga dal basso. Proponendo l'istituzione del Parco, Palazzolo potrebbe costituire un esempio trainante, uno stimolo per gli altri sindaci interessati. Conclusivamente, il consiglio comunale di Palazzolo Acreide, nell'esprimere l'apprezzamento per l'intento di pianificazione territoriale manifestato dall'Amministrazione regionale, ed anzi, auspicando l'attivazione di un piano paesistico con precise strategie mirate al rilancio dell'economia del territorio ibleo, rileva che il territorio di Palazzolo Acreide è dotato di P.R.G. fin dal 1989 ed è tutelato da uno studio di piano particolareggiato del centro storico, e quindi rigetta il vincolo così come proposto dalla commissione provinciale in quanto appare come principio di rigida conservazione che non tiene conto dei normali sviluppi socio-economici di una comunità. Propone altresì l'istituzione di un'area naturale protetta così come recita la legge n. 394/91 fondata sulla "zonizzazione", che scaturisca da uno studio analitico del territorio. Formula voti al governo regionale affinché, attui un intervento finalizzato allo sviluppo economico degli Iblei e sottolinea che la proposta di vincolo non è rispettosa del diritto alla democrazia alla partecipazione dei cittadini; 2) consiglieri comunali di Buccheri, i quali, con nota n. 3200 del 10 aprile 1997, ricorrono avverso la perimetrazione riguardante il territorio comunale di Buccheri per i seguenti motivi: a) parte del territorio comunale di Buccheri incluso nella delimitazione ed in particolar modo la parte che va dalla strada Sortino-Buccheri dal Km. 13,500 fino al confine provinciale Siracusa-Ragusa non tiene conto dell'esistenza di una serie di complessi edilizi già realizzati ed in fase di realizzazione a seguito di una serie di lottizzazioni private già approvate; b) tale area è fornita di una serie di opere di urbanizzazione (rete idrica, fognaria, illuminazione) eseguite dal comune di Buccheri; c) da una attenta lettura dei resoconti delle riunioni della commissione provinciale per la tutela della valle dell'Anapo, non si evince che essa abbia preso visione degli strumenti urbanistici del comune di Buccheri, così come invece ha fatto per tutti gli altri comuni ricadenti nel comprensorio della valle dell'Anapo; d) l'area di cui sopra non interessa né direttamente né indirettamente il bacino imbrifero della valle dell'Anapo, in quanto si trova in posizione marginale rispetto alla perimetrazione individuata. e) il confine individuato sembra essere dettato più dalla praticità di individuare un confine certo - la strada -, che dalla effettiva esigenza di delimitare una bellezza naturale da proteggere. La commissione provinciale non avrebbe tenuto conto che l'area di cui si propone il vincolo risulta interessata da numerose lottizzazioni convenzionate già eseguita da privati o in via di esecuzione, nonché da numerose costruzioni edili. L'estensione dell'area che la commissione provinciale propone di sottoporre a vincolo appare sproporzionata rispetto al bene tutelato, atteso che la zona urbanizzata di contrada Piana non risulta minimamente interessata dal bacino ibrifero della valle dell'Anapo. L'arbitraria delimitazione dell'area da sottoporre a vincolo è gravemente pregiudizievole delle legittime aspettative dei proprietari delle zone suindicate, nonché in stridente contrasto con tutte le delimitazioni adottate nel corso degli anni dall'amministrazione comunale. Il P.R.G. in itinere, prevedendo in detta zona di espansione le aree destinate a servizi e ad insediamenti artigianali ed industriali, sarebbe completamente stravolto dall'imposizione del vincolo, misura sostanzialmente indiscriminata ed ingiustificata, ancorata a giudizi empirici ed emotivi come quelli espressi nella relazione posta a fondamento della proposta dai componenti della commissione provinciale; 3) 44 cittadini di Buccheri, con nota dell'11 marzo 1997, premettono che nella proposta di vincolo traspare l'intenzione di vincolare il comune di Cassaro in quanto privo di P.R.G.: l'inclusione dell'area urbana nel vincolo paesaggistico avrebbe il senso di fare fronte all'insufficiente livello di tutela apprestato sul programma di fabbricazione vigente. Partendo dalla premessa che identica è la situazione di Buccheri, quanto allo strumento urbanistico vigente (piano di fabbricazione), non si capisce e soprattutto non si condivide la reticenza nei lavori della commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa rispetto alla situazione predetta. Infatti in data 27 febbraio 1997 il consiglio comunale di Buccheri è stato convocato dal Presidente con all'ordine del giorno la adozione dello strumento urbanistico Generale che è in itinere. Detta situazione, che preoccupa la commissione per il comune di Cassaro, non sembra preoccupare altrettanto per Buccheri, ove attualmente vige il piano di fabbricazione del 1979, del tutto carente di misure atte a tutelare l'assetto urbanistico pre-esistente e del centro urbano in particolare, che non è normato da un piano particolareggiato, previsto invece per la zona di espansione in contrada Pozzanghera ricompresa nella proposta di vincolo. La commissione BB.NN.PP. si sarebbe preoccupata di tutelare e vincolare una parte del territorio di Buccheri, già urbanizzata come zona di espansione e interessata da alcune micro-lottizzazioni, ma non si sarebbe curata di tutelare il territorio urbano di Buccheri, ove l'assalto alle bellezze naturali è in atto, posto il nutrito campionario di ditte di Buccheri abusive e/o non autorizzate, che, con i loro interventi, hanno arrecato grave danno al paesaggio. La proposta di vincolo in quanto strumento organico di tutela che non potrebbe ignorare quella parte di territorio che dista appena 500 m. dalla delimitazione della proposta di vincolo, e che invece è quella che andrebbe realmente tutelata. Proprio in quell'area, il piano regolatore in itinere, avrebbe individuato le zone relative a servizi e ad insediamenti artigianali-industriali. I sottoscrittori invitano a riconsiderare l'area da sottoporre a vincolo paesaggistico, valutando meglio i rapporti e le relazioni con gli strumenti di pianificazione territoriale, come lo strumento urbanistico che è assolutamente in disarmonia con quello che è possibile leggere dal carteggio e dalle planimetrie della proposta di vincolo. Viste le controdeduzioni rese dalla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, che, con nota n. 5001 del 24 giugno 1997 ha rilevato che: - la perimetrazione del vincolo interessa i territori comunali di Buccheri, Palazzolo Acreide, Ferla, Cassaro, Buscemi e Sortino e lo scopo della proposta è quello di tutelare un'area paesaggisticamente omogenea, che riveste caratteristiche peculiari sia sotto il profilo geomorfologico che sotto quello naturalistico e del paesaggio degli Iblei, così come ampiamente rappresentato nella relazione generale contenuta negli atti del verbale della commissione provinciale BB.NN. Quanto agli specifici rilievi mossi dagli opponenti, e in particolare alle perplessità mosse da alcuni componenti del consiglio comunale di Palazzolo Acreide, circa il paventato blocco delle attività produttive della zona, la Soprintendenza di Siracusa sottolinea che la natura giuridica del vincolo di legge n. 1497/39 è tale che esso non pregiudica né inibisce a priori le attività produttive pubbliche e/o private esistenti nel territorio, né quelle di nuova formazione, trattandosi di vincolo paesaggistico e non di immodificabilità. Le indubbie valenze paesaggistiche e naturalistiche della zona interessata sono riconosciute da parte degli stessi consiglieri comunali, i quali ritengono che la stessa area sia "ideale per l'istituzione di un Parco degli Iblei" o per essere classificata come un'area naturale protetta. Il centro urbano di Palazzolo Acreide, ricade fuori dalla perimetrazione del vincolo, fatta eccezione per alcune aree periferiche a margine di località paesaggisticamente rilevanti, come ad esempio la zona archeologica di "Serra Palazzo". Viene sottolineato che le iniziative comunali e/o intercomunali di valorizzazione dell'area in trattazione (istituzione di parchi urbani, di aree protette ecc.) potranno trovare luogo nella formazione o revisione degli strumenti di pianificazione urbanistica (P.R.G. comunali o intercomunali). In considerazione di quanto sopra rappresentato, si può asserire che l'imposizione del vincolo paesaggistico non pregiudica né inibisce le iniziative produttive della zona, ma segue, di concerto con la pianificazione paesaggistica (piani paesistici) ed urbanistica (P.R.G.), lo sviluppo e la valorizzazione di ambiti territoriali di particolare pregio paesaggistico meritevoli di essere maggiormente attenzionati e salvaguardati. Circa le opposizioni promosse dai cittadini di Buccheri in ordine all'imposizione del vincolo ex legge n. 1497/39, relativo all'Alta valle dell'Anapo, in territorio comunale di: Buccheri, Palazzolo Acreide, Ferla, Cassaro, Buscemi e Sortino, la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, premesso che scopo del vincolo è quello di tutelare un'area paesaggisticamente omogenea, che riveste caratteristiche peculiari sia sotto il profilo geomorfologico e naturalistico sia nell'ambito del paesaggio rurale degli Iblei, così come del resto ampiamente rappresentato nella relazione generale contenuta negli atti del verbale della Commissione Provinciale BB.NN., rappresenta che, sia il centro urbano di Palazzolo A. che quello di Buccheri risultano fuori dalla perimetrazione del vincolo in argomento, fatta eccezione per alcune aree periferiche a margine di località paesaggisticamente rilevanti, che a Palazzolo alcune aree si trovano in prossimità della zona archeologica di "Serra Palazzo", mentre a Buccheri le stesse ricadono nelle vicinanze delle perimetrazioni del demanio forestale di "monte Contessa" e della Piana di Buccheri. In ordine alle obiezioni mosse sui criteri di perimetrazione del settore nord occidentale del vincolo, nella fattispecie l'area di C.d.a. Piana, occorre precisare che sebbene in questo caso il perimetro non coincide perfettamente con lo spartiacque superficiale del bacino idrografico, è anche vero che la scelta di attestare lo stesso lungo la strada provinciale, viene giustificato da un lato dalla necessità di includere le ampie superfici boscate che si affacciano direttamente sulla valle dell'Anapo e localizzate soprattutto a coronamento della contrada menzionata, (peraltro già comprese nel demanio forestale e pertanto vincolate ai sensi della legge regionale n. 16/96), dall'altro dall'opportunità che la strada offre a chi la percorre ponendosi come naturale raccordo tra il suo tratto più orientale e quello più occidentale, sicuramente con caratteristiche più marcatamente panoramiche. Parte di quest'area risulta già in regime di vincolo forestale, nonché nella fascia di rispetto di quest'ultimo (zona di immodificabilità, ex legge regionale n. 15/91, di 200 metri dal confine del vincolo forestale). Il vincolo paesaggistico ha sinteticamente dato omogeneità a quanto illustrato sinora, ponendo maggiore attenzione a quelle aree periferiche dei centri urbani che si affacciano in prossimità del perimetro, tanto è vero che in tutto il territorio dell'Alta valle dell'Anapo le trasformazioni più evidenti sono quelle nelle zone di margine, nelle quali necessitano sostanziali interventi di restauro urbano e territoriale. La perimetrazione proposta in alternativa dal comune di Buccheri appare se non altro strumentale, in quanto taglia fuori praticamente dal vincolo tutto il territorio comunale. In relazione a quanto rilevato circa l'opportunità di estendere il vincolo alle restanti porzioni del territorio comunale di Buccheri meritevoli di tutela paesaggistica, occorre precisare che oggetto della proposta di vincolo della commissione BB.NN. era l'Alta valle dell'Anapo; gli studi e la proposta di vincolo riguardavano solo tutto ciò che è omogeneamente afferente al suddetto bacino e le sue immediate vicinanze, sotto i vari aspetti (geomorfologico, idrogeologico, vegetazionale, architettonico, rurale, ecc.); il territorio comunale edificato di Buccheri ricade solo in parte nel suddetto perimetro. Inoltre, atteso che risulta in itinere la predisposizione del P.R.G. del comune di Buccheri, nulla vieta che la stessa amministrazione comunale possa porre maggiore attenzione in quella sede all'opportunità della salvaguardia delle valenze storiche, culturali e paesaggistiche del territorio comunale. Non appare superfluo ricordare che l'imposizione di un vincolo paesaggistico non pregiudica affatto la possibilità di edificazione ma segue la finalità di guidare e indirizzare di concerto con la pianificazione paesaggistica (piani paesistici) ed urbanistica (P.R.G.), lo sviluppo e la valorizzazione di aree sicuramente meritevoli di una attenzione particolare. Visto il perimetro del vincolo, che si diparte dalla S.S. n. 287 denominata "Maremonti" all'altezza del bivio con la S.S. 124 "Siracusana", percorre quest'ultima verso nord-est, per imboccare sulla sinistra, poco prima del Km. 91, il bivio per Cassaro e Ferla, percorre la strada provinciale n. 59 e, dal Km 1+500 circa, coincidendo con il preesistente vincolo della Media valle dell'Anapo, ne ricalca il perimetro e, fra il Km. 2 ed il Km. 3, devia sulla destra seguendo un sentiero, avente direzione ovest-est, che, scendendo progressivamente di quota, riprende di nuovo la suddetta provinciale poco prima del ponte sul fiume Anapo e la percorre fin oltre il ponte medesimo; da qui devia sulla destra in direzione di Ferla per circa un chilometro, gira ancora a destra e segue un sentiero che corrisponde con il confine comunale di Ferla, fino a che questi non si innesta nella S.P. Ferla-Sortino in prossimità del Km. 4; segue questa strada fin poco oltre il Km. 8, per deviare in coincidenza della linea dell'alta tensione dell'ENEL in direzione nord-nord-est, al punto in cui la suddetta linea incrocia un sentiero in contrada Prita, nei pressi di case S. Antonio. Il perimetro devia sulla sinistra, abbandonando il tracciato del predetto vincolo della Media valle dell'Anapo, percorrendo il sentiero citato fino a contrada Cugni e si innesta a sinistra sulla S.P. Sortino-Buccheri; segue questa strada fino al Km. 11 circa, dove gira intorno al monte Santo Venere deviando sulla destra in prossimità di case Taruddu, in direzione nord, lungo la strada per Pedagaggi-Francofonte, per quasi 1 chilometro e mezzo circa. Il perimetro imbocca un sentiero sulla sinistra, che arriva a case Ceusa e da qui, percorrendo un altro sentiero che segue le linee di livello, passa sotto Costa Castagna e Cozzo Castagna, si reinnesta sulla S.P. Sortino-Buccheri, all'altezza del Km. 13+500 circa e percorre questa strada in direzione Buccheri fino all'incrocio con la "Maremonti", oltrepassa quest'ultima in direzione Giarratana fino a poco oltre il Km. 4, sotto il monte Lauro, dove la suddetta strada incrocia il confine provinciale Siracusa-Ragusa. Il perimetro segue in direzione Sud sino a toccare nuovamente la strada Buccheri-Giarratana poco oltre il Km. 9, in contrada Liequa, e, seguendo una linea retta ideale avente direzione sud-est, incontra un sentiero, un tempo sede della ferrovia per Vizzini, e lo segue fino alla strada Palazzolo-Garratana, poco oltre il Km. 1; segue quest'ultima verso nord-est e, poco prima che questa si innesti sulla Maremonti, gira a destra lungo un sentiero che la raccorda con la vecchia strada Palazzolo-Noto; arriva a quest'ultima, devia sulla sinistra fino a raccordarsi con la Maremonti, che percorre sino all'incrocio con la S.S. n. 124. Dalla presente perimetrazione restano escluse le aree urbane di Ferla e Buscemi e le aree di espansione di questi ultimi e di Cassaro, così come definite dagli strumenti urbanistici in vigore e/o in itinere ed individuate nell'allegata planimetria e nella planimetria tematica allegata al verbale della commissione BB.NN.PP. di Siracusa del 7 ottobre 1996, facente parte integrante e sostanziale del presente provvedimento. Ritenuto che la imposizione di un vincolo di paesaggio ai sensi della legge n. 1497/39, non determina la imposizione di limiti specifici se non per quanto riguarda i criteri generali del mantenimento delle caratteristiche originali, dei materiali e delle tecniche costruttive e, in questo caso, della cultura materiale. Ritenuto sulla scorta degli atti anzidetti, delle motivazioni della proposta avanzata dalla commissione provinciale BB.NN.PP. di Siracusa, delle controdeduzioni rese dalla Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa avverso le opposizioni prodotte contro la proposta medesima, di dovere respingere, in quanto infondate, dette opposizioni e di dovere quindi ratificare la dichiarazione di notevole interesse paesaggistico, ai sensi dell'art. 1, nn. 3 e 4, della legge 29 giugno 1939, n. 1497, sussistendone i presupposti, del territorio dell'Alta valle dell'Anapo, descritto e delimitato come nei verbali della commissione provinciale anzidetta, che si allegano al presente atto, unitamente alla cartografia, quale parte integrante e sostanziale. Per quanto sopra esposto; Decreta: Art. 1 Al fine di garantire le migliori condizioni di tutela, sono dichiarate di notevole interesse pubblico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, nn. 3 e 4, della legge 29 giugno 1939, n. 1497, come bellezze di insieme e panoramiche, la porzione di territorio comprendente i comuni di Buccheri, Buscemi, Carlentini, Cassaro, Ferla, Palazzolo Acreide e Sortino, ricadente all'interno del perimetro visualizzato nell'allegata cartografia: carta d'Italia dell'I.G.M. scala 1:25.000 (allegato 1), secondo i limiti descritti in premessa, per le motivazioni anche riportate nei verbali delle sedute del 18 aprile 1996, 30 maggio 1996, 11 giugno 1996, 27 giugno 1996 e del 7 ottobre 1996 della commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa (allegato 2), che si allegano al presente atto come parte integrante, rigettata, sulla scorta delle controdeduzioni rese dalla Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Siracusa, ogni opposizione presentata avverso detto vincolo paesaggistico. Art. 2 Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, unitamente alle planimetrie, allegate, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 1497/39 e dell'art. 12 del R.D. n. 1357/40. Una copia della Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, contenente il presente decreto, sarà trasmessa, entro il termine di mesi uno dalla sua pubblicazione, per il tramite della competente Soprintendenza, ai comuni di Buccheri, Buscemi, Carlentini, Cassaro, Ferla, Palazzolo Acreide e Sortino perchè venga affissa per tre mesi naturali e consecutivi all'albo pretorio dei comuni stessi. Altra copia della predetta Gazzetta, assieme agli allegati planimetrici delle zone vincolate, sarà depositata presso gli uffici degli stessi comuni, ove gli interessati potranno prenderne visione. La Soprintendenza competente comunicherà a questo Assessorato la data dell'effettiva affissione del numero della Gazzetta sopracitata all'albo del comuni di Buccheri, Buscemi, Carlentini, Cassaro, Ferla, Palazzolo Acreide e Sortino. Art. 3 Avverso il presente provvedimento è esperibile ricorso innanzi al giudice amministrativo entro 60 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del provvedimento medesimo, ovvero, ricorso gerarchico, ai sensi dell'art. 4, u.c., della legge n. 1497 del 1939. Palermo, 12 maggio 1998. CROCE Allegato 1 - [non disponibile, vedasi G.U.R.S. 4 luglio 1998, n. 33]. Allegato 2 COMMISSIONE PROVINCIALE PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE DI SIRACUSA Verbale della Commissione provinciale BB.NN.PP. di Siracusa redatto nella seduta del 18 aprile 1996 L'anno millenovecentonovantasei il giorno 18 del mese di aprile, alle ore 9,30 si è riunita in prima convocazione nei locali della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, sita in piazza Duomo n. 14, la Commissione BB.NN. di Siracusa nominata con decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 parzialmente rettificato con decreto assessoriale n. 6365 del 12 maggio 1995, così come ricostituita per il quadriennio 1995-99, convocata dal presidente dott. Giuseppe Voza con nota racc. n. di prot. 6452/Amm. del 3 aprile 1996, inviata a ciascuno dei componenti della commissione. Sono intervenuti alla riunione i seguenti componenti la commissione: 1) dott. prof. Giuseppe Voza, soprintendente per i beni culturali ed ambientali pro-tempore della circoscrizione di Siracusa, presidente; 2) prof. Salvatore Russo, componente; 3) ing. Gaetano Capodicasa, componente; 4) ing. Gaetano Maltese, in rappresentanza del distretto minerario di Catania convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 (delega prot. n. 3763 del 12 aprile 1996), membro aggregato; 5) signora Lidia La Ferla, assistente amministrativo della Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali, segretario. Assistono alla riunione, nella sua prima fase, i seguenti dirigenti tecnici in servizio presso la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch. Francesco Santalucia, direttore f.f. della sezione P.A.U., dott.ssa A. Trigilia, arch. S. Cancemi, dott. A. Mamo, dirigenti tecnici della medesima sezione, per eventuali chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere chiesti dalla commissione. Il presidente fa rilevare che la commissione, pur in assenza del rappresentante dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, convocato come membro aggregato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995, è regolarmente costituita ai sensi dell'art. 5, 2° comma del R.D. 3 giugno 1940, n. 1357 ore 10,00, dichiara aperta la seduta invitando la commissione a passare all'esame dell'ordine del giorno che, al primo punto, prevede la delibera di ratifica del vincolo del porto piccolo di Siracusa, la cui proposta è stata già ampiamente esaminata nelle precedenti sedute, rispettivamente del 12 dicembre 1995, del 10 febbraio 1996 e del 7 marzo 1996. Prima di procedere alla delibera il presidente dà lettura delle relazioni tecniche che costituiscono il presupposto per la proposta di emanazione del presente vincolo e sono parte integrante del presente verbale. Copia di esse verrà anche depositata presso gli uffici della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, per l'eventuale consultazione da parte di coloro che ne abbiano interesse. A conclusione della suddetta lettura, l'arch. Santalucia, la dott.ssa Trigilia, il dott. Mamo, l'arch. Cancemi, si allontanano dalla sala della riunione e la commissione passa alla votazione del vincolo ed alla delimitazione dell'area da tutelare che sarà la seguente: (Omissis) Si passa alla discussione sul secondo punto all'ordine del giorno relativo alla presentazione della proposta di vincolo dell'alta valle dell'Anapo. Si comincia con la proiezione di un filmato riguardante il perimetro proposto per l'area da sottoporre a vincolo, al fine di agevolare il dibattito. Il presidente dà avvio alla discussione dichiarando che la valle dell'Anapo va necessariamente tutelata per evitare trasformazioni tali che potrebbero far venire meno, in maniera irreversibile, le caratteristiche proprie di questo territorio. E' in corso l'esame, presso la sezione beni paesaggistici, architettonici ed urbanistici della Soprintendenza di Siracusa, per la verifica dei piani regolatori dei centri urbani inclusi nella proposta di vincolo al fine di garantirne l'eventuale espansione edilizia o produttiva. Il centro urbano di Palazzolo, poiché ben tutelato da un P.R.G. e da uno studio di piano particolareggiato del centro storico, verrà escluso dalla proposta, comprendendo invece il cimitero poiché ricco di significativi elementi architettonici e storici da salvaguardare. Per quanto concerne altri centri rientranti nella zona da sottoporre a vincolo, Ferla è in possesso di uno strumento urbanistico mentre invece Cassaro e Buscemi ne sono privi. Il perimetro proposto comprende a nord il Monte S. Venera (m. 869) inseribile sia come bellezza individua che panoramica, già sottoposto a vincolo biennale di immodificabilità ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91. Si propone il raffronto sulla cartografia dell'intero corso dell'Anapo sia nel tratto mediano che nella foce, mentre obiettivo del presente vincolo è quello di sottoporre a tutela, secondo la normativa paesaggistica, la sorgente e l'alto corso del fiume, a completamento ed omogeneità di salvaguardia di valori ed elementi del tutto identici ai tratti già vincolati. L'ing. Maltese sostiene che bisogna tener conto dei problemi economici e sociali dei centri urbani che gravitano nella zona da sottoporre a vincolo; bisognerebbe dunque trovare una soluzione di compromesso tra l'esigenza di tutela del territorio e quella di sviluppo economico e sociale della zona. Per questo motivo l'ing. Maltese vuole avere delle certezze sulla perimetrazione della zona da sottoporre a vincolo. L'ing. Capodicasa dice che l'apposizione del vincolo non significa chiusura delle due cave esistenti nella zona. L'ing. Maltese esprime preoccupazione per l'applicazione della legge regionale n. 24/91 in quanto, una volta scaduta nell'anno 2002 l'autorizzazione all'apertura della cava, se la zona sarà tutta sottoposta a vincolo ai sensi della legge n. 1497/39, la stessa non verrà più rinnovata con gravi conseguenze dal punto di vista economico ed occupazionale. A tal proposito il presidente propone all'ing. Maltese di verificare quale sia l'attività produttiva effettivamente svolta dalle cave esistenti nella zona e quali siano i processi produttivi in atto, anche se è del parere che il territorio in oggetto, poiché di vaste dimensioni, non consente di attenzionare aspetti troppo particolari, in questa prima fase. Secondo il presidente il primo elemento fondamentale è quello di redigere una relazione introduttiva che faccia capire il perché della necessità di tutelare la zona; tale relazione dovrà poi essere accompagnata da specifiche relazioni tematiche relative ai singoli aspetti: geologico, archeologico etc. Il vincolo della legge n. 1497/39, d'altra parte, non prescrive divieti assoluti ma cerca di dare delle prescrizioni per la tutela dei valori paesaggistici dell'area da vincolare. Il presidente propone infine di fissare un sopralluogo da parte della commissione con un elicottero messo a disposizione dai militari, previa richiesta. Secondo l'ing. Capodicasa non è necessario effettuare tale sopralluogo in elicottero basterebbe stabilire, una volta fissata la perimetrazione, alcuni punti di belvedere raggiungibili anche in automobile. La commissione conclude che entrambi i sopralluoghi sarebbero necessari per avere una visione completa della proposta di vincolo. Alle ore 13,45 la riunione viene chiusa. COMMISSIONE PROVINCIALE PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE DI SIRACUSA Riapertura verbale della Commissione provinciale BB.NN.PP. di Siracusa L'anno millenovecentonovantasei il giorno 30 del mese di maggio, alle ore 9,30 si è riunita in prima convocazione nei locali della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, sita in piazza Duomo n. 14, la commissione BB.NN. di Siracusa nominata con decreto assessoriale n. 5007 del 7 novembre 1995 parzialmente rettificato con decreto assessoriale n. 6365 del 12 maggio 1995, così come ricostituita per il quadriennio 1995-99, convocata dal presidente dott. Giuseppe Voza con nota raccomandata n. di prot. 9199/amm. del 18 maggio 1996, inviata a ciascuno dei componenti della commissione. Sono intervenuti alla riunione i seguenti componenti la commissione: 1) dott. prof. Giuseppe Voza - Soprintendente per i beni culturali ed ambientali pro-tempore della circoscrizione di Siracusa - presidente; Assistono alla riunione, nella sua prima fase, i seguenti dirigenti tecnici in servizio presso la Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch. Francesco Santalucia, direttore F.F. della sezione P.A.U., dott.ssa A. Trigilia, arch. S. Cancemi, dott. A. Mamo, dirigenti tecnici della medesima sezione, per eventuali chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere chiesti dalla commissione. Il presidente dichiara aperta la seduta e, dopo aver dato lettura del verbale della riunione precedente, invita la commissione a passare all'esame dell'ordine del giorno che riguarda la presentazione del vincolo dell'alta valle dell'Anapo e l'illustrazione delle motivazioni che hanno indotto alla proposta del vincolo. Scopo del vincolo è quello di tutelare l'alta valle dell'Anapo ed il suo bacino imbrifero, allargandolo fino a comprendere monte S. Venera ed il torrente Calcinara, allo scopo di evitare che tale area subisca ad opera dell'uomo degli stravolgimenti tali da compromettere le valenze paesistiche della zona. Il vincolo abbraccia una vasta area che comprende anche quattro centri urbani e, quindi, il presidente fa rilevare che si pone il problema di individuare i criteri di scelta delle aree urbane da inserire nel vincolo ed i criteri da utilizzare per la perimetrazione, anche in considerazione del fatto che bisogna scegliere dei capisaldi certi visto che in questa area corre il limite tra le due provincie di Siracusa e Ragusa. Alla luce di un'attenta analisi del territorio e degli strumenti urbanistici già vigenti o in itinere, il presidente propone di estrapolare dal vincolo i centri urbani e le loro periferie, per i quali sarebbe auspicabile che venisse proposto un vincolo ad hoc come si è fatto per Buscemi, in particolare il centro urbano di Palazzolo Acreide, Ferla, Buscemi. Tuttavia, in assenza di un piano di sviluppo territoriale di coordinamento e di uno studio demografico del territorio o di geografia antropica, ponendosi anche il problema della salvaguardia degli ambiti urbani, il presidente propone di includere nel vincolo il centro urbano di Cassaro. Infatti, mentre per Buscemi esiste già il vincolo paesaggistico, per Palazzolo Acreide e Ferla è già vigente il piano regolatore generale, per Cassaro esiste solo il piano di fabbricazione mentre il P.R.G. è ancora in itinere e, quindi, l'inclusione di tale area urbana nel vincolo paesaggistico ha un senso, in quanto è più esposta a processi, già in atto, di cambiamento radicali e repentini che tendono a stravolgere la struttura urbanistica esistente. Cassaro risulta, così, meno tutelata rispetto agli altri centri e, proprio per questo, la sua inclusione nel vincolo si rende necessaria, al fine di evitare che la struttura urbanistica venga sovvertita totalmente con la demolizione delle costruzioni già esistenti per crearne delle nuove, destinate ad una presunta vocazione turistica della zona che di fatto non corrisponde alla realtà dei luoghi. La commissione concorda con la proposta del presidente ritenendo che essa sia abbastanza ragionevole ed idonea a contemperare da una parte le esigenze di espansione dei centri urbani e dall'altra le esigenze di tutela e di controllo del territorio, evitando che lo stesso venga alterato. L'area per la quale si propone l'imposizione del vincolo è una delle più suggestive dal punto di vista paesaggistico ed è molto ricca anche di elementi archeologici, geologici e botanici. Fra le emergenze botaniche va rilevata la singolarità botanica costituita dal bosco di Ferla che insiste sulle sponde del torrente Calcinara per cui sarebbe opportuno sottoporre quest'area ad una tutela particolare. Infatti, mentre una sponda é costituita da terreno di tipo calcarenitico, che favorisce la crescita di una varietà di quercia (Quercus Ilex), sull'altra sponda è stato individuato un diverso tipo di vegetazione caratterizzata dal Quercus Virgiliana, favorita dalla presenza di terreni vulcanici. Fra i segni antropici storici più importanti presenti nell'alta valle dell'Anapo vi é il tracciato della vecchia linea ferrata Siracusa - Vizzini, ed a questo proposito viene richiesta la disponibilità al prof. Russo per elaborare, preparare una relazione da inserire fra gli atti istruttori del vincolo. Allo scopo di verificare dal vivo, in maniera consapevole, l'esigenza di sottoporre quest'area a vincolo paesaggistico, il presidente propone di effettuare un sopralluogo, con tappa Buscemi, Ferla, Cassaro e a Case Specchi a Pantalica. L'ing. Maltese propone, allora, di eseguire un sopralluogo anche presso le cave esistenti in territorio di Cassaro, in cui si svolge e si concentra tutta l'attività industriale della zona che rientra nel perimetro del vincolo o nelle zone limitrofe, perché la commissione possa rendersi conto della situazione socio-economica ed occupazionale della zona. Il presidente propone che il sopralluogo venga fissato per il giorno 7 giugno 1996, con partenza alle ore 8,00 dalla sede dell'Ispettorato forestale di Siracusa. Alle ore 11,30 il presidente dichiara chiusa la seduta. COMMISSIONE PROVINCIALE PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE DI SIRACUSA Verbale di sopralluogo della commissione BB.NN. di Siracusa in data 11 giugno 1996 nell'area dell'alta valle dell'Anapo, per la quale è stata fatta proposta Oggi 11 giugno 1996, alle ore 8,00 presso l'Ispettorato forestale di Siracusa in piazza S. Giovanni 7, a seguito di convocazione di sopralluogo da parte del presidente della commissione BB.NN. per la provincia di Siracusa, Soprintendente dott. Giuseppe Voza, con telegramma prot. 9938/Amm. dell'1 giugno 1996 e successivo telegramma prot. 10164/Amm. del 5 giugno 1996, si sono riuniti i seguenti membri della commissione: - dott. Giuseppe Voza - presidente; Per effettuare il sopralluogo nella zona per la quale è stato proposto il vincolo paesaggistico. Partecipano al sopralluogo anche i sottonotati dirigenti tecnici della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa per fornire alla commissione, ciascuno per quanto di sua competenza, chiarimenti, delucidazioni ed approfondimenti sui vari elementi archeologici, architettonico-urbanistici, geologici, botanici, paesaggistici presenti nella zona da vincolare: - dott.ssa Alessandra Trigilia - dirigente tecnico agronomo; Alle ore 8,30, a bordo di un pulmino messo a disposizione dell'Ispettorato forestale tutti i presenti, come sopra specificati, partono per il sopralluogo. Percorrendo il tratto di strada statale denominato "Mare - Monti" si giunge a Palazzolo Acreide e si fa una prima sosta al belvedere sito nella zona nord della città, dal quale si apprezza una visione panoramica dell'area da sottoporre a vincolo e che costituisce altresì confine dell'area, come evidenziata nella cartografia in scala 1:25.000. Da questo punto si ammira un vasto tratto della valle dell'Anapo, una delle zone paesaggisticamente meglio conservate della Sicilia sud-orientale, nonostante le inevitabili trasformazioni ambientali e culturali che ha subito. A questo proposito si indica ai commissari, il tracciato dell'elettrodotto a Kw 380 che nella prima proposta dell'ENEL, interessava proprio l'alta valle dell'Anapo, attraversando il territorio compreso fra i due centri abitati di Palazzolo e Buscemi; tale invasiva opera in atto è stata riprogettata proprio allo scopo di salvaguardare il paesaggio dell'area oggi in esame. I membri della commissione convengono sull'assoluta necessità ed urgenza dell'imposizione del vincolo. Ci si sposta, quindi, ai margini della zona archeologica di Akrai e proseguendosi arriva a Buscemi, dove si ha modo, tra l'altro, di visitare l'"unicum" botanico rappresentato da un esemplare di Bagolaro che campeggia imponente in pieno centro cittadino. Si continua il percorso costeggiando il fiume Calcinara, che rappresenta quasi un limite naturale del vincolo. L'area, compresa fra Buccheri e monte S. Venere, è di origine vulcanica; spiega il geologo Mamo che circa quindici milioni di anni fa la zona era interessata da effusioni sottomarine, come è testimoniato dalla presenza di lave a "cuscino", la cui forma è dovuta al fatto che le lave risalivano in superficie in ambiente subacqueo, attraverso fratture del terreno e giunte in superficie, a causa della differenza di temperatura, costituivano nuclei che erano caratterizzati da "desquamazione cipollare". Continuando il percorso si giunge in zona Contessa, nei pressi di Buccheri, a margine della balza che delimita l'altro lato della valle. Alla vista di un paesaggio così bello e spettacolare il presidente della commissione dichiara ancora più motivata la imposizione del vincolo e tutti sono coralmente d'accordo con lui. Sul posto si può ammirare la presenza di alcuni esemplari di rapaci che nidificano nella zona di alcune essenze arboree particolari. Come illustra la dott.ssa Trigilia, si tratta di agrifogli e querce, essenze di tipo autoctono della macchia mediterranea che si sono sviluppate proprio grazie all'azione pioniera garantita dalle colture forestali impiantate da una ventina di anni, dall'Azienda regionale delle foreste nella zona, costituita da pini e abeti. Attraverso la zona delle "Neviere" di Buccheri, che, costruite in pietre a secco di forma quadrata o circolare, costituiscono un esemplare unico di architettura nel Mediterraneo, per una strada tortuosa, da dove si ammira un paesaggio esaltante, si scende verso contrada Cuffari, dove si trova la fonte dell'Anapo. Il punto da cui si diparte il fiume Anapo è proprio sotto monte Lauro e lungo il crinale del monte corre il limite del vincolo, altro limite del vincolo è il monte Erbesso, antico terrazzo di abrasione marina, che in parte delimita naturalmente la valle. Costeggiando, poi, il torrente Calcinara, affluente dell'Anapo, percorrendo una zona paesaggisticamente molto suggestiva, e che in quanto tale non poteva non essere inclusa nel vincolo, si giunge a Cassaro, unico centro abitato che, come risulta dal verbale di riunione della commissione del 30 giugno 1996, si vuole includere nel perimetro del vincolo. Visitando il centro urbano, si nota come negli ultimi anni Cassaro abbia subito una notevole trasformazione edilizia, che attraverso le demolizioni e ricostruzioni ex novo di intere unità edilizie, ha modificato buona parte del tessuto urbano antico. Ed un esempio di ciò si ha modo di osservarlo in atto, infatti in un angolo della via principale, quasi prospicente sulla piazza della chiesa Madre di S. Pietro, è stato demolito un fabbricato, certamente per essere ricostruito in maniera più moderna. L'arch. Santalucia, arrivati al bordo urbano, fa ammirare la presenza degli orti che si sviluppano attorno al paese, infatti Cassaro è uno dei pochi paesi della provincia che ha conservato gli "orti di margine" o suburbani. Egli fa rilevare che l'inclusione di Cassaro nel vincolo ha la funzione di indirizzare l'urbanistica del centro, proprio per evitare che ai bordi del paese, dove adesso insistono quegli orti, magari vengano costruiti edifici a più piani. Si vuole, cioè, evitare che venga stravolto l'impianto settecentesco del centro, con gli allineamenti del grigliato spagnolo, vicino a cui sono nate le prime case che hanno eliminato il senso degli allineamenti. Inoltre poiché la popolazione del paese non è cresciuta rispetto al momento dell'impianto urbano nel settecento, anzi è diminuita, non si giustifica questa esigenza di espansione che, anzi, si deve cercare di arginare, magari attraverso un'azione di indirizzo urbanistico del P.R.G., prima che questo venga trasmesso al Consiglio regionale urbanistica (C.R.U.) per l'approvazione. Continuando il giro si arriva a Ferla attraversando la zona da includere nel vincolo, il cui limite si attesta proprio a margine delle case, e si prosegue attraverso la riserva naturale dell'Anapo, nel suo tratto mediano. Da qui percorrendo l'ex tracciato della ferrovia che costeggia il fiume, da dove si ammira uno dei siti naturali meglio conservati e paesaggisticamente più coinvolgenti, si arriva quindi, a Case Specchi, "rifugio" dell'Ispettorato forestale, dove la commissione ha la possibilità di fare sosta, anche per fare il punto della situazione. Viene presa in esame innanzitutto la situazione di Cassaro e la commissione conviene sull'opportunità di inserire Cassaro nel perimetro del vincolo per i motivi già esposti. A tal proposito il presidente fa rilevare che sarebbe utile acquisire maggiori dati, relativamente al piano regolatore da inserire nel vincolo, per poi trasmettere il vincolo stesso al CRU che ne potrà tenere conto in sede di discussione del P.R.G. Si dà, quindi, lettura della relazione preparata dall'arch. Cancemi su Cassaro, dalla quale si evince che ci fu la volontà di non mantenere l'impianto precedente dopo il terremoto del 1693, e di ricostruire il paese su altro sito. Il prof. Russo aggiunge che per Cassaro è ancora in corso l'indagine per accertare se questo spostamento, a seguito di processo, avvenne per volontà popolare o del potere centrale. Il presidente dispone che tale relazione venga acquisita agli atti ed invita la commissione a passare all'esame della posizione delle Cave di estrazione esistenti in territorio di Cassaro e a valutarne la presenza nell'ambito del vincolo. L'ing. Maltese esprime la preoccupazione che, qualora l'area delle cave venisse inclusa nel perimetro del vincolo, nel 2002, data di scadenza dell'autorizzazione, le stesse sarebbero costrette a chiudere, in quanto non verrebbe rinnovata l'autorizzazione. Si chiarisce all'ing. Maltese che, comunque, anche in presenza del vincolo, se l'impianto non ha esaurito le potenzialità produttive per le quali era stato autorizzato, si può chiedere una proroga fino a che la produzione stessa non sarà esaurita, e che, in ogni caso, l'area, a prescindere dal fatto che venga inserita nel perimetro del vincolo paesaggistico della valle dell'Anapo, è sottoposta già a vincolo ai sensi della legge Galasso (legge n. 431/85), in quanto si trova tra i due bracci del fiume. L'ing. Maltese fa rilevare che una parte dell'area delle cave si sviluppa oltre il limite del vincolo dei 150 metri operante ai sensi della legge n. 431/85 e che, quindi, sarebbe opportuno fare una delimitazione molto precisa del vincolo paesaggistico in questa zona. Il presidente dott. Voza, per comporre le divergenze di opinione, propone di fare un dettagliato sopralluogo nella zona in questione, perché la commissione possa rendersi conto "de visu" della dislocazione dell'area e meglio valutarne il peso che, nell'ambito delle valenze paesaggistiche, bisogna attribuire alla stessa. Considerando che si prevede che in giornata non si riesca ad effettuare il sopralluogo nell'area delle cave e completare la visita dell'alta valle dell'Anapo, il presidente, alle ore 16,00, d'accordo con i membri della commissione, rinvia il seguito del sopralluogo dell'area da vincolare ad un giorno della settimana successiva. Quindi, si fa ritorno a Siracusa. Alle ore 17.00 il presidente congeda i membri della commissione ed i funzionari della Soprintendenza di Siracusa che hanno partecipato al sopralluogo. COMMISSIONE PROVINCIALE PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE DI SIRACUSA Verbale di sopralluogo della commissione BB.NN. di Siracusa in data 27 giugno 1996 nell'area dell'alta valle dell'Anapo, per la quale è stata fatta proposta Oggi 27 giugno 1996, alle ore 8,00 presso l'Ispettorato forestale di Siracusa in piazza S. Giovanni 7, a seguito di convocazione di sopralluogo da parte del presidente della commissione BB.NN. per la provincia di Siracusa, soprintendente dott. Giuseppe Voza, con telegramma prot. 10696/10697/10698/10699/Amm. del 15 giugno 1996 e successivo telegramma prot. 10858/10859/10860/10861/Amm. del 19 giugno 1996, si sono riuniti i seguenti membri della Commissione: - dott. Giuseppe Voza - presidente; Per effettuare ed ultimare il sopralluogo nell'area dell'alta valle dell'Anapo, in particolare in territorio di Cassaro dove sono ubicate le due cave, di estrazione e frantumazione di calcare, così come stabilito e come risulta dal verbale di sopralluogo della commissione in data 11 giugno 1996, effettuato nell'area per la quale è stato proposto il vincolo paesaggistico. Partecipano al sopralluogo anche i sottonotati dirigenti tecnici della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa per fornire alla commissione, ciascuno per quanto di sua competenza, chiarimenti, delucidazioni ed approfondimenti: - arch. Francesco Santalucia - direttore F.F. della sezione P.A.U.; Alle ore 8,30, a bordo di un pulmino messo a disposizione dell'Ispettorato forestale tutti i presenti, come sopra specificati, partono per il sopralluogo. Percorrendo la strada statale Floridia-Solarino-Ferla si arriva nell'area delle cave, in territorio del comune di Cassaro. Si passa a valutare, innanzi tutto, la posizione dell'impianto di frantumazione, in contrada Giardinelli; a seguito di attenta valutazione dei luoghi e di ubicazione della zona sulla mappa I.G.M. 1:25.000, si può rilevare che l'impianto di frantumazione con la cava annessa, denominata "Montegrosso-Italia", è fuori dal perimetro dell'area che si vuole sottoporre a tutela con il vincolo paesaggistico. Si prosegue, quindi, il percorso fino a raggiungere l'altra cava, denominata "Fontana del Signore - Italia". Ai fini di una corretta considerazione della presenza della cava nell'ambito del vincolo, il presidente della commissione chiede all'ing. Maltese, rappresentante del distretto minerario di Catania, di conoscere il piano di coltivazione della stessa, anche per valutare come si possa, alla scadenza dell'autorizzazione, nel 2002, risanare questo ambiente nella maniera più "naturale", considerato che è ben visibile anche da Palazzolo Acreide. L'ing. Maltese chiarisce alla commissione che, al momento in cui fa richiesta di autorizzazione all'esercizio della cava, la ditta presenta un progetto di massima, che viene sottoposto anche all'approvazione da parte della Soprintendenza, e annualmente, poi, presenta un piano di lavoro. Il controllo esercitato dal distretto minerario ha la funzione di vigilare affinché non venga superato il limite di estrazione autorizzato. Inoltre, l'ing. Maltese fa rilevare che il fronte di sviluppo della cava è orientato in senso opposto alla direzione in cui si trova il fiume, allontanandosi quindi dall'area vincolata ope legis, in quanto rientrante nei 150 metri previsti dalla legge n. 431/85, e che, pertanto, quest'area potrebbe essere esclusa dal vincolo. L'ing. Maltese fa anche notare la presenza, altrettanto visibile, di un insediamento zootecnico costituito da un allevamento di conigli, posto ad ovest nelle vicinanze in contrada Giambra. Il presidente precisa che per il predetto insediamento è stato attivato l'iter sanzionatorio ai sensi di legge, trattandosi di intervento non autorizzato. Il presidente prosegue affermando che l'inclusione di quest'area nel perimetro del vincolo è necessaria, proprio perché così si potrà esercitare sulla stessa un'azione di tutela, di controllo del territorio, dopo che la cava avrà cessato la sua attività. Cioè, spiega il dott. Voza, l'inclusione nel vincolo è finalizzato ad una successiva azione di recupero ambientale dell'area e ad un suo reinserimento armonico nell'ambiente circostante. A tal proposito si fa presente, e l'ing. Capodicasa concorda, che una buona armonizzazione di quest'area con l'ambiente circostante si potrebbe conseguire con un livellamento della quota più alta della cava, in modo da evitare la formazione di una barriera dal punto di vista visivo ed un rimodellamento del declivio mediante la realizzazione di gradoni o mediante una ondulazione del terreno su cui impiantare essenze arboree. Ma tutto questo è possibile solo inserendo l'area nel perimetro del vincolo, in maniera tale che la Soprintendenza possa intervenire nell'area nell'esercizio dell'azione di indirizzo e di tutela che è di sua competenza. Il presidente, a tal fine, si informa con l'ing. Turibio per conoscere se in quest'area sono previsti, da parte dell'Ispettorato forestale, progetti di forestazione e questi assicura che sia l'Anapo che i suoi affluenti sono interessati a progetti di riforestazione. A conclusione del sopralluogo, - considerato che il fronte di coltivazione della cava si estenderà in senso nord-est per circa 180 metri e lateralmente per circa 80 metri ancora, secondo il limite di coltivazione, essendo una cava a termine, anche per la conformazione naturale del terreno; - considerato che, dal sopralluogo e dalla verifica sulla planimetria in cui è indicato il limite di coltivazione della cava, risulta che molto probabilmente la cava nel 2002, data di scadenza dell'autorizzazione, non avrà esaurito le potenzialità estrattive autorizzate, per cui potrà continuare ad operare, in regime di proroga; - considerato che, ai fini di un futuro recupero ambientale dell'area, è auspicabile il suo inserimento nell'ambito del vincolo; - la commissione ritiene doveroso, fatte tutte le opportune valutazioni, inserire anche l'area nel perimetro del vincolo paesaggistico dell'alta valle dell'Anapo. Ultimato il sopralluogo, si fa ritorno a Siracusa. Il presidente, alle ore 11,30, saluta i membri della commissione ed i funzionari della Soprintendenza intervenuti al sopralluogo. COMMISSIONE PROVINCIALE PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE DI SIRACUSA Riapertura verbale della commissione provinciale BB.NN.PP. di Siracusa redatto nella seduta del 18 aprile 1996 e ripreso L'anno millenovecentonovantasei il giorno 7 del mese di ottobre, alle ore 9,30 si è riunita in prima convocazione nei locali della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa, sita in piazza Duomo n. 14, la commissione BB.NN. di Siracusa nominata con decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 parzialmente rettificato con decreto assessoriale n. 6365 del 12 maggio 1995, così come ricostituita per il quadriennio 1995-99, convocata dal presidente dott. Giuseppe Voza con nota racc. n. di prot. 15259/Amm. del 19 settembre 1996, inviata a ciascuno dei componenti della commissione. Sono intervenuti alla riunione i seguenti componenti la commissione: 1) dott. prof. Giuseppe Voza - Soprintendente per i beni culturali ed ambientali pro-tempore della circoscrizione di Siracusa - presidente; Assistono alla riunione, nella sua prima fase, i seguenti dirigenti tecnici in servizio presso la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch. Francesco Santalucia - direttore F.F. della Sezione P.A.U.; dott.ssa A. Trigilia, arch. S. Cancemi, Dott. A. Mamo - dirigenti tecnici della medesima sezione, per eventuali chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere chiesti dalla commissione. Il presidente dichiara aperta la seduta invitando la commissione all'esame dell'ordine del giorno che, al primo punto, prevede la delibera di approvazione del vincolo relativo all'alta valle dell'Anapo, la cui proposta è stata ampiamente dibattuta nelle precedenti sedute della commissione, nonché verificata attraverso le visite di sopralluogo in data 11 e 27 del mese di giugno 1996. Il presidente, prima di procedere alla delibera, dà lettura delle relazioni tecniche che costituiscono il presupposto per la proposta di emanazione del presente vincolo e sono parte integrante del presente verbale. Copia di esse verrà anche depositata presso gli uffici della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, per l'eventuale consultazione da parte di coloro che ne abbiano interesse. Inquadramento geografico regionale e locale Le cave costituiscono il tramite tra la cultura della costa e quella delle montagne e sono nello stesso tempo margine e confine. Anche storicamente due culture si sono confrontate in questo territorio: quella rupestre, sopravvissuta all'invasione greca e mantenutasi sino ad oggi in alcune forme di insediamento; quella costiera, riccamente articolata nelle numerose colonie e nella varietà di forme insediative. Il massiccio ibleo ne risulta quindi delimitato come area che non è costa nè cave; la predominanza dei valori storici, ambientali e culturali delle due altre aree che compongono la regione sud orientale della Sicilia, ha fatto a lungo perdere di vista i caratteri propri dell'altopiano tabulare. Il riconoscimento di questa identità, espressa nei valori formali del reticolo dei muri delle chiuse dei pascoli e degli spietramenti, dall'edilizia realizzata con muri a secco, dal paesaggio dell'olivo e del carrubo e del pino d'aleppo, qui in gran parte endemico, del paesaggio umano delle grandi distanze, dei paesi nascosti dietro creste o entro valloni, costituisce la radice e il senso della individuazione dell'area, all'interno di un vero "parco degli Iblei". (1) La configurazione di questo territorio spicca per un insieme di elementi geografici fortemente caratterizzati: la costa è intieramente disegnata, attorno al massiccio ibleo, da siti fortemente prominenti e da anditi fortemente ridossati; i promontori o le isole si alternano alle grandiose insenature di cui il porto megarese e quello Xifonio ad Augusta, il porto piccolo ed il porto grande a Siracusa, Vendicari più a sud, Augusta, Ortigia, il Plemmirion, rappresentano gli elementi fisici più significativi. Questa particolare configurazione si ribalta all'interno con la conformazione a terrazze del sistema ibleo, solcato dalle cave, profonde e nascoste che si oppongono alla solarità dell'altopiano. Il corso e l'intero bacino dell'Anapo La superficie interrotta dalle piccole corrugazioni dei muri delle chiuse ed all'improvviso spezzata nelle cave, racchiude il patrimonio delle due culture; la fascia costiera, parte integrante di tale patrimonio, margine tra lo stesso ammasso dell'altopiano e il mare, luogo della trasformazione della roccia in sabbia, possiede una straordinaria articolazione morfologica che ne ha determinato la ricchezza di ambienti e di forme dell'insediamento, è oggetto di ampia tutela nonostante gli scempi perpetrati negli anni 60 e 70; il pedemonte ha visto modificarsi le forme dell'insediamento che dalle forme drammatiche delle cave e delle creste si è man mano evoluto in forme più stabili e distese, ma perde man mano le ragioni del proprio esistere, privo di immediati riscontri economici ed assiste ad un lento polarizzarsi della popolazione e delle attività verso pochi centri, una volta interrotta la capacità di attrazione di Siracusa. Le ragioni di una permanenza nei centri minori e di possibilità di accesso ad una vita sicura e a livelli di socialità che queste regioni non hanno conosciuto ed hanno perduto prima ancora di sperimentarla, risiedono forse nelle forme di tutela dell'unico patrimonio oggi costituito dall'identità iblea, espresso anche in aree ed oggetti materiali, monumenti naturali ed artificiali e in quelle linee che attraverso i secoli ne hanno costituito la continuità e rispettato le risorse, accrescendone la dote di cultura. I caratteri originali e la stratificazione antropica La valle dell'Anapo costituisce all'interno del sistema Ibleo una unità ben definita, determinata da particolari processi antropici, che hanno trovato in quell'asta fluviale una collocazione e uno sviluppo, una concentrazione particolare. La valle dell'Anapo è il luogo dei culti e nello stesso tempo la cultura in esso sviluppatasi è quella del culto dei luoghi. Rifugio delle genti sicule scacciate dall'invasione dei popoli ellenici, probabilmente fu interessata già da scambi culturali con i popoli del mediterraneo, micenei, prima della colonizzazione greca (2). Ciò che in altre regioni della Sicilia si attesta attorno ai grandi santuari collocati sulle montagne, caratteristiche della fascia settentrionale come Erice, Scopello, monte Gallo, monte Pellegrino, monte Cofano, Cefalù sino a Gioiosa la guardia, è qui esteso all'interno dell'intiera vallata. Gli insediamenti umani sono caratterizzati da un oscillare tra la cresta del monte e le sue pendici, senza allontanarsi dal sito originale, salvo i casi di drammatici abbandoni. Le grotte e le cave sono anche rifugio, officina, sepolcro, chiesa e l'acqua, che scorre abbondante nella valle, attesta la ragione di tali insediamenti legati alle risorse energetiche del fiume e del bosco al trasporto, alla poca agricoltura che si può svolgere con difficoltà sui terrazzamenti che dovettero essere antichi, al cibo che si trova nel fiume. Agli insediamenti rupestri, che hanno nell'Anapo una propria epopea ininterrotta dalla preistoria ad oggi, si alternano insediamenti sommitali di vaste proporzioni come a Pantalica, ad Erbesso ad Akrai per non citare gli insediamenti minori. L'intiero territorio appare, ad una lettura diacronica come completamente occupato da una estesa organizzazione che alterna luoghi di culto all'abitazione, all'officina alle necropoli, con strade di collegamento spesso incassate nella roccia, difese e nascoste, come gli accessi a Pantalica, dove una architettura militare assai antica raggiunge eccezionali risultati sia nelle opere di fortificazione dell'isola abitata, sia nella struttura sommitale, (palazzo castello ?). Altro carattere hanno gli insediamenti greci, dotati di spazi pubblici collettivi, dedicati alla cultura ampie vie processionali, teatri, senati come il bouleuterion di Akrai. Un lungo medioevo ricacciò forse le popolazioni più antiche superstiti e quelle greche in insediamenti ristretti ed isolati, spesso preda di razzie concluse dalla conquista musulmana: non si trovano qui tracce evidenti delle colture agricole come la manna, mentre abbondano i toponimi nella radice busul, bufal, rahal relativi certamente ad insediamenti agricoli; mancano Kasr, gebel e fawarah, del bacino dell'Anapo vari feudi riportano il toponimo bufalefi, bufalemi. Normanni e svevi dedicarono maggiore attenzione al controllo e al ripopolamento della costa, mostrando come evidentemente, la precedente condizione di insicurezza aveva portato allo spopolamento della costa; a Federico II si intestano numerose fondazioni urbane e il mantenimento dei casali e delle possenti attività economiche legate all'allevamento dei pesci, alla produzione del sale, all'uso delle paludi per la produzione di torba ecc. ma la collocazione di certi castelli o palazzi fa pensare ad una attenta politica di controllo delle foci di quei fiumi che erano la via di accesso all'interno, l'Anapo appunto. Il lungo periodo dell'età di mezzo sembra come cancellato nella memoria collettiva, dal terremoto del 1693; solo oggi ricompaiono certi segnali di una presenza nobiliare che interessa fortemente i centri degli Iblei, si ricostruisce una storia di infeudazioni, baronie, lasciti, acquisti, espropri legata alle città baronali che quelle demaniali sono qui rare. Il terremoto del 1693 costituisce e provoca una spinta alla trasformazione del territorio che interessa più i modi di organizzazione della città, sia fisica che politica che non l'insediamento agricolo, che sarà stato oltre tutto più profondamente danneggiato proprio per la minore qualità della costruzione agricola anche se padronale. Ma di tali situazioni restano scarsi segnali: la cronaca e la storia si interessano dei grandi fatti urbani spiegando con il numero dei morti i processi di trasformazione, attuatisi invece grazie alla frattura e alla crisi indotta dal terremoto. Il sisma scatena il contrasto tra le forze conservatrici e quelle innovatrici, favorisce la speculazione edilizia, provocando la trasformazione generale dei tessuti urbani. E' però anche l'epoca dell'oblio del passato in cui si perdono le tracce della struttura urbana antica dell'agricoltura specializzata che viene sostituita da sistemi colturali estensivi necessari a produrre grandi quantità di un unico genere alimentare, utile a sfamare masse di popolazione sempre più numerose e diseredate. I fenomeni sono qui non diversi da quelli che interessano in generale il mezzogiorno, causati dalla marginalità e dal mancato compimento della modernizzazione della economia mercantile. I processi che portano alla creazione delle prime fabbriche per la trasformazione dei prodotti alimentari e alla creazione della necessaria struttura di supporto di officine ecc. non interessano l'interno dove si mantiene l'allevamento, caratterizzato dall'adozione sempre più specifica di ovini e bovini a bassa necessità nutrizionale e a ridotta resa; di scelte agricole estensive che distruggono la copertura boschiva naturale e quella produttiva del carrubo. Questi processi permangono sino ai giorni presenti con l'abbandono progressivo dei centri urbani, non più legati se non a fenomeni di sussistenza e sopravvivenza e del territorio in cui la struttura agricola si degrada sempre più provocando la distruzione delle pendici. I dati stessi delle attività preminenti dimostrano per larga parte una economia di sussistenza legata ai sussidi (a Buscemi il 38,2% della popolazione), mentre il 7,9% è impiegata e solo il 3,4% salariata. Penalizzati dalla grande distanza dalle vie del traffico turistico, non hanno avuto nè il tempo nè le risorse per costituire man mano una struttura ricettiva minima ma di qualità nè attrattive che non siano limitate alla festa patronale o manifestazioni estive. Non esiste quindi alternativa alla conservazione se non nel consumo progressivo delle risorse e del patrimonio, che, solo permette piccoli investimenti delle rimesse, della assistenza e dei sussidi. E' così che il carattere originario di luogo dei culti si è perso anche nel processo di attrazione verso i poli industriali della costa e che al momento del crollo di questi il ritorno al centro interno si è rivelato difficile se non impossibile; nel corso della espansione industriale questo territorio ha anche espresso una classe politica e amministrativa che ha assunto ruoli rilevanti a livello regionale, ma i processi attuali hanno ridotto la formazione di nuove elitès dirigenti, nonostante la facilità di accesso agli studi universitari: si risente la mancata infrastrutturazione dell'istruzione, con scuole basate sul precariato, assenza di biblioteche e circoli, crollo degli antichi istituti di istruzione religiosa. Il patrimonio di intellettuali legati specificatamente alla cultura della valle dell'Anapo, si è così perso senza rinnovarsi. (1) Qui la connotazione del parco deve intendersi come ricerca di identità e di storia e non come esclusione; come sul piano operativo, ricerca di elementi e di linee di sviluppo che permettano di non distruggere tale identità, di preservare entro una cornice, biotopi ed ambienti di pregio, sino ad ora poco riconosciuti, di escludere azioni che si rilevino nel tempo, tali da distruggere le linee di crescita naturali e tradizionali. La proposizione di una simile volontà nasce dall'espressione che le stesse amministrazioni comunali hanno affermato, riconoscendo la necessità di ritrovare, riaffermare e rappresentare all'esterno, i caratteri comuni, il patrimonio naturale e storico, alla ricerca di ragioni di identificazione comune e di unità di azione. (2) vedi L.B. Brea "Il crepuscolo di re hyblon" in "La parola del passato" - fascicolo CXX Napoli 1968. I processi in corso Il territorio è oggi caratterizzato da una scarsissima dinamica. Gli Iblei in generale sono stati negli ultimi anni caratterizzati dai lenti processi di abbandono della campagna e dei centri minori; la valle dell'Anapo non è sfuggita a tale carattere ma a ben guardare non è possibile generalizzare questa osservazione. Accanto a fenomeni di abbandono come a Buscemi, Cassaro, Ferla, vi sono centri di ripopolamento come Palazzolo che costituiscono anche centri di attività turistiche limitate ma in sviluppo, oltre che centri culturali di notevole fermento; vi è un abbandono di certe aree agricole ma il concentrarsi di investimenti e insediamenti in altre aree o in piccoli borghi; sono sorte strutture inutili o sovradimensionate ma anche piccole strutture di agricoltura biologica e naturale, di agriturismo; si è sviluppata una coscienza ambientale che ha permesso la creazione e lo sviluppo di un'area di riserva di grandi dimensioni, di eccezionale consistenza e valore, attrezzata e capace di offrire occasioni di lavoro e di accoglienza, essendo ormai conosciuta ben al di fuori del confine provinciale. In questo senso la rinascita del territorio o la conservazione di valori eccezionali, naturali e paesistici si è concentrata in due grandi incisioni, l'Anapo e il Cassibile e in una fascia costiera, Vendicari che costituiscono modello e museo dell'assetto corretto del territorio. La riserva dell'Anapo e di Pantalica costituisce poi anche il prototipo di quel confronto tra struttura ambientale, paesistica e storica del territorio che con altre valenze si affronta in città come Siracusa. Linee di tendenza e possibili scenari L'area iblea è rimasta caratterizzata da una assenza di pianificazione urbanistica con la redazione dei piani territoriali di coordinamento, con l'assenza del piano di sviluppo economico e di programmazione della provincia di Siracusa e con una gravissima carenza di pianificazione urbanistica locale. Quest'area ha pesantemente pagato anche lo scotto di una separazione in due provincie assolutamente immotivata dal punto di vista geo-antropico. La creazione di due centri capoluogo di provincia a scapito di alcuni centri di notevole peso amministrativo, storico ed economico, come Noto e Modica, ha poi squilibrato la dislocazione umana e degli interessi. Solo recentemente un processo di reidentificazione delle comunità dell'interno attraverso alcuni fenomeni associativi come l'Associazione per la proposta del parco degli Iblei, come l'U.T.R.A.S. (Unità territoriale di recupero ambientale e storico-culturale) del bacino canicattinese, permette di intravedere la prospettiva di uno sviluppo autocentrato. La pianificazione paesaggistica regionale, in corso di emanazione, riconosce nell'area caratteri unitari separando solo la fascia costiera in ragione dei processi di aggressione-trasformazione già accaduti e possibili. La precedente pianificazione di tutela ha già individuato nell'Anapo una unità territoriale estesa, morfologicamente unitaria, tutelata alla foce nel vincolo del porto grande, delle saline e del Ciane, costituenti anche riserva naturale orientata; nel corso medio con il vincolo dei monti Climiti e della media valle dell'Anapo, nel corso alto con il vincolo di Pantalica, con la riserva naturale orientata e con la tutela paesaggistica dell'alta media valle. Ragioni e urgenza della tutela Vi è però una evidente controtendenza rappresentata da ipotesi di urbanizzazione presenti nelle proposte di P.R.G. di Buscemi, Ferla e Cassaro, in parte già rigettate dallo stesso sistemi di comunicazione sicuramente sovradimensionati come la strada provinciale mare-monti, le cui opere faraoniche sfigurano a tratti il paesaggio dell'Anapo, (vedi muri sotto la rocca di Palazzolo, viadotto sull'Anapo alla base del ventaglio morenico delle sorgenti, progetto della strada Poi-Giarratana; ed ancora i progetti di elettrificazione di altissima tensione che avrebbero dovuto percorrere l'intiera valle, sfigurandone il profilo e l'assetto ancora unitario). Più minutamente vi è una tendenza a sfigurare i centri urbani minori ancora unitariamente intessuti, con la sistematica sostituzione edilizia all'interno e con la costruzione di bordo, secondo modelli di periferia urbana settentrionali, e con dimensioni ed estensioni che fanno ben presagire come la popolazione stia abbandonando il centro tradizionale per nuovi modelli di insediamento che non si staccano però dall'aggregato centrale che costituisce comunque il riferimento amministrativo, sociale, culturale, familiare, (spesso quest'ultimo caratterizzato dalla permanenza nei bassi di genitori o parenti anziani). Le finalità della tutela dovranno essere caratterizzate dal riconoscimento del valore culturale della stratificazione antropica di caratteri originali i cui segni sono frequenti nel territorio anche se non sempre riconoscibili nelle loro caratteristiche e nelle loro relazioni e valenze; l'impossibilità di incidere sui processi economici deve spingere però alla conservazione di questi segni anche oltre il loro significato funzionale come semantica costituente in definitiva una risorsa futura di ordine e di progetto del territorio. Il rispetto dei materiali e delle forme, la valorizzazione del patrimonio ambientale e naturalistico, la conservazione del patrimonio monumentale, artistico e documentario, elementi che costituiscono il paesaggio dei segni materiali e dei significati immateriali, deve indirizzare verso scelte di sviluppo e crescita che assegnino un diverso valore alla centralità della cultura; i centri urbani potranno indirizzare la crescita sia nella conservazione del patrimonio edilizio tradizionale, sia verso la creazione di infrastrutture, oggi assenti, di nuova collocazione, integrando la ridottissima strutturazione dei servizi, creando ampie aree di distacco tra espansione e vecchio centro ed adottando tipologie edilizie adatte al paesaggio, quindi meno ingombranti, morfologie dove possibile che siano evoluzione della morfologia esistente per non spezzare la continuità tra vecchio e nuovo, soprattutto nei centri minori, incentrando su queste scelte la infrastrutturazione capace di offrire risorse ed occasioni che non sono state realizzate nel corso del precedente ventennio. La scelta della creazione di aree urbane esterne al perimetro inteso come fatto paesaggistico, dedicate soprattutto a quelle strutture irrealizzabili nel patrimonio edilizio esistente e alla integrazione residenziale, dovrà essere il presupposto di ipotesi di crescita turistica dedicata non ai grandi flussi, captati dalle fasce costiere che offrono un obiettivo servizio e che posseggono maggiori attrattive immediate. Il paesaggio della "villeggiatura" o l'esperienza dei paesi albergo capaci di offrire una qualità del soggiorno superiore a qualsiasi altra allocazione, dovrà integrarsi nello sviluppo delle economie locali, entro le quali le trasformazioni, colturali, infrastrutturali, residenziali, acquisteranno una misura ed un significato diverso. Analisi di paesaggio COMUNI DI BUCCHERI, BUSCEMI, CASSARO, FERLA Vincoli di tutela del patrimonio Sottoporre a vincolo paesaggistico l'alta valle dell'Anapo, significa riconoscere in quanto valori collettivi di interesse pubblico, gli elementi culturali e naturali presenti nel territorio compreso dal suo bacino idrografico. L'intero corso del fiume ed i suoi affluenti principali e secondari risultano già sottoposti a vincolo ope-legis, per gli effetti della legge n. 431/85, per una superficie pari a m. 150 dalle sponde; il tratto mediano, è dichiarato area di notevole interesse naturalistico, ai sensi della legge regionale n. 14/88 sulle riserve naturali regionali, in attesa di decreto, nonché proprietà demaniale dell'Azienda regionale delle foreste; il tratto comprendente la necropoli di Pantalica, risulta inoltre sottoposto sia a vincolo archeologico che paesaggistico ai sensi delle normative n. 1497/39 e n. 1089/39; la sua foce, risulta assoggettata al vincolo paesaggistico del porto grande di Siracusa, di cui al decreto assessoriale del 1988. A proseguimento degli atti di tutela fin qui espressi ed a conferma dell'unitarietà dei valori storici, culturali, archeologici, geologici e naturalistici rappresentati nella valle, appare necessario ed urgente completare la tutela del territorio sotteso al bacino del fiume. Il paesaggio L'Anapo, coprendo una superficie di bacino pari a Kmq. 180 ed una lunghezza pari a Km. 52, per la sua notevole disponibilità idrica, è stato da sempre influenzato dalla presenza antropica, sia per la derivazione delle sue acque, che, per l'utilizzazione dei fertili suoli alluvionali per scopi agricoli, fattore questo, che ha portato a sostanziali alterazioni nella originaria vegetazione ripariale. La captazione delle sorgenti, la costruzione di bacini artificiali, la canalizzazione dei suoi affluenti, le trivellazioni incontrollate della falda, hanno causato la riduzione delle sue portate medie ed estive; l'immissione a tutt'oggi prorogata delle acque reflue di almeno cinque centri urbani limitrofi, comporta il progressivo inquinamento e degrado specialmente nel tratto finale del fiume, in corrispondenza della pianura di Siracusa. Rispetto al panorama montano delle colline della Sicilia interna, il massiccio ibleo, appare distaccarsi, caratterizzando "la regione nella regione" dove si trova Pantalica. Pur essendo composto da calcari simili agli altri rilievi dell'isola, questa tipica conformazione lievemente inclinata, quasi orizzontale, conferisce al rilievo una più marcata dolcezza. Tale superficie viene tipicizzata ulteriormente per la presenza di un'infinita serie di geometrie costruite da antichi muretti divisori costruiti dalle fatiche secolari dei contadini iblei. In stridente opposizione all'armonia di questa superficie, si susseguono le tantissime valli dai pendii tali da assumere l'aspetto di vari e propri canyons, definite cave. I millenni hanno profondamente scavato queste valli costituendo dei veri e propri drenaggi che contribuiscono a rendere stabile l'agricoltura in asciutto delle balze iblee, caratterizzate soprattutto dalle colture cerealicole, ma anche arboricole, quali l'olivo e il mandorlo. Nell'ottica di un bilancio ecologico generale, le cave costituiscono dunque, un grosso vantaggio per gli Iblei; infatti, oltre a consentire il drenaggio necessario per i terreni limitrofi, sono dei veri e propri serbatoi idrici perenni. E' la stessa natura calcarea degli Iblei che favorisce la penetrazione delle acque meteoriche attraverso gli strati superficiali fortemente permeabili. Le acque infatti, incontrando strati più compatti interrompono, in parte o totalmente, la loro penetrazione verticale e si incanalano in direzioni orizzontali, scivolando sugli strati di arresto, trovando spesso sfogo nelle cave, laddove la stratificazione naturale è stata profondamente intaccata dando luogo dunque, alle numerose sorgenti di acqua fresca che rendono l'ambiente lussureggiante di vegetazione sempre verde, oltre che contribuire alle risorse idriche dei centri urbani montani. La forte dotazione idrica, oltre a costituire una notevole attrazione per le civiltà che storicamente vi si insediarono, garantirono da sempre, l'agricoltura, oltre a creare altresì, una notevole copertura arbustiva e di conseguenza una ricca oasi di fauna selvatica. Le cave, quindi, costituirono e costituiscono degli ottimi ecosistemi storicizzati dalla presenza di vari insediamenti della civiltà siciliana. ASPETTI NATURALI DEL PAESAGGIO L'ecosistema Anapo Il notevole dinamismo proprio di un corso d'acqua e del suo ambiente circostante e le rapide trasformazioni antropiche, motivate dalla presenza dell'acqua, da sempre elemento essenziale insediamenti urbani, rendono estremamente precario il mantenimento di quei valori naturalistici, che invece vanno conservati, in quanto patrimonio relitto di un paesaggio storicamente diffuso sullo altopiano ibleo. I corsi d'acqua sono degli ecosistemi aperti, che scambiano continuamente materia ed energia, con il resto del bacino imbrifero di cui si possono considerare parte integrante. Le biocenosi dei corsi d'acqua, come quelle più prettamente terrestri, sono dominate dalla componente autotrofa, per la notevole biomassa presente, costituita essenzialmente dalla vegetazione ripariale e sommersa, caratterizzando in modo appariscente gli ambienti fluviali. L'elevato valore paesaggistico dell'Anapo è legato dunque alla presenza di specie vegetali molto peculiari che solo qui si rinvengono. In particolare è la vegetazione golenale, che se attentamente studiata, corrisponde a determinare i caratteri peculiari di un corso d'acqua. La presenza di acque correnti, per effetto della loro azione idrodinamica, condiziona una certa parte del territorio, detta appunta golena, considerata come il prodotto di questo dinamismo idrico di superficie, fisicamente compresa dalla zona di contatto con le acque correnti fino a dove l'ambiente non risente più delle piene massime del corso d'acqua. La vegetazione golenale sia arborea che arbustiva, periodicamente inondata, costituisce la ripisilva, che assume caratteri di peculiarità propri per ciascun corso d'acqua. Classificazione bioclimatica L'altopiano ibleo occupa l'estremo sud orientale della Sicilia, che culmina con il monte Lauro. Caratteristica di quest'area sono le cosiddette cave, rappresentate da strette e profonde valli fluviali, che si dipartono a raggiera dal suddetto monte. Dall'analisi dei dati climatici, si evince che, se la Sicilia risulta compresa nella fascia climatica del Mediterraneo, in base alla durata del periodo di aridità, Siracusa è classificabile nell'area climatica relativa alla fascia costiera dell'isola, presentando cinque mesi di aridità annui; in particolare è compresa nella fascia termometrica denominata Termomediterranea secca, secondo il sistema Rivas-Martines o secondo Daget, nella fascia sub-umido calda. Questa classificazione corrispondente alla fascia costiera del siracusano, non si adatta all'ambiente climatico dell'interno degli Iblei, in corrispondenza dell'area oggetto del vincolo, che si differenzia per essere compresa in una zona definita come Mesomediterranea sub-umida ed umida, per la presenza di precipitazioni superiori ai 600 mm. di pioggia annui. Rispetto poi alla rete idrografica, nell'altopiano ibleo i fiumi sono poco ramificati e decorrono radialmente alla vetta del monte Lauro, incassati in stretti valloni. Le portate di questi corsi d'acqua, tra i quali l'Anapo, sono piuttosto limitate, ma senza eccessive variazioni tra estate ed inverno. Tuttavia da rilevare è la portata minima assoluta relativamente alta dell'Anapo (0,31 mc./sec.) nonostante una modesta portata media, pari a 0,99 mc./sec. Il regime delle acque è comunque torrentizio, in quanto l'alimentazione oltre l'apporto della sorgente perenne, è dovuta principalmente alle piogge che si concentrano solitamente nel periodo invernale. Inoltre, la breve distanza tra l'origine e la fine delle cave è spesso causa di inondazioni. Sorgenti Le sorgenti ed il tratto iniziale dell'Anapo, mantengono ancora quei caratteri naturalistici, biogenetici e geomorfologici di notevole valenza paesaggistica, che attraverso l'apposizione del vincolo, s'intende tutelare. Le numerosissime sorgenti individuabili nella carta idrogeologica, pur non caratterizzate da notevoli portate, risultano captate per uso civile da una serie di acquedotti che approvvigionano i centri di Ferla, Cassaro, Palazzolo Acreide e Buscemi. Le sorgenti dell'alta valle dell'Anapo, si rinvengono sul monte Lauro e monte Contessa, e da esse si dipartono due acquedotti principali: il Guffari che alimenta il centro di Palazzolo Acreide (pari a circa 10 l/s, nel 1989 su 14 sorgenti) e l'acquedotto Maiorana che dalle falde di monte Contessa arriva a Buscemi (pari a circa 2 l/s). L'estrema suddivisione delle acque in numerose polle sorgentizie è causa di una dispersione delle stesse che infiltrandosi nel suolo agrario ed in generale nella porzione più superficiale del terreno, risultano interessate dall'evapotraspirazione. Tra le altri sorgenti vi sono: Bibbinello, Adifalca e Pubella (captate ad uso di Palazzolo), Fontana del Signore, (captata da Cassaro) S. Pietro e S. Calogero (captate da Buscemi), Buglia e S. Giorgio (captate da Cassaro) S. Giovanni, Grottale e Canalucci (captate da Ferla). Rilasci Il ritorno delle acque captate è dato al fiume attraverso i deflussi delle condotte fognarie. Questo ritorno si aggira intorno all'80% in uscita dai centri abitati di Cassaro, Ferla, Buscemi e Palazzolo Acreide. In particolare, mentre per Cassaro e Ferla, esistono condizioni di sufficiente capacità filtrante del ricettore, nel caso di Palazzolo e Buscemi, essendo i torrenti ricettori più incisi, l'apporto è più diretto. Tali apporti indiretti, in costante aumento nel tempo, influenzano negativamente l'equilibrio del fiume, danneggiando soprattutto in prospettiva di tempi lunghi, le biocenosi acquatiche presenti. A questo proposito, uno studio commissionato dall'ENEL nel 1991, ha tra l'altro eseguito mappaggio biologico del fiume Anapo, in prossimità della presa S. Nicola, che delimita l'omonimo invaso utilizzato a fini idroelettrici; le conclusioni dello studio, hanno evidenziato, che nell'arco di un solo anno di osservazione, che il fiume sta subendo una costante pressione da parte dell'attività antropica che si svolge nel suo bacino. Poiché le attività agricole e zootecniche presenti nella zona non sono intensive, le principali cause d'inquinamento derivano principalmente dalle acque di dilavamento delle discariche di rifiuti solidi urbani, soprattutto in periodo invernale. A fronte di questo dato, vi è comunque un quadro generale di ambiente fluviale ancora ben conservato, con un alveo non regimentato artificialmente, una vegetazione ripariale ben sviluppata, che alimenta gli scambi di energia e di materia con il fiume e con un substrato di trasporto, che crea una serie di microhabitat indispensabili per l'insediamento delle comunità microbentoniche. Ambiente dunque dalle grandi potenzialità, sia nell'ospitare organismi viventi, tra cui numerose specie terrestri animali e vegetali strettamente legate all'acqua per l'alimentazione o la riproduzione, sia nella capacità di tamponare sollecitazioni esterne. L'analisi svolta nel corso del 1990-91, ha rilevato una situazione latente, di forte inquinamento nel tratto medio-alto del fiume Anapo, imputabile ad una cattiva gestione territoriale, e che il potere autodepurante del fiume non è sufficiente, a migliorarne la classe di qualità. A tale proposito viene sottolineato e specificato l'alto valore ambientale costituito dal substrato a massi e ciottoli caratteristico del fiume, che garantisce la sopravvivenza delle comunità di invertebrati, fra i primi autori del processo di autodepurazione dei corsi d'acqua. La vegetazione La ripisilva dell'Anapo Dallo studio condotto dall'Università di Catania, a firma Brullo e Spampinato, (1990), si evince il seguente quadro sinottico della vegetazione in atto osservabile lungo l'Anapo: QUERCO-FAGETEA I boschi ripari, sebbene attualmente rari in Sicilia, si presentano nel complesso, ben tipizzati soprattutto se compresi all'interno di cave strette e profonde che hanno contribuito alla riduzione delle cause di trasformazione e degrado. La ripisilva è composta da alberi decidui ad alto fusto, legati alla presenza di suoli umidi quasi in tutto l'anno; si tratta di fanerofite estremamente specializzate, costituenti strette fasce di vegetazione sviluppantesi lungo le rive dei corsi d'acqua perenni. Le specie arboree ripali presenti sull'Anapo sono: - Salix pedicellata; Il denso ed intricato sottobosco presente è costituito da: - Rubus ulmifolius, Hypericum hircinum, Nerium oleander, Vitis vinifera, Hedera helix, Crategus monogina, Rubia perearina, Rosa sempervirens, Mirtus communis. Fra le specie erbacee si rinvengono: - Brachypodium sylvaticum, Carex pendula, Symphytum tuberosum, Equisetum ramosissimum, ecc. Questa vegetazione, localizzata su suoli alluvionali ciottolosi-limosi, in condizioni ottimali occupa una striscia larga mediamente 10-50 m. abbastanza continua lungo il corso dei fiumi. L'altezza dello strato arboreo raggiunge anche i 15 m. L'essenza caratterizzante il corso dello Anapo, è costituita dal Platano (Platanus orientalis), il cui areale gravita principalmente sui territori del Mediterraneo nord-orientale ed ha in Sicilia il suo limite occidentale. Dimostra maggiori affinità con il platano individuato nelle formazioni ripali descritte nei territori Mediterraneo orientali che non con quelle del Mediterraneo occidentale. In corrispondenza dell'alveo fluviale, nelle stazioni sommerse tutto l'anno o buona parte di esso, si impianta una tipica vegetazione igrofila erbacea, rappresentata in genere dalla presenza di Cyperetum longi. Nei tratti sempre sommersi è sostituita dall'Helosciadietum, abbastanza frequente, mentre nei tratti di basso fondale, la vegetazione sommersa rinvenuta è lo Zannichellietum palustris. La ripisilva è strettamente connessa con i caratteri geomorfoligici delle cosiddette cave, ossia ad ambienti fluviali con alvei localizzati sul fondo di valli più o meno profonde e strette. I bacini dei corsi d'acqua del sistema dell'Anapo, appartengono a questa categoria e sono caratterizzati da una certa pendenza, per cui prevale l'azione di erosione delle acque correnti sui processi di sedimentazione dei materiali trasportati. Queste valli assumendo il tipico aspetto a V, sono caratterizzate dallo ombreggiamento dei versanti e da abbondanza di acqua nel suolo, creando quindi, le condizioni microclimatiche nettamente più umide rispetto al territorio circostante, consentendo l'insediamento delle fitocenosi igrofile dei Populetalia albae. In questa situazione orografica, il bosco ripale occupa tutto lo spazio golenale fluviale, lasciando poco spazio ad altre fasce di vegetazione (allegato 1). QUERCETALIA ILICIS I boschi a Quercus ilex, rappresentano anch'essi, uno degli aspetti più tipici e peculiari fra quelli presenti nel bacino del Mediterraneo, in Sicilia poco diffusi e localizzati; formazioni relitte conservate in quanto ubicate in zone impervie e rocciose pertanto poco interessate da trasformazioni antropiche oppure perché presenti in stazioni montane quindi non idonee climaticamente allo sfruttamento agricolo. Rilevantissimo è comunque il ruolo rivestito dalle leccete nell'ambito del paesaggio naturale del territorio. La lecceta presente nel territorio compreso dal bacino imbrifero dell'Anapo, rilevata da Barbagallo (1979), è di tipo mesofilo circoscritta nelle fasce superiori delle incisioni fluviali, poiché non ascrivibile ad altre associazioni, il Barbagallo la inquadrò in una nuova associazione: Doronico Quercetum ilicis, comprendente le seguenti specie caratteristiche: Doronicum orientale, individuata prima solo a quote superiori ai 1.000 m. frequente nei faggeti dell'Italia meridionale e della Sicilia occidentale, nel siracusano è stata individuata a quote comprese fra i 300 ed i 700 m.; - Scutellaria rubicunda, endemismo circoscritto alla Sicilia; - Aristolochia longa var. microphilla, endemismo della Sicilia sud-orientale. Floristicamente si individua l'associazione Doronico-Quercetum ilicis, che in condizioni di elevata umidità edafica, prende contatto con il Platano-salicetum pedicellatae, ripisilva del Platanion orientale. Essendo la fascia vegetazionale prossima ai suoli occupati dalle attività antropiche, viene spesso distrutta, favorendo l'insediamento di una macchia molto peculiare, rappresentata dal Salvio-Phlomides fruticosae, alla quale successivamente si sostituisce, con il perdurare dei processi di degradazione, la prateria ad Ampelodesmos mauritanicus. Di grande rilievo è stata la scoperta di una associazione floristica, in precedenza nota solo per la Provenza, la Dalmazia e l'Appennino centro-meridionale, denominata Ostryo-Quercetum ilicis. Si localizza nei versanti settentrionali fluviali più ombreggiati e riparati, come le aree di compluvio, dove vi corrisponde una maggiore umidità edafica. A differenza delle altre leccete calcicole, è stata individuata Ostrya carpinifolia, rilevata da Bartolo, Brullo, Minissale e Spampinato, (1990), proprio nella valle dell'Anapo. Trattandosi di una formazione prettamente mesofila, è presente in condizioni di ottimali disponibilità idriche del suolo; la sua degradazione favorisce l'insediamento di aspetti del Pruno-rubion ulmifolii, che costituisce dei densi ed intricati arbusteti lianosi ai margini delle aree boschive. A causa della sua instabilità, questa associazione vegetale, necessita di un'attenta ricognizione e mantenimento del regime idrico dei suoli, per garantirne il suo mantenimento. Si riporta di seguito l'elenco dell'associazione floristica rilevata dagli autori sopracitati: Figura - [non disponibile, vedasi G.U.R.S. 4 luglio 1997, n. 33]. Figura 2.- Transect della vegetazione potenziale delle cave iblee (Sicilia sud-orientale): A) Doronico-Quercetum ilicis; B) Ostryo-Quercetum ilicis; C) Oleo-Quercetum virgilianae; D) Oleo-Euphorbietum dendroidis; E) Platano-Salicetum pedicellatae; F) Putorio-Micromerietum microphyllae. OSTRYO-QUERCETUM ILICIS Numero del rilievo 1 2 3 4 5 Quota (m.) 410 420 450 450 420 Superficie (mq.) 100 100 100 100 100 Copertura (%) 100 100 95 100 100 Inclinazione (°) 30 40 30 100 100 Esposizione N N N N NE Car.associazione Ostrya carpinifolia Scop. 2 1 3 2 1 Car. All. (Quercion ilicis) Ord. (Quercetalia ilicis) Cl. (Quercetea ilicis) Quercus ilex L. 5 5 4 5 5 Smilax aspera L. 3 2 2 3 1 Fraxinus ornus L. 2 2 2 2 2 Asparagus acutifolius L. 1 1 1 2 + Rubia peregrina L. 2 1 1 + 1 Ruscus aculeatus L. 2 2 1 + + Rhamnus alaternus L. + + + + + Coronilla emerus L. + + 1 Buplereum fruticosum 1 1 + Asplenium onopteris L. 1 2 + Pistacia lentiscus L. + + + Rosa sempervirens L. + + + Teucrium flavum L. + + + Tamus communis L. 2 1 Osyris alba L. 1 + Pistacia terebinthus L + + Phillyrea latifolia L. + + Euphorbia characias L. + + Viola dehnhardtii Ten. + Carex distachya Desf. + Clematis cirrhosa L. + Arisarum vulgare Targ. Tozz. + Altre specie Brachypodium sylvaticum (Hudson) B. 2 2 + + Hedera helix L. 1 2 + 1 Aristolochia sempervirens L. 1 + + Acanthus mollis L. 2 2 Dryopteris pallida Bory 1 + + + Sporadiche 3 3 1 6 (Ril. 1-6 valle dell'Anapo, Siracusa) Ai margini delle formazioni boschive più mesofile si rinviene una densa vegetazione arbustiva lianosa, caratterizzata dalla presenza di Rubus ulmifolius, normalmente associato a Clematis vitalba, Hedera helix, Calystegia sepium e Ficus carica. Altra associazione legata allo stillicidio di acqua dalle pareti umide e soggette spesso a disseccamento estivo, risulta caratterizzata da diverse briofite igrofile, che formano un tappeto più o meno continuo su cui si insedia Adiantum capillus veneris, che caratterizza il peculiare paesaggio delle pareti rocciose che affiancano il vecchio tracciato ferroviario della Siracusa-Pantalica. Tale associazione denominata Eucladio-Adianteum, particolarmente esigente, legata ad equilibri molto precari, è specie ad alto rischio perché il prosciugamento della falda freatica, ne causerebbe la rapida scomparsa. La flora Fra le specie localizzate in quest'area ci sono diversi endemismi tra i quali: Calendula suffruticosa Myosotis humilis, Urtica rupestris, Zelkova sicula. Uno degli endemismi più rari ed interessanti è rappresentato da Urtica rupestris, specie suffruticosa, appartenente alla paleoflora terziaria: si rifugia in stazioni di sottobosco umide e fresche, interessate di affioramenti calcarei, nelle leccete di Doronico-Quercetum. Altro endemismo di enorme importanza scientifica, è dato dal rinvenimento della Zelkova sicula, specie ritenuta ormai estinta; in questa proposta di vincolo, non si ritiene comunque di includere il sito ove è ubicata perché appartenente ad un altro sistema imbrifero. Esclusive di questo distretto sono pure specie a più ampia distribuzione: Salvia fruticosa, Sarcopoterium spinosum, Ferulago nodosa ecc. La gariga Nelle stazioni semirupestri che orlano il fiume Anapo ed i suoi affluenti, è spesso frequente una gariga ricca di Rosmarinus officinalis, Erica multiflora, Cistus criticus, Coronilla valentina; essa si differenzia dalle altre associazioni, segnalate nel Mediterraneo centrale, per la presenza di Helichrisum scadens. Il bosco di Ferla Nota anche come foresta Calcinara, si estende per 44 ha. circa su entrambi i versanti della cava percorsa da un ramo del fiume Calcinara, affluente dell'Anapo. L'area appartiene al comune di Sortino, che ne ha affidato la gestione all'Ispettorato forestale di Siracusa. Il fiume Calcinara nasce ad una quota prossima agli 800 m. s.l.m. in località Montagna, nelle vicinanze di Ferla. Si tratta di un piccolo corso d'acqua perenne, suddiviso nel tratto iniziale in due rami, uno dei quali, quello più a nord percorre la cava in oggetto. Caratteristica dei suoli della cava è di avere suoli bruni calcarei nel versante a nord, ed andosuoli, di origine vulcanica a sud. Lo studio condotto da Fichera, Furnari, Scelsi (1988) ha permesso di individuare che sul versante a nord, costituito da calcari miocenici, lo strato arboreo è costituito da Quercus ilex in prevalenza, costituente una lecceta a carattere mesofilo, tipica dell'associazione Doronico-Quercetum ilicis. Mentre nel versante esposto a sud, limitatamente alle aree con affioramenti calcarei, nella parte più bassa della cava, si rinviene una lecceta più termofila, con la presenza di Pistacia lentiscus, che costituisce gran parte dello strato arbustivo. Infatti si classifica questa associazione come Pistacio Quercetum ilicis. Nell'area occupata dalle vulcaniti, sempre nel versante sud, si ritrova una formazione vegetale ben differente da quella sopradescritta, caratterizzata da un bosco di querce caducifolie: Quercus virgiliana e Quercus amplifolia, spesso associata a Quercus ilex; ad esse si accompagnano numerose specie acidofile, costituendo nell'insieme una singolarità botanica. Inoltre la presenza di Mespilus germanica, conferisce rilevante importanza al sito, in quanto specie ormai molto rara, rinvenibile solo sui versanti più impervi di monte Lauro. Infine la presenza di Urtica rupestris, raro endemismo ibleo, aggiunge un'altra pecularietà di enorme interesse naturalistico, a questo bosco. Il fondo della cava percorso da un corso d'acqua perenne, presenta una vegetazione ripale con predominanza di Platanus orientalis e Salix pedicellata, accanto a Ficus carica, Popolus nigra, Popolus alba e Fraxinus oxycarpa. Il bosco di Ferla rappresenta dunque uno degli ambienti più interessanti di tutto il comprensorio ibleo, sia perché contiene associazioni vegetali ormai rare sia perché costituisce un ambiente relativamente integro; il maggiore rischio di degrado è rappresentato dal pascolo, che deve sicuramente vietarsi nell'area. Si propone per queste motivazioni, l'apposizione successiva del vincolo di bellezza individua per il bosco di Ferla. ASPETTI ANTROPICI DEL PAESAGGIO L 'agricoltura Mentre si consolidano nelle aree interne della Sicilia gli immensi latifondi che nemmeno le leggi dei primi dell'800 riescono a separare, per la ricomposizione dei poderi nelle mani di pochi proprietari terrieri della nuova classe borghese; nel siracusano non risulta esservi grande differenziazione tra grandi colture estensive quali cereali, pascoli ed intensive, quali ortive e vigne, poiché i feudi baronali ed ecclesiastici non raggiungono le grandi estensioni di quelli della Sicilia centrale ed occidentale. La forma di proprietà in genere più diffusa era l'enfiteusi o la mezzadria data ai contadini, che davano vita alle borgate, veri e propri centri agricoli, formati da piccole abitazioni da uno o due piani unite fra loro. Dal Balsamo, si apprende che nel 1808, la situazione fondiaria del siracusano era caratterizzata da una elevata distribuzione di proprietari, che coltivavano con grande cura le piccole proprietà. Rinomate nei censimenti borbonici, sono le maggiori produzioni delle aree collinari del siracusano, ossia grano, orzo, olio, vino, noci (Ferla) e ghiande (Sortino, Palazzolo, Cassaro). Intorno alla bassa falda degli Iblei, la razionale organizzazione di colture di mandorli e viti irrigue ha consentito anche l'insediamento di masserie più agili e diversificate. Tali attività produttive non risultavano però favorite dal sistema viario, che nel 1852, veniva differenziato tra strade fra "rotabili costrutte", "rotabili in costruzione" e strade "per cavalli e pedoni", riscontrandosi nella zona collinare solo quest'ultima tipologia, a testimonianza dell'arretratezza sociale ed economica in cui versavano le popolazioni, peraltro molto esigue numericamente (ad es. Cassaro contava 1.739 abitanti, Buscemi 3.093, Ferla 3.937 ecc.). Alla fine del 1880, una crisi agraria mondiale, che danneggiò soprattutto la Sicilia, provocando la diminuzione dei prezzi del grano, modificò l'indirizzo produttivo prevalente nella zona interna, a favore dell'incremento delle superfici occupate dalla viticoltura; questa venne però a sua volta, annientata dalla diffusione di una patologia allora sconosciuta, il cui agente, la fillossera, distrusse ogni produzione. Solo alla fine del secolo, con il trapianto della vite europea su quella americana, la viticoltura riprese a produrre redditi. La situazione odierna ha mantenuto diffuso l'indirizzo produttivo tipico delle zone collinari, ossia la frutticoltura asciutta senza intervento di mezzi meccanici, riscontrandosi nella valle, oliveti, mandorleti e vigneti oltre alla cerealicoltura; di pregio viene considerata la produzione di olio di Cassaro e Ferla. Laddove invece risultano eseguite trasformazioni fondiarie relative ad invasi per l'acqua di irrigazione sistemi automatici di irrigazione e lavorazioni meccanizzate, insistono coltivazioni intensive o semiintensive di agrumi e vite. Le foreste Consolidandone le pendici con essenze boschive opportune, si sarebbe ottenuta "la stabilizzazione della portata idrica dei torrenti che dal monte si dipartono" così si esprimeva il Gaetano Navana Crimi sulla rivista della "Rassegna economica di Siracusa" all'interno dell'iniziativa denominata "i boschi del Littorio". Il tentativo fu però contrastato da taluni proprietari delle parti pianeggianti dell'acrocoro che temevano che la compromissione delle rendite derivanti dalla coltivazione delle graminacee, a causa del rimboschimento. Il Navarra Crimi sottolineò l'interesse per il monte Lauro nel suo insieme, nella sua portata oroidrografica nella sua potenzialità agronomica, nella convinzione che tale intervento avrebbe senz'altro regolarizzato le portate dei fiumi che a valle erano indispensabili per le colture irrigue di piano, quali il cotone della vasta piana di Gela, unico centro produttivo italiano. Lo studioso teorizzò la costituzione di un consorzio obbligatorio che in virtù di leggi speciali, nell'arco di 30 anni avrebbe acquisito tutte le pendici incolte da rimboschire, oltre a realizzarvi una strada panoramica turistica, ed una "borgata alpestre" rifornita di acqua potabile. Ciò che veniva allora auspicato è oggi realtà: in pochi anni l'Azienda regionale delle foreste ha impiantato nel territorio più di 2.396 ha. di bosco esclusivamente a fini idrogeologici. La forestazione viene favorita dal processo di crisi del settore agricolo montano, determinato sia dall'abbandono delle colture cerealicole, sia dal mancato adeguamento degli assetti produttivi, alle moderne tecnologie. La necessità di una migliore tutela dell'ambiente e del paesaggio attraverso la salvaguardia e la valorizzazione delle sue componenti naturali è ormai riconosciuta come valore nella zona. Il rimboschimento con essenze resinose, il bosco monofita che ha finora modificato l'antico aspetto del paesaggio agricolo e naturale della valle, si va sostituendo con impianti polifiti disetanei, ossia boschi formati da diverse specie di varia età che restituiranno negli anni, gli antichi equilibri all'ecosistema, come già esemplificato nella riserva di Pantalica. Aspetti socio-economici L'emigrazione ha inoltre prodotto un accentuato invecchiamento demografico, con aumento dell'età media e riduzione della natalità. Di conseguenza si è verificata una diminuzione della forza lavoro con conseguente compromissione del futuro demografico ed economico della zona. Ciò ha comportato l'accentuarsi della dipendenza dalle risorse esterne; tra esse occupano un posto di primo piano le rimesse degli emigrati che, tuttavia, in presenza di un uso consumistico delle proprie rendite, non hanno saputo sostenere stabili processi di sviluppo. La maggior parte delle risorse esterne, perviene dai sussidi nei settori produttivi, specie quello agricolo, ove però il processo di senilizzazione ha accentuato le condizioni di sub-marginalità delle risorse interne produttive. In questo senso, l'esperienza negata dalla Comunità montana iblea, comprendente i comuni di Buccheri, Buscemi, Ferla, Cassaro, Giarratana, Monterosso, Carlentini, Chiaramonte, Sortino, Palazzolo, Vizzini, Licodia, Ragusa, costituita a partire dal 1972, ma il cui esercizio finanziario si è limitato a pochi anni, compresi dal 1975 all'83, ha fortemente caratterizzato il mancato rilancio socio-economico dell'area montana. Se infatti un tentativo di organizzazione dei comuni montani, motivato dall'autonomia gestionale e finanziaria, era stato avviato, con la soppressione della Comunità montana nella Regione Siciliana, a favore del potenziamento delle funzioni dell'ente intermedio, ossia la provincia regionale ha segnato il fallimento di una possibile ripresa economica nell'area. ASPETTI GEOLOGICI, GEOMORFOLOGICI, IDROGEOLOGICI Premessa Motivazioni geologiche e geomorfologiche Inquadramento geologico In una suddivisione della Sicilia in settori oro-geografici l'area montana del siracusano si colloca, unitamente ai rilievi ragusani, nel cosiddetto "Avanpaese Ibleo", vasta area terrazzata, attraversata da una fitta rete di faglie e fratture. Nel corso delle fasi orogeniche terziarie, ovvero quell'insieme di movimenti che a causa dello scontro fra la placca crostale africana e quella europea hanno portato in Sicilia alla formazione delle catene montuose dei Peloritani, delle Madonie e dei Nebrodi e nel resto d'Italia alle catene Alpina ed Appenninica, suddetta area fu interessata esclusivamente da processi dinamici di tipo disgiuntivo, ancor oggi responsabili di una sensibile attività sismica, che hanno prodotto profonde incisioni secondo direttrici principali nord-est - sud-ovest e secondarie nord-nord-est - sud-sud-ovest, nord-nord-ovest - sud-sud-est, ed est-ovest. Lungo tali linee tettoniche si sviluppa oggi l'intero reticolo idrografico dell'area iblea. E' possibile operare una individuazione di due distinti settori: I caratteri deposizionali e giaciturali della regione iblea presentano sia manifestazioni sottomarine che subaeree, variamente intercalate ad episodi sedimentari di età da supramiocenica a pleistocenica. Il vulcanismo del Miocene superiore si distingue da quello Plio-pleisticenico per avere uno spiccato carattere esplosivo. Verso sud e sud-est l'area in cui si ritrovano gli affioramenti di vulcaniti passa piuttosto bruscamente al tavolato carbonatico dell'altopiano Ibleo propriamente detto, di età da cretacica a miocenica, attraverso il reticolato di faglie prima menzionato. Stratigrafia Dall'alto verso il basso distinguiamo: Successione occidentale: 1) formazione Ragusa (Aquitaniano-Langhiano): si tratta di depositi di shelf carbonatico con materiale parzialmente risedimentato dalle aree orientali, come dimostrano alcuni corpi canalizzati e la stratificazione incrociata dei livelli grossolani. La formazione interessa soltanto marginalmente l'area di studio nei limitati affioramenti di contrada S. Margherita e lungo l'incisione del fosso Mastica nell'estremo settore sud occidentale della carta; Suddetto litotipo ha uno spessore variabile da 0 a 250 metri, per effetto di etropia con la formazione Tellaro, ad ovest, e con la successione miocenica orientale. Affiora nel settore centrale dell'area di studio, interessando gli abitati di Palazzolo Acreide, Buscemi, Cassaro e Ferla. Successione orientale: 1) formazione dei monti Climiti (Miocene medio-superiore): è suddivisa nei membri di Melilli in basso e dei Calcari di Siracusa in alto. Nell'area in argomento è presente in affioramento soltanto il membro superiore dei Calcari di Siracusa, che è rappresentato da una sequenza di calcareniti e calciruditi algali del Miocene inferiore e medio, spesso carsificate. La pendenza generale, debole, è verso est-sud-est, con una giacitura monoclinalica disturbata da un'intensa tettonica distensiva. Nel settore orientale dell'alta valle dell'Anapo affiorano estesi lembi della suddetta formazione a Piano Bibbinello ed in contrada Giambra; 2) Calcari a Clypeaster e molluschi (Tortoniano): orizzonte calcareo costituito da calcareniti e calciruditi di colore bianco-grigiastro, caratterizzato da un'abbondante macrofauna con individui che raggiungono talvolta dimensioni vistose. Più frequenti sono le alghe calcaree ed i Clypeaster cui si associano Pecten ed altri Lamellibranchi. La giacitura è in strati di circa mezzo metro, lo spessore è variabile da 10 a 50 metri. Affiorano ad est dell'abitato di Ferla ed in contrada Giambra e Vallefame, nell'estremo settore orientale del territorio in trattazione. Al di sopra della successione dei terreni poc'anzi descritta, appartenente ai settori occidentale ed Orientale dell'Altopiano Ibleo, si vengono a sovrapporre depositi sedimentari di vulcaniti di età compresa tra il Pliocene ed il Quaternario; 3) Marne siltose giallastre (Pliocene inferiore): si tratta di una varietà della facies dei Trubi, che risultano invece essere presenti lungo tratti della costa siracusana. Se ne rinvengono sporadici lembi limitati al margine occidentale dell'area in questione ed in particolare nel versante occidentale del monte Erbesso ed in quello meridionale di monte Chiusa Grande, ove risultano associati a sovrastanti calcareniti, appartenenti allo stesso ciclo sedimentario. Contengono una microfauna che denota un ambiente deposizionale di mare aperto, raramente costiero; 4) Vulcaniti (Pliocene medio-superiore-Pleistocene): potente successione di espandimenti basaltici sia subaerei che sottomarini. I prodotti sottomarini sono dati da brecce a pillows immerse in una matrice ialoclastitica ocracea per alterazione e sono distribuiti prevalentemente alla base delle coperture laviche di monte Lauro. Quelli subaerei sono costituiti da prevalenti colate basaltiche a fessurazione colonnare e spesso con vistose desquamazioni globulari, di colore nero antracite (alcalibasalti) o grigiastri (tholeiti). Affiorano a Sud di Buccheri e ad est fino a monte S. Venere; quest'ultimo riveste un particolare interesse geologico in quanto risulta costituito da un antico centro eruttivo subaereo a carattere prevalentemente effusivo. I prodotti vulcanici ivi presenti hanno dapprima caratteristiche di ialoclastiti e lave a pillows, tipici prodotti di ambiente subacqueo, mentre, successivamente, l'accumularsi dei suddetti materiali ne ha provocato un progressivo ampliamento che ne ha comportato l'inevitabile emersione. Da questo momento le vulcaniti presentano gli aspetti tipici delle effusioni laviche subaeree con colate basaltiche compatte ed a fessurazione colonnare. Una caratteristica del vulcanismo degli Iblei è data dalla mancanza di grandi edifici centrali, mentre è riconoscibile la presenza del piccolo edificio vulcanico di monte Santa Venere, allineato secondo le direttrici nord-est - sud-ovest del sistema principale di faglie dell'Avanpaese Ibleo. I successivi episodi litostratigrafici rivestono scarso interesse e ne viene pertanto omessa la descrizione. Tettonica L'età delle faglie è post-miocenica, appartenendo a questo periodo geologico, i terreni interessati dalle suddette discontinuità; alcune di esse hanno probabilmente subito una ripresa di attività in età pliopleistocenica, avendo le stesse dislocato terreni appena più antichi. Suddetta fase tettonica, a prevalente direzione nord-est - sud-ovest, ha difatti interessato le coperture basaltiche, conferendo loro ampi rigetti. Caratteristiche del bacino e morfologia generale Occorre sottolineare che in quest'area della Sicilia le profonde incisioni fluviali scavate dall'azione delle acque all'interno del tavolato calcareo, attraverso le principali linee di discontinuità regionale, assumono il nome di "cave", mentre "cugni" vengono denominate quelle testate collinari che si incuneano in un sistema vallivo (di solito in corrispondenza di una confluenza di due corsi d'acqua); con il termine "fosso" si intende una cava particolarmente stretta e profonda. Procedendo da nord verso sud, le cave più importanti individuate sono: cava della Montagna, cava Caviglia, fosso S. Giorgio, fosso S. Rosalia, cava Lardieri, fosso Nocilla, fosso Fiumarola, cava Cugnarelli, cava Goncaro, cava del Mulino, oltre a cava Grande (o torrente Calcinara), importante affluente nord dell'Anapo. La profondità che contraddistingue questi valloni dal tipico aspetto a canyon e la relativa scarsa presenza di terrazzi fluviali fa pensare ad un sollevamento rapido di tutta la zona, fenomeno questo del tutto coerente con le vicissitudini tettoniche subite dall'altopiano Ibleo da Pliocene in poi. Il bacino dell'Anapo costituisce una precisa unità geomorfologica ad ampia scala, ben definita e confinata dagli spartiacque naturali che la cingono. L'area totale del bacino idrografico misura 302,2 Kmq. e comprende i territori amministrativi dei comuni di Buccheri, Palazzolo Acreide, Buscemi, Ferla, Cassaro, Sortino, Solarino, Floridia e Siracusa. La proposta di vincolo di cui alla presente relazione si riferisce però solo al territorio dei primi cinque comuni, in quanto i tratti rispettivamente mediano e parte del terminale dell'Anapo sono già stati precedentemente sottoposti a tutela paesaggistica, con separati procedimenti, negli anni passati. Lo sviluppo altimetrico è compreso fra quota 986 metri (monte Lauro) e la quota 362 metri (a sud dell'abitato di Cassaro), mentre le alture che delimitano il bacino sono: monte Lauro (986 m.), Cozzo Buscica (946 m.), monte Erbesso (821 m.), Cozzo San Sebastiano (726 m.), monte Neviera (723 m.), monte Casale (910 m.), monte Ebro (821 m.) e, più a nord, monte S. Venere (870 m.). Il fenomeno carsico, peraltro influenzato dai lineamenti tettonici della zona e dai caratteri giaciturali e stratigrafici delle rocce, In zona si possono osservare forme di primo tipo (cavità carsiche interstratali) soprattutto lungo i fondovalle sia dell'Anapo che degli affluenti principali, in corrispondenza di rocce carbonatiche tenere e stratificate, quali le marne calcaree alternate alle calcareniti e calcilutiti della F.ne Palazzolo (membro inferiore) e della F.ne Ragusa; ove le rocce si presentano più dure e resistenti, ma contestualmente più fratturate, sono riscontrabili forme carsiche denominate "di frattura" e ciò avviene di solito nella parte alta della valle dell'Anapo e lungo gli impluvi che presentano profili tipici di un reticolo fluviale giovane; ove invece la genesi delle cavità carsiche risulta essere attribuibile ad un concorso di fattori stratigrafici e dislocativi, si può parlare di forme "composte" come per esempio è possibile osservare lungo cava di Pietra e fosso Nocilla. Si potrebbero descrivere numerose altre forme carsiche rilevate in zona (cavità attribuibili a carsismo fossile, cavità vadose, freatiche, miste, policicliche, o anche "docce", "lapiez", "campi solcati" e "campi carreggiati", ecc., molto diffusi nella zona) ma, per ragioni di spazio e di opportunità, se ne trascura la trattazione. Lineamenti idrografici Le unità idrografiche principali comprese nella zona, o che comunque interessano la delimitazione in bacini idrografici, sono: - cava della Montagna, cava Caviglia e Torrente Ferla, che interessano la zona settentrionale dell'area e vanno a confluire nell'Anapo; - fosso S. Giorgio, fosso Rosalia, cava Lardieri confluenti, nella zona centro orientale dell'area, nel fosso Nocilla che, a sud dell'abitato di Cassaro, si immette nell'Anapo; - cava dei Molini, cava Goncaro, cava Cugnarelli, confluenti, nella zona sud orientale, nel fiume Anapo. Le incisioni secondarie ed i tratti montani dell'alveo principale dell'Anapo sono profondamente incassati nella struttura morfologica tabulare dell'altopiano Ibleo e sono delimitati da fianchi molto ripidi ed accidentati; la rete idrografica si presenta abbastanza matura con segmenti uniformemente distribuiti e ben spaziati. Non indifferente è stata, inoltre, la tettonica, se si considera che lo stesso corso principale risulta su una linea di faglia che passa per monte Lauro. L'alta valle dell'Anapo - Aspetti archeologici 1) habitat che offre condizioni di vita ed ampie possibilità di sussistenza a gruppi umani dall'economia basata esclusivamente sulle risorse agricole e naturali offerte dal territorio (ricchezza di acqua, boschi ricchi di selvaggina, modeste fasce pianeggianti lungo il corso atte all'agricoltura), il che determina l'antropizzazione fin dall'età preistorica, con un addensamento dell'occupazione nella prima età del bronzo (Grotta Masella a Buscemi, necropoli castellucciana di S. Martino presso Ferla) e lo stanziamento diffuso, di carattere agricolo, dall'età greca fino a quella bizantina (contrada Pantano a Palazzolo Acreide; Boscorotondo, Piano di Fata e Monte S. Nicolò a Buscemi; contrada Campanino a Ferla); 2) naturale via di penetrazione e di comunicazione fra costa ed entroterra, come tale usato soprattutto durante il bronzo medio e tardo e in età greca, fin dal primo impianto di Siracusa (Akrai, Kasmene) che non a caso ripercorre la via già segnata dalla penetrazione dei materiali micenei durante il bronzo medio (contrada Maiorana a Buscemi); 3) condizioni difensive ottimali con possibilità di sopravvivenza in economia chiusa, il che fa della valle un luogo privilegiato nei periodi storici più turbolenti, quando maggiore è la necessità di sicurezza e di isolamento dalla costa troppo aperta. Ciò si riscontra in modo particolare durante l'età di Pantalica nord (contrade Calcinara e Calanca a Ferla) e soprattutto in età tardo-romana e bizantina, quando si registra un incremento di piccoli stanziamenti in posizioni riparate, con prevalente uso del modello insediativo rupestre, che spesso si reimpiantano, dopo un lunghissimo hiatus, sugli stessi siti degli insediamenti preistorici (vallone Arancio e S. Martino a Ferla; Bidicclo - Casacce a Palazzolo; Madonna del Bosco, Boscorotondo, S. Pietro, cave S. Rosalia e S. Giorgio a Buscemi, Cozzo Bianco e Cozzo Nitta a Cassaro). Un rapido esame della carta degli insediamenti e dei resti finora accertati (peraltro estremamente parziale, perché a tutt'oggi la valle non è mai stata fatta oggetto di una ricognizione sistematica) permette di evidenziare le modalità di occupazione nei vari periodi e di individuarne le ragioni in relazione alle condizioni storiche. Età preistorica Più frequenti sono le testimonianze relative agli insediamenti della media e tarda età del bronzo. Nel primo caso, la valle fu utilizzata, come accadrà più tardi, quale via di accesso verso il territorio interno e quindi in funzione di scambi e commerci, in un periodo di attivi traffici transmarini, come attestano i manufatti di importazione micenea rinvenuti in contrada Maiorana a Buscemi, che costituiscono la proiezione più interna di quel fiorire di centri costieri di cultura thapsiana scaglionata intorno alla foce dell'Anapo. Durante la tarda età del bronzo (contrade Calanca e Calcinara), prevalente è l'intento difensivo, che perdura durante la successiva età del Ferro. Di questa, poco si conosce: ma la densità di occupazione è testimoniata dai numerosi gruppi di tombe a forno che non solo accompagnano in ogni caso i gruppi necropolari della fase precedente ma che si rinvengono anche in aree precedentemente non occupate, è il caso della poco nota necropoli di M. Pavone, che annovera molte tombe a grotticelta con camera a pianta rettangolare, e che corrispondeva probabilmente ad un insediamento di notevole entità. Età greca Lungo il corso dell'Anapo i nuovi coloni risalgono fino all'interno, fino al massiccio del Lauro, nel cuore del dominio dei Siculi, e alle radici di questa valle che rappresenta l'arteria principale nel corpo del territorio conquistato impiantano due capisaldi, Akrai (664 a.C.) e Kasmene (644 a.C.), destinati ad assicurare, da terra, il possesso del triangolo di regione compresa tra Siracusa, Eloro e il Lauro. La vita di Kasmene, sulla sommità di monte Casale, è relativamente breve; nella seconda metà del IV sec. a.C., essa, non più funzionale alle ragioni strategiche che ne hanno determinato la nascita, scompare; ma ne restano, eccezionali testimonianze proprio perché del tutto indisturbate nei secoli, l'abitato, le mura di fortificazione, le aree sacre e le necropoli. Solo in minima parte esplorata, Kasmene è oggi per larga parte acquisita al Demanio regionale, e destinata a divenire uno dei più ricchi ed estesi parchi archeologici della regione. Lo stato di conservazione, che promette agli studiosi un'eccezionale messe di dati, e la suggestiva posizione di dominio su un succedersi ininterrotto di valli e montagne fanno della piccola città militare ancora sepolta uno dei punti focali su cui dovranno appuntarsi, nei prossimi anni, la ricerca e gli interventi di valorizzazione. Più conosciuta, e ormai inserita nel circuito corrente della fruizione archeologica, l'antica Acre, sulla sommità dell'Acremonte alle spalle dell'odierna Palazzolo Acreide, è nondimeno, anch'essa, quasi tutta da mettere in luce; anche qui, gli interventi di acquisizione hanno oculatamente preceduto quelli di scavo, così da assicurare la necessaria conservazione al patrimonio ancora esistente. La vita della valle, in età greca, gravita intorno ai due centri principali; i rinvenimenti di superficie attestano una diffusa occupazione, a scopo agricolo, dei lembi di terreno maggiormente pianeggianti e più atti alle coltivazioni. Resti di piccole fattorie, spesso attestate soltanto da gruppi di tombe a fossa su di una spianata rocciosa accanto a qualche vecchia fattoria e da frammenti di tegole e vasellame d'uso comune sparsi nei campi, costellano i pianori sulle due sponde del fiume, così come le campagne del comprensorio fra Palazzolo e Noto. Tali sono probabilmente gli insediamenti cui si riferiscono le tracce individuate in località Campanino, presso Ferla, e a contrada Pantano, presso Palazzolo; ma non mancano indizi di insediamenti più cospicui, sotto il profilo dell'estensione e della densità demografica, altrimenti del tutto ignoti. E' il caso dell'ancora inesplorato insediamento di Boscorotondo, presso Buscemi, nel quale ricognizioni di superficie hanno accertato la presenza, per largo tratto, di lembi di mura pertinenti a diverse abitazioni. In questo territorio abitato e coltivato, fioriscono anche luoghi di culto, legati alla terra ed alle divinità protettrici delle forze della natura e della feracità. Uno di questi, il più famoso per la sua singolarità, è il c.d. santuario di Anna e delle Paides, dedicato alle ninfe: a mezza costa sul fianco impervio del monte S. Nicolò, impendenti sulla vallata del fiume, una serie di grotte a pianta squadrata, comunicanti, conservano iscrizioni e graffiti. L'unica esplorazione condottavi è stata quella, parziale, di P. Orsi; allo stato attuale, il tetto semicrollato di una delle grotte e la quasi totale scomparsa del sentiero d'accesso proteggono questo che è uno dei più interessanti monumenti dell'architettura religiosa coloniale, ancora da studiare compiutamente. Nel complesso, poco rappresentati appaiono, a livello insediativo, l'età ellenistico-romana e i primi secoli dell'impero, anche a tener conto dell'episodicità della ricerca, suscettibile di delineare un quadro parziale della realtà storica. Evidentemente, l'utilizzazione agricola fa perno in prevalenza sugli agglomerati storici, e le fattorie disseminate sul territorio si dislocano per la maggior parte sulle fasce più agevoli e aperte dell'altopiano, evitando le aree scoscese delle cave intorno al fiume e ai suoi affluenti. Età tardo-romana e bizantina Uno dei più cospicui, successivamente rimasto in uso fino all'età moderna, è quello di Madonna del Bosco, che diverrà l'odierna Buscemi, ancora in gran parte conservato e già sottoposto a tutela. Spesso i nuclei insediativi sono attestati soltanto da gruppi di tombe, più o meno numerose, che danno vita a quel suggestivo panorama di escavazioni che articola i fianchi delle cave: ampie fosse sub divo dalla caratteristica forma campanata, arcosoli monosomi o bisomi, ipogei cruciformi o a galleria longitudinale, catacombe, talora anche di grandi dimensioni (S. Giorgio di Buscemi, con più di cento sepolture), internamente articolate intorno ad uno o più sepolcri a baldacchino, tipologia ricorrente ed esclusiva delle catacombe rurali. Non di rado si riutilizzano, per gli arcosoli isolati, le grotticelle preistoriche, opportunamente modificate (S. Pietro di Buscemi, vallone Arancio e S. Martino a Ferla). Una delle più cospicue fra le necropoli di questo periodo è quella di S. Anna a Ferla, recentemente rimessa in luce e rilevata, che annovera numerosi arcosoli ed una piccola catacomba con cinque sepolcri a baldacchino: qui si conserva una delle rarissime iscrizioni finora rinvenute (il panorama dell'architettura funeraria rurale del territorio siracusano è pressochè anepigrafe), menzionante un Dionisio presbitero della chiesa "erghitana", che costituisce uno dei primi dati storici sull'assetto delle chiese siracusane in età paleocristiana. L'architettura religiosa rupestre mostra, lungo la valle, diversi esempi di grotte cultuali (S. Anna, con affreschi; Madonna del Bosco; S. Rosalia) e, soprattutto, uno dei monumenti più noti e più significativi, la chiesa di S. Pietro a Buscemi. Scoperta da P. Orsi durante l'esplorazione di un sepolcreto casteltucciano nelle vicinanze, e situata a mezza costa nel punto di confluenza fra la cava S. Giorgio e la cava S. Rosalia; costituita da un vasto ambiente rettangolare tripartito da due coppie di pilastri sostenenti archeggiature, conservava, oggi molto deteriorate e in parte distrutti, un altare a mensa ed una cattedra ricavati nella roccia, con le pareti decorate da un ciclo di affreschi di diverse epoche. La tipologia anomala della ripartizione dello spazio interno fa di questo monumento uno dei più discussi nel pur variegato panorama dell'architettura religiosa rupestre, probabilmente ispirato a prototipi di area siriaco-palestinese. Recentemente scoperto e solo parzialmente scavato è l'insediamento bizantino di Giarranauti, uno dei pochissimi siti che hanno conservato strutture pertinenti all'abitato di questa età, e che riveste quindi un interesse del tutto particolare per la quantità di dati che può fornire in ordine all'assetto abitativo, alla tipologia dello strumentario, al vasellame di produzione locale, agli scambi ed alle risorse economiche. E' stato messo in luce un vicus costituito da poco più di una decina di case, dislocate intorno ad una piccola chiesa mononave. Le case presentano un'organizzazione molto semplice, basata su un modulo comprendente due vani, affiancati o disposti l'uno di seguito all'altro; il vano principale ospita il forno ed un piccolo fornello, mentre quello secondario era utilizzato per attività agricole (in uno è stato localizzato un rudimentale palmento scavato nel banco roccioso) o per deposito. Probabili soppalchi lignei nel vano principale costituivano gli spazi per la notte. Tra le varie case, disposte senza alcun criterio preordinato di distribuzione degli spazi, si articolano vari recinti chiusi da muretti, probabilmente per il ricovero del bestiame, e cortiletti che assolvono alla funzione di viabilità interna. A circa 500 m. dal villaggio, e forse ad esso pertinente, presso una profonda cisterna scavata nella roccia, ancora oggi utilizzata e alimentata da una complessa rete di canalette di drenaggio dell'acqua piovana, è stata rinvenuta una serie di vasche rettangolari, anch'esse scavate nella roccia, disposte su due livelli lungo le pendici del colle, larghe, basse e comunicanti, collegate a canalette e a lunghe teorie di fossette. Si tratta forse, più che di un semplice abbeveratoio o di un lavatoio, di un impianto per la lavorazione di qualche prodotto (una conceria?). Monete e materiali ceramici collocano l'ultima fase di vita del villaggio al VI sec. d.C., in significative coincidenze con il sorgere degli insediamenti rupestri della vicina Pantalica, prova evidente di sopraggiunte necessità difensive. Trasformazione del sistema insediativo - I caratteri del patrimonio edilizio Una parte di queste trasformazioni riguarda le seconde case, ma il grosso dell'attività edilizia riguarda le espansioni vere e proprie cioè quelle con più marcato carattere urbano. Il problema più grave quindi, per ciò che riguarda gli aspetti paesaggistici è determinato dalle periferie urbane, le quali purtroppo si affacciano direttamente sulle aree di maggiore pregio, come è il caso dei comuni di Cassaro, Ferla e Palazzolo. Lo squallore di queste periferie è tale che non si può immaginare un vero futuro della zona senza mettere in essere radicali interventi di restauro urbano e territoriale. Questi intenti sono possibili attraverso una totale revisione degli strumenti urbanistici locali i quali dovranno essere tutti connotati da una forte attenzione verso i problemi del controllo della morfologia urbana nei processi di trasformazione, oltre che verso i problemi della tutela dell'ambiente territoriale. Per ciò che riguarda i caseggiati storici, si ritiene che questi siano inseriti attraverso uno studio specifico e puntuale nelle previsioni degli strumenti urbanistici, i quali attraverso una normatizzazione li tutelino e li valorizzino. Il sistema storico dei caseggiati agricoli assieme al paesaggio urbano dei centri dell'alta valle dell'Anapo, costituisce senza dubbio, una ricchezza economica da valorizzare e salvaguardare per lo sviluppo della zona stessa. Lo studio delle carte storiche, le più antiche risalenti agli inizi dell'800, ha permesso di individuare le masserie storiche (quelli appunto presenti nel territorio agli inizi dell'800) ed ancora oggi esistenti anche se abbandonate o semiutilizzate. Trattasi di edifici con tipologia articolata, costruiti probabilmente nel periodo che va tra la fine del 700 e gli inizi dell'800, appartenenti originariamente ai feudi della nobiltà siracusana. Si incontrano continuamente infatti, nelle mappe analizzate i nomi delle grandi famiglie gentilizie come: Specchi, Caetani, Judica, Politi ed i nomi dei grandi feudi come quello di Baulì o delle contrade famose da cui prendono il nome molte ville gentilizie come Bibbia S. Alfano. Le tipologie più ricorrenti sono quelle a corte chiusa e a corte aperta per i caseggiati più importanti e quelle in linea ad elementi giustapposti per quelle meno importanti. Le prime sono composte da una serie di alloggi fra cui spesso anche quello del proprietario, ed una serie di locali di servizio quali magazzini, stalle, cantine. Negli organismi più importanti e complessi è sempre presente una piccola chiesetta. Le seconde, di organizzazione più semplice, sono comprese in un'area recintata, nella quale vi possono essere stalle ed ovile e contengono un alloggio ed alcuni locali di servizio. L'organismo, per il particolare movimento dei tetti e l'articolazione delle masse, rivela un indubbio interesse dal punto di vista architettonico, risultando, nella sua configurazione formale, di grande attualità. I problemi che emergono riguardo lo stato del patrimonio edilizio rurale sono chiaramente legati alle trasformazioni dell'economia del territorio e al grado di cultura della popolazione locale. Da un lato, una agricoltura sempre più in stato di crisi con gli addetti che abbandonano campi e case per trasferirsi in città (da qui il continuo processo di degrado che alla fine determina l'inagibilità degli edifici per mancanza di manutenzione), dall'altro lato un rapporto con l'edificio da parte dei nuovi proprietari o affittuari dei caseggiati con utilizzazione degli stessi solo per gli aspetti funzionali e quindi senza quella necessaria attenzione che le strutture e la sua tipologia e la sua storia richiederebbero. In sostanza l'assenza di consapevolezza da parte delle nuove gestioni unitamente invece ad una capacità di determinare trasformazioni violente in tempi brevi che fa si che questi edifici o sono abbandonati al loro degrado strutturale o sono sottoposti ad interventi di manutenzione o di trasformazione e di ampliamento impropri e devastanti. Quindi, anche se il territorio in esame non è sottoposto a pesanti pressioni di carattere edilizio, gli interventi capillari sul costruito, in assenza di una normativa idonea a governare le trasformazioni, possono provocare gravi danni al patrimonio edilizio rurale storico e di conseguenza all'ambiente di cui ormai sono parte integrante. Gli aspetti tipologici delle masserie dell'Alta valle dell'Anapo La masseria può essere identificata nelle tipologie più comuni in una serie di corpi di fabbrica per lo più disposti a quadrilatero, articolati da spazi recintati, innestati in una viabilità irregolare e circondati da terreni coltivati. E' certo comunque che il fulcro di questo organismo architettonico è rappresentato dal cortile centrale in letteratura denominato "corte rurale,": uno spazio parzialmente o totalmente chiuso che svolge una funzione centrale nell'organismo sia sotto l'aspetto funzionale distributivo che sotto l'aspetto morfologico configurativo. Gli elementi della masseria della valle dell'Anapo sono costituiti: Le emergenze storiche del territorio Ora che la tecnologia del cemento armato ha sostituito i materiali da costruzione tradizionali, forse si guarda alle pietre vissute dell'architettura contadina con senso di distacco dimenticando e/o sottovalutando i valori umani e storici che essi racchiudono, valori che vanno prontamente recuperati prima che sia troppo tardi. Le neviere La neve veniva sistemata dentro la neviera a solai misti a strati di paglia in modo da avere lastre facilmente estraibili. La neviera, di cui esistono diversi esemplari nella zona, veniva realizzata in due modi: 1) incassata nella roccia, di forma circolare e con copertura a capanno; 2) incassata nella roccia, di forma quadrata o rettangolare con copertura a volta ribassata ottenuta con conci squadrati di pietra bianca disposta a ventaglio. Del primo tipo si ha un esempio ancora quasi intatto sopra il quartiere nord di Buccheri a ridosso della strada che conduce al bivio di Palazzolo Acreide - Ferla - Giarratana. Lo schema costruttivo, nelle strutture di elevazione e nella copertura, ricorda il capanno pastorale di questi monti. Il secondo tipo è maggiormente diffuso e se ne hanno buoni esempi a Buccheri, Buscemi e a Palazzolo (nella zona archeologica dell'antica Akrai). Il Capanno pastorale In certi punti del territorio il mondo pastorale è ancora vivo anche se molte abitudini sono cambiale. Tuttavia alcune testimonianze del mondo pastorale della zona sono ancora oggi presenti. Il capanno pastorale arcaico a pianta rotonda della piana di Buccheri è un esempio di tipo architettonico riscontrabile in altre zone dell'isola. Il tipo consiste in una forma cilindrica leggermente imbutiforme ottenuta con filari concentrici di blocchi grossolanamente sbozzati disposti secondo un principio statico antichissimo (mensola sporgente autoportante). La copertura è ottenuta con lastre di pietra disposte ad anello e bloccate da una lastra centrale che ha inoltre la funzione di chiudere costruttivamente il capanno. Le lastre di copertura hanno una lieve pendenza verso l'esterno e ciò per consentire lo smaltimento delle acque piovane. L'interno è di pochi metri quadrati e spesso presenta anche delle nicchiette. L'ingresso è di limitate dimensioni e non presenta tracce di incardinature di eventuale chiusino. La ferrovia Siracusa-Vizzini Oggi i centri urbani esistenti nella zona non sono né importanti né popolosi. Un lungo sentiero bianco che percorre l'intera Valle a mezza costa ora da un lato ora dall'altro ci ricorda che anche in un passato recente il sistema insediativo della valle era importante nel contesto dell'economia dell'Ibleo: questo sentiero è il vecchio tracciato della linea ferrata a scartamento ridotto Siracusa - Ragusa - Vizzini. Lungo il suo percorso dopo la stazione di Sortino la valle sommamente pittoresca, assume valori morfologici paesaggistici e naturalistici eccezionali. La lingua scorre serpeggiante sugli stretti argini, fiancheggiati sempre da pareti a picco che sospendono sul capo la minaccia di grossi blocchi, fermi sui ciglioni come per miracoli di statica. Inaugurata il 19 luglio 1915, dopo oltre trent'anni di accese discussioni (il primo progetto di massima redatto da L. Mauceri è del 1884), raggiunse il culmine della notorietà nel 1933 quando il re V. Emanuele III si recò, facendo uso del "trenino" alla Necropoli di Pantalica. Dopo oltre quarant'anni di attività alle ore 9,30 del 30 giugno 1956 l'ultimo treno, cedendo il passo ai mezzi di trasporto su strada, giunse alla stazione di Siracusa Nuova Furono smontate e portate via tutte le traversine di legno, i binari, i bulloni e rimase solo quel lungo sentiero bianco, acquistato successivamente dall'Azienda delle foreste demaniali della Regione Siciliana, interamente percorribile anche se con grosse difficoltà in automobile, che offre la possibilità di immergersi in un ambiente ancora integro che ha bisogno però di essere necessariamente tutelato e salvaguardato. Gli edifici che ospitavano le stazioni sono stati trasformati e adattati ai diversi usi e qui e lì, lungo l'antico tracciato, vecchi caselli affiorano come fantasmi a testimoniare di una storia che è già leggenda. Il centro urbano di Cassaro Nel 1598 nel quartiere di sopra, era in costruzione la chiesa San Pietro in Vincoli. Nel sec. XVII il paese tende ad estendersi nella parte inferiore dell'attuale abitato, cioè nel quartiere di sopra. Contemporaneamente sorgono altre chiese e alla vigilia del disastroso terremoto del 1693 nel piccolo centro se ne contano sette: tre più antiche erano ubicate nelle vicinanze del castello, quelle più recenti erano situate negli stessi luoghi in cui sorgono ancora oggi. Nella stessa età il castello era ancora frequentato dai principi di Cassaro ed era perfettamente funzionante. Ciò si evince da un bando del 3 settembre 1656. La ricostruzione La ricostruzione delle case e delle chiese fu sollecita ed impegnò maestranze locali ed esterne per circa cinquanta anni. Cassaro si spostò dal nucleo originario sorto intorno al castello e si sviluppò in un'area pianeggiante intorno ad alcune chiese già esistenti nello stesso sito. Il settore più rappresentativo fu progettato intorno alla chiesa Madre, da esso si dipartono le direttrici viarie principali del nuovo assetto urbanistico. Invece di ricostruire il paese sui vecchi allineamenti si preferì cancellare ogni segno precedente eliminando tutte le macerie; ciò per dare vita ad un impianto regolare a scacchiera caratterizzato da un ampio asse orientato a nord-est e collegare le due vie d'accesso principali. La composizione urbanistica dell'abitato prevista non si è mai conclusa, sia ad ovest che a sud sembra infatti aperta ad ulteriori sviluppi. Tale smagliatura deriva certamente da una previsione di espansione pensata agli inizi del settecento. Il piano di edificazione non fu mai completato perché il centro urbano nell'arco dell'ottocento non superò il contorno perimetrale settecentesco. La nuova architettura del sec. XIX invece di aggiungersi a quella antica la sostituì secondo quello stesso discutibile principio in base al quale oggi tetri volumi in cemento armato sostituiscono le graziose abitazioni neoclassiche e liberty. Per quest'ultimo aspetto che si è voluto includere il centro di Cassaro nella perimetrazione del vincolo dell'alta valle dell'Anapo al fine di scongiurare il ricorso alla "sostituzione edilizia", favorita da una strumentazione urbanistica vigente obsoleta (PDF) e non in grado di indirizzare gli interventi edilizi, verso la conservazione e valorizzazione di quei "beni" che le civiltà del passato ci hanno tramandato. Sulla situazione urbanistica: - in data 18 settembre 1995 il consiglio comunale ha adottato la nuova previsione del P.R.G.; - in data 22 marzo 1996 il P.R.G., è stato trasmesso all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente. A tutt'oggi non è stato ancora esaminato al consiglio regionale per l'urbanistica. Appare problematico il modello di crescita delle periferie dei centri urbani che insistono nell'area interessata. Tuttavia si ritiene imprescindibile per questi centri urbani, una programmazione urbanistica ragionata, finalizzata ad un maggiore controllo della qualità edilizia per i nuovi interventi e ad un "restauro" per quanti possibile dell'ambiente urbano delle aree di margine prospicienti la valle. Così come la trasformazione, il degrado e l'abbandono di alcune emergenze storiche sparse in tutto il territorio destano profonda preoccupazione. Infatti se tale metodo di intervento dovesse estendersi all'intero patrimonio presente, si rischierebbe di perdere preziose testimonianze della storia del territorio e della sua popolazione, ancora prima di aver potuto effettuare un'analisi conoscitiva ed esauriente. A conclusione della suddetta lettura l'arch. Santalucia, la dr.ssa Trigilia, il dr. Mamo e l'arch. Cancemi si allontanano dalla sala della riunione e la commissione passa alla votazione del vincolo ed alla delimitazione dell'area da tutelare che sarà la seguente: Perimetrazione Dalla presente perimetrazione restano escluse le aree urbane di Ferla e Buscemi e le aree di espansione di questi ultimi e di Cassaro, così come definite dagli strumenti urbanistici in vigore e/o in itinere ed individuate nell'allegata planimetria e nella planimetria tematica che viene parimenti allegata. Tutto ciò esaurito e condiviso, la commissione all'unanimità Delibera Esaurito l'argomento all'ordine del giorno, il presidente dott. Giuseppe Voza, alle ore 13,00, dichiara chiusa la seduta. Letto, approvato e sottoscritto. Capodicasa, Russo, Maltese, Turibio Il presidente della commissione: Voza Il segretario: La Ferla |
REPUBBLICA ITALIANA GAZZETTA UFFICIALE DELLA REGIONE SICILIANA http://www.gurs.regione.sicilia.it/Gazzette/g08-29/g08-29-p3.html -------------------------------------------------------------------------------- PARTE PRIMA PALERMO - VENERDÌ 27 GIUGNO 2008 - N. 29 SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI' -------------------------------------------------------------------------------- DIREZIONE, REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE: VIA CALTANISSETTA 2/E - 90141 PALERMO INFORMAZIONI TEL 7074930 - ABBONAMENTI TEL 7074926 INSERZIONI TEL 7074936 - FAX 7074927 -------------------------------------------------------------------------------- DECRETI ASSESSORIALI ASSESSORATO DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE DECRETO 30 maggio 2008. Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area comprendente la "fascia costiera di Brucoli" ricadente nel comune di Augusta. IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO TUTELA DEL DIPARTIMENTO REGIONALE BENI CULTURALI E AMBIENTALI ED EDUCAZIONE PERMANENTE Visto lo Statuto della Regione; Esaminato il verbale n. 12 redatto nella seduta del 10 luglio 2007, con il quale la commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa ha proposto all'ordine del giorno di sottoporre a vincolo paesaggistico, ai sensi dell'art. 136, lett. d), del decreto legislativo n. 42/2004, come modificato dall'art. 6 del decreto legislativo n. 157/2006, la "fascia costiera di Brucoli", ricadente nel comune di Augusta (SR), delimitato perimetralmente secondo quanto descritto nel verbale n. 12 del 10 luglio 2007, a cui si rimanda e che fa parte integrante del presente decreto; Accertato, altresì, che - come previsto dall'art. 139, comma 2, del decreto legislativo n. 42/2004, come sostituito dall'art. 9 del decreto legislativo n. 157/2006 - dell'avvenuta proposta e pubblicazione è stata data notizia su tre quotidiani, due a diffusione regionale (La Sicilia e La Gazzetta del Sud) ed uno a diffusione nazionale (La Repubblica); Vista la nota prot. n. 2514 del 5 marzo 2008, con la quale la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa riscontra la sopracitata osservazione, "e pur condividendone lo spirito e la finalità,..." evidenzia che "la questione è imperniata sulle quantità minime di verde da mettere a dimora all'interno dell'unico piano di lottizzazione interessato, non vi è dubbio che queste quantità minime coincidono, nella formulazione della proposta di vincolo, con quelle previste dalla normativa urbanistica (D.I. n. 1444/68) per le quali se ne è prevista l'allocazione lungo la fascia costiera, ma è anche vero che, a discrezione del lottizzante e con effetto sicuramente migliorativo sia per l'impatto paesaggistico che per la vivibilità stessa all'interno del comparto, è possibile implementare le quantità di verde da impiantare, sia all'interno dei singoli lotti che negli spazi comuni. Alla luce di quanto sopra premesso, si ritiene, pertanto, superfluo attivare le procedure amministrative a modifica dell'istruttoria della proposta di vincolo in argomento"; Ritenute condivisibili le motivazioni della Soprintendenza a non modificare l'istruttoria della proposta di vincolo in argomento; Vista la nota prot. n. 2805 del 13 marzo 2008, con la quale la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa ha trasmesso la perimetrazione di dettaglio di vincolo della "fascia costiera di Brucoli", all'uopo richiesta da questo Assessorato, nella quale si specificano i confini delle singole aree ricadenti all'interno del medesimo vincolo; Considerato, quindi, nel confermare la proposta di vincolo in argomento, di potere accogliere nella loro globalità le motivazioni espresse in maniera sufficiente e congrua dalla commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa nel verbale n. 12 del 10 luglio 2007, i cui confini sono correttamente evidenziati nella planimetria ivi allegata e descritti in dettaglio nell'allegato alla nota prot. n. 2805 del 13 marzo 2008 della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, documenti ai quali si rimanda e che formano parte integrante del presente decreto; Ritenuto, pertanto, che nella specie ricorrono evidenti motivi di pubblico interesse, per il cospicuo carattere di bellezze naturali, paesaggistiche, storico-architettoniche oltre che geologiche e geomorfologiche, che suggeriscono l'opportunità di sottoporre a vincolo paesaggistico la "fascia costiera di Brucoli" ricadente nel comune di Augusta (SR), in conformità alla proposta deliberata dalla commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa nella seduta n. 12 del 10 luglio 2007; Rilevato che l'apposizione del vincolo comporta l'obbligo per i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, degli immobili ricadenti nella zona vincolata, di presentare alla competente Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, per la preventiva autorizzazione, qualsiasi progetto di opere che possa modificare l'aspetto esteriore della zona stessa; Visto l'art. 140 del decreto legislativo 24 gennaio 2004, n. 42, come sostituito dall'art. 10 del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157; Decreta: Art. 1 Art. 2 Art. 3 Allegati COMMISSIONE PROVINCIALE PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE DI SIRACUSA L'anno duemilasette il giorno 10 del mese di luglio, così come comunicato ai componenti con nota prot. n. 10240/Amm. del 26 giugno 2007, Intervengono alla riunione: Per fornire tutti i necessari chiarimenti ed approfondimenti, assistono alla riunione i seguenti dirigenti della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa: dott.ssa Maria Musumeci (responsabile servizio museo archeologico Lentini e aree archeologiche Leontinoi e Megara) e dott. Antonio Mamo (responsabile unità operativa XI). Proposta di vincolo paesaggistico: "La fascia costiera di Brucoli" PREMESSA Le tavole di analisi sono estrapolate da quelle del piano territoriale paesistico della provincia di Siracusa, ambito 17, in corso di redazione definitiva. Oggi l'evoluzione del territorio costiero siciliano, anche in vista dell'auspicato sviluppo turistico, va ben indirizzata principalmente dove per anni il mancato controllo e l'abusivismo hanno creato ampie zone di degrado. Le modificazioni socio-demografiche e culturali fin ora hanno agito sul turismo almeno in due modi: si è avuto un aumento della domanda di aree e sono emerse richieste specifiche di fruizione turistica. Ciò si può tradurre nella crescente esigenza di collocare l'uso del tempo libero in un contesto ambientale d'elevata qualità, che consenta condizioni di vita capaci di compensare, seppure temporaneamente, quelle dell'ambiente urbano di residenza stabile. In quest'ottica il recupero e la salvaguardia delle aree "marittimo-litoranee" siciliane deve realizzarsi come continuo rapporto globale-locale: dove il globale implica la realizzazione di una rete di conoscenze e di proposte per il territorio dell'isola e per il mare che la circonda, mentre il locale va letto come l'insieme dei valori sociali e territoriali capaci di caratterizzare un'area e di individuare ipotesi di sviluppo economico. E' importante, dunque, puntare al recupero dell'esistente, come ricerca dell'identità del luogo, e alla conservazione attiva per migliorare la qualità degli ambienti. Queste due scelte potranno portare ad uno sviluppo turistico capace di valorizzare potenzialità tuttora presenti, e di promuovere una rinascita economica. Indubbi vantaggi possono venire dallo sviluppo del turismo. I CARATTERI GENERALI DELL'AREA Nell'ambito del territorio comunale di Augusta, Brucoli, dotato di caratteristiche proprie, costituisce un fatto completamente a se stante, così, nonostante le sue esigue dimensioni, consente di trattare i problemi paesaggistici ambientali in modo del tutto autonomo. L'ambiente è delimitato a sud e sud-est da una conca naturale che si spinge, partendo ad anfiteatro dalla radice della penisola sulla quale sorge il borgo, fino al monte Tauro ed alla linea ferroviaria, a nord-ovest dal pianoro della Gisira che, con la penisola, stringe il canale scavato dal torrente Porcaria. Il borgo, circondato dalle acque del golfo e da quelle del canale, si sviluppa per una lunghezza di circa 500 m. ed una larghezza di 150 m. Il torrente Porcaria era un tempo navigabile, conseguentemente, il grano e i prodotti agricoli delle terre interne, e soprattutto di Lentini, erano facilmente condotti lungo questa via d'acqua per poi essere imbarcati sui velieri che trovavano comodo riparo nell'estuario. La pietra bianca della Gisira era molto conosciuta e richiesta, in particolare a Catania. IL QUADRO DELLE CRITICITA' A partire dalla fine degli anni '70, e con una forte accelerazione in seguito al disastroso terremoto del '90, i pressi della stazione di Brucoli sono stati edificati, divenendo in breve tempo un'altra periferia-satellite di Augusta. Sulla costa a sud di Augusta, il grande polo petrolchimico, insediatosi negli anni '50, tra importanti aree archeologiche e naturalistiche, ha costituito per anni l'unico sbocco occupazionale, trasformando profondamente il territorio e la realtà sociale. Oggi è in crisi per la diminuzione dell'attività industriale; aumentano i licenziamenti, le quantità di emissioni e di scarichi inquinanti non regolamentate influiscono negativamente sulla vita degli habitat naturali e sulla salute degli abitanti. La pesca, da secoli base dell'economia di Brucoli, non è più produttiva. L'attività più vitale e redditizia sembra essere l'edilizia. GLI ASPETTI FISICI La geologia del territorio La "cava" del Porcaria Assetto idrografico Pur tuttavia conservava ai primi del novecento, fino all'estate, circa 0,040 mc./sec. d'acqua. Le sorgenti che un tempo lo alimentavano erano undici, sette localizzate all'interno dei suoi affluenti, quattro proprie. Oggi l'acqua proviene da una sorgente/pozzo esistente sulla sponda destra del torrente, in contrada Saperi, ad un centinaio di metri dal ponticello che porta alla Gisira, e dal drenaggio residuo dell'acqua meteorica della sovrastante pianura e della stessa Saperi. Oggi, nonostante i consumi per irrigazione, il Porcaria è rimasto tra i pochissimi corsi d'acqua megaresi a mantenere una portata continua anche in periodi di magra. Esiste, tuttavia, il rischio di vedere alterato radicalmente l'equilibrio dei suoi ecosistemi e di perdeme le caratteristiche naturali. E' pur certo che la falda acquifera del sistema Siracusa-Lentini, a seguito del suo sensibile abbassamento per l'eccessivo emungimento cui è stata soggetta nell'ultimo mezzo secolo, ha cessato di alimentare sorgenti che magari, in passato, davano un modesto contributo alla portata del Porcaria se non altrimenti utilizzate nei vicini terreni. E' facile comunque avvertire che il fenomeno di piena, che si verifica in caso di forti e prolungate precipitazioni, non è più appariscente e spettacolare di quanto lo possa essere quello degli altri corsi d'acqua con bacino imbrifero adiacente a quello del Porcaria stesso - S. Fratello che nasce a nord ovest dell'omonimo ponte - e confluisce nel Mulinello dopo appena quattro chilometri, e il S. Calogero, con sorgenti, come il Porcaria, in contrada Maglitto ad est di Carlentini, e dei corsi d'acqua che mettono foce nel golfo megarese: Mulinello, Marcellino, Cantera e, per quanto possa definirsi corso d'acqua, il S. Cusimano. E' anche certo che il ponticello che attraversa il Porcaria un po' prima della sua immissione nel canale, e che unisce l'horst di Gisira alla contrada Saperi sotto lo scalo ferroviario di Brucoli, raramente viene superato dalle acque in piena, malgrado il piano stradale sia quasi a livello dell'acqua. Climatologia Le precipitazioni sono concentrate nei mesi invernali e autunnali soprattutto settembre e marzo. La precipitazione media annua sul valore di 510 mm. è tra i più bassi della Sicilia (servizio idrografico di Augusta). Secondo il sistema di classificazione bioclimatica di Rivas Martinez (1981), la zona è pertanto ascrivibile alla fascia climatica di tipo "termo-mediterranea-secca" (T = 16-18°C; It = indice di termicità = 449-400; Io = indice ombrometrico = 2,0-3,0). Mesi mm. di pioggia L'assetto vegetazionale Vegetazione riparia del corso del Porcaria In corrispondenza dell'alveo fluviale nelle stazioni sommerse tutto l'anno si impianta una caratteristica vegetazione idrofila prettamente erbacea. Laddove invece il corso d'acqua scorre in valli strette e poco accessibili, le formazioni boschive ripari e tendono ad occupare tutta la stretta golena fluviale, lasciando poco spazio ad altre fasce di vegetazione. La vegetazione riparia è in massima parte da inquadrare nell'associazione Platano - Selicetum pedicella (Barbagallo, Brullo Fagotto, 1979), tipo di ripisilva caratteristica delle cave iblee strettamente legata ai substrati calcarei. Vegetazione riparia Le essenze arboree spontanee che dominano sono: Più si accompagnano di solito: Nei tratti più interni distanti oltre quattro chilometri dalla costa si rinvengono: Agli alberi si associano numerosi arbusti e liane che costituiscono un denso e intricato sottobosco: Si rinvengono anche numerose specie erbacee: Le foci, per la naturale penetrazione d'acqua marina, presentano una vegetazione tipicamente alofila: Vegetazione delle praterie e delle coste rocciose: Gisira e monte Tauro In uno studio del '74 (Barbagallo, Fagotto, Rizza, aggiornato da Attardo nel '93) vi sono utili indicazioni a riguardo: il Critmo-Limonietum delle coste basse e delle falesie, vegetazione durevole e alofita, è proposto come Limonietum syracusani, il cui areale va da Morghella (Pachino) a Brucoli (Augusta). Il Critmo-Limonietum è un interessante endemismo affine al Limonium bocconei. Fra le caratteristiche di ordine superiore sono presenti: Limonium oleifolium, Chritmum maritimum, Plantago mecrorhiza, Anthemis secundiranea, Frankenia laevis, Latus cytisoi-des, Sllenesedaides. Il paesaggio agrario Vegetazione osservata nell'area di studio 1 - Vegetazione rupestre e di gariga La fauna Presenza di numerosi invertebrati anfibi e piccoli mammiferi tra cui: Gli aspetti storici Dall'etimo greco troglo (foro, caverna) potrebbe essere derivato il nome Troghilon poi Trotilon della località citata da Tucidide e coincidente per molti con il territorio di Brucoli. E' certo che i megaresi dopo una breve sosta, raggiunsero la città di Leontinoi, e da qui cacciati dai Calcidesi si spostarono a Thapsos (penisoletta di Magnesi). Morto Lamis, il re siculo Hyblon concesse loro di fondare sul suo territorio una città alla quale fu dato il nome di Megara Hyblaea a ricordo dell'antica patria e del generoso re siculo. Così ci tramanda lo storico Tucidide: Le notizie storiche reperibili sul territorio in esame conducono al Medioevo, periodo in cui sorse il piccolo borgo marinaro. Molti documenti storici riguardano concessioni e privilegi di rendita del caricatoio e del porticciolo di Brucoli a varie importanti personalità; nel 1366 Federico III d'Aragona assegna al conte Moncada II, conte di Augusta, una rendita sul porto di Augusta e sul caricatore di Brucoli; nel 1396 Guglielmo Raimondo Moncada, maestro giustiziere del Regno, ottiene dai due re Martino I e Martino II e dalla regina Maria, oltre a terreni, feudi e demani anche il "diritto del tarì su tutte le esportazioni" della Bruca; nel Medioevo il caricatore apparteneva alla contea di Augusta, in quanto nel 1445 il conte e l'università rivendicavano il diritto esclusivo della vendita del vino, sostenendo la propria giurisdizione contro gli amministratori della camera reginale. E' il re Giovanni D'Aragona a concedere nel 1466 alla moglie Giovanna Enriques il privilegio del possesso del porto e del caricatore di grano di Brucoli, sottraendolo alla giurisdizione della contea di Augusta, con facoltà di potervi costruire una torre, dotata di un miglio di terreno intorno e dieci miglia di mare. La costruzione della torre risale quindi al periodo aragonese (negli anni 1462-67), quando nasce la necessità di proteggere il caricatore dalle razzie piratesche, frequenti in quel periodo su tutta la costa ionica della Sicilia e in concomitanza del passaggio del territorio della Bruca alla camera reginale. Intorno al 1467, Juan Cabastida Hostalrich, gentiluomo proveniente da Barcellona, per incarico della regina Giovanna, costruisce la torre a difesa del porticciolo e delle famiglie di pescatori. Cabastida ebbe la torre in concessione dalla regina Giovanna, per tre generazioni, per se e i suoi eredi, per meriti acquisiti come governatore della camera reginale (nominato nel 1462), con facoltà di estrarvi annualmente un congruo quantitativo di grano e di difenderlo dalle incursioni piratesche nordafricane. Alla morte del Cabastida, avvenuta nel 1509, il figlio Giovanni vende la torre, gli annessi magazzini e il borgo ad Eleonora e Francesco Nullo, madre e figlio. Dopo un temporaneo possesso da parte di Antonio Corso e di Antonio Di San Martino, fra il 1573 e il 1579, l'Università di Augusta compra dalla Regia Corte la borgata di Brucoli, che così passa sotto la giurisdizione della piazzaforte di Augusta. Il castello ebbe un regolare presidio. Alla fine del secolo XVI i viceré spagnoli promuovono il completamento del sistema difensivo della Sicilia orientale e anche il castello di Brucoli è completato. Ne parla nel 1583 l'architetto fiorentino Camillo Camilliani che considera l'area di Brucoli di particolare rilievo. Egli prevede la costruzione di nuove torri tra Augusta e Catania e il rafforzamento delle difese del castello di Brucoli, tra S. Calogero la torre di Agnone: "Del Ferrello dove si vorrà far la torre insin al castello della Bruca c'è miglio uno. Questo castello della Bruca per dire il vero egli è un'anticaglia molto sconcertata, et haverebbe bisogno di racconciamento, poiché egli è sopra un porto importante, che se non fusse così tralasciato il porto, e il castello, sarebbe per il vervitio del comun commertio di grandissima commodità [...] che ad un bisogno potria esser il salvo di una dozena di galee di tanta capacità si trova. Perciò sarei di parere per questa commodità e per altre del barcarizzo, che giornalmente si esercita, che detto castello s'accomodasse". Un documento del 1821 pone l'accento sull'importanza strategica militare della baia di Brucoli, definita come la chiave per Augusta. Vi è descritto lo stato d'abbandono in cui versava il castello in seguito al terremoto del 1693. Secondo il redattore della relazione, due sono gli obiettivi strategici che si potevano conseguire con il rafforzamento della fortificazione di Brucoli: la torre adeguatamente ristrutturata e armata poteva proteggere le imbarcazioni locali e l'impedire ai nemici di avanzare più facilmente verso Augusta approfittando appunto dell'approdo. I siti archeologici La presenza dell'uomo nell'area alla Gisira è documentata da una serie di buche di pali, che però non sembrano indicare una vera e propria organizzazione da giustificare la presenza di capanne, come se ne conoscono altrove, anzi, secondo studiosi locali, si possono distinguere al momento tre sistemi: il primo costituito da una serie lineare di buche, il secondo da una serie disposte su tracciato non rettilineo, il terzo che sembra indicare un'area; ma si potrebbe più facilmente trattare di fatti casuali. In ogni caso, il materiale ceramico così come l'industria litica si può inquadrare nell'ambito della facies di Stentinello. La ceramica rinvenuta include forme aperte e forme chiuse, di colore grigio, con decorazione incisa, ma anche excisa e ad impressione, molte volte caratterizzata dall'essere arricchita da una sostanza di colore biancastro, all'interno di tali incisioni; elementi che mostrano la grande attenzione alla decorazione ed un forte senso decorativo. Tali forme ceramiche e l'industria litica rientrano in un contesto ben più ampio, legato allo sviluppo di quella cultura che prende il nome dal sito di Stentinello, nel siracusano, ma che è attestato nella provincia di Siracusa in modo notevole. Geograficamente vicini sono i siti di Campolato, Acquasanta, Amara nord e sud, monte Tauro (Punta Tonnara, Punta Izzo, Capo S. Croce, Cozzo Telegrafo, Vallone Maccaudo), Punta Castelluzzo, Vallone Naga, Petraro, fino a Megara Hyblaea, le cui vicende relative alla sua fondazione sono connesse con il sito di Brucoli. Peraltro anche a Brucoli ed a Punta Tonnara sono segnalate buche per pali. Per quello di Brucoli, nei pressi del Castello non è da escludere l'utilizzo del porto canale. Vicino alla vetta di Cozzo Gisira e del Colle orientale si sono messi in luce una serie di testimonianze databili tra il Neolitico e l'Età del rame. Oltre ad una serie di fori circolari, spesso allineati, che costuiscono sistema, come ad Ognina, facendo pensare forse a piattaforme, il sito ha restituito uno dei pochi esempi di sepoltura neolitica conosciuto. Nel 1965, infatti, fu messa in luce una tomba di forma ovale (m. 2,30 x1,60x0,60). Era delimitata da lastroni, con pietrame nella parte interna come contrafforte. Lastre erano pure sul fondo, dove era anche una macina di pietra con tracce di ocra rossa. Era probabilmente una sepoltura individuale con orientamento est-ovest. Oltre a questa erano probabilmente altre tombe. Vicino alla tomba fu messo in luce un focolare dal diametro di m. 2,00, delimitato da lastroni in pietra calcarea. La tecnica era simile a quella della tomba, disposto ad un livello più alto, allineato allo stesso asse maggiore. Al di sotto del colle Gisira è stata messa in luce una grande capanna di forma approssimativamente rettangolare ma con lati brevi ricurvi, con orientamento nord-sud (5x2). L'ossatura era realizzata da pali perimetrali non equidistanti, posizionati all'interno di buche di cm. 15/15, mentre tre pali all'interno reggevano la copertura. Altre buche furono poi messe in luce sulle pendici del colle orientale, con frammenti o nel tardo Neolitico (Voza) o nella Prima Età del Rame - Facies S. Cono (B. Brea - Spigo). A tale periodo sembrano potersi riferire anche l'industria litica ed i frammenti raccolti in superficie. Altre testimonianze importanti si riferiscono alla Prima Età del Bronzo (Facies di Castelluccio) (Fine III - metà II millennio a.C.). Orsi, infatti, già nel 1895, segnala "una piccola necropoli siculi, nei fianchi rocciosi del monte, isolato ed inespugnabile dalla parte di terra, mentre verso levante scendeva a mare per piano inclinato. L'abitato doveva appunto esistere al vertice di codesto piano, ed in una ricognizione io vi raccolsi cocci di spiccati caratteri siculi ed una mezza dozzina di ascie in basalto, per lo più rotte e sciupate dal lungo uso". Sono state localizzate anche ricerche su due tombe a grotticella, una del bronzo Antico ed altra a Tholos databile al bronzo medio, che ha forse modificato una più antica. Buche di palo anche queste riferibili a capanne di forma circolare sono state evidenziate nel corso di ricerche, così come due manufatti, che sono stati interpretati come altari o tavole per offerte. L'insediamento di Brucoli è connesso con un problema storico-topografico di notevole rilevanza, connesso con le problematiche della fondazione di Megara Hyblaea. Tucidide, lo storico greco del V secolo a.C., racconta che i Megaresi di Grecia, arrivando in Sicilia sotto la guida dell'ecista Lamis, si insediarono in una località chiamata Trotilon sopra il fiume Pantakyas. Da tale passo si deduce che il sito di Trotilon non era conosciuto e che il punto di riferimento era dato dal fiume Pantakyas. Il problema dell'identificazione del Pantakyas è stato molto dibattuto. Sulla base delle indicazioni delle fonti dalla maggior parte degli storici, da Fazello a Cluverio, hanno identificato questo fiume con il Porcaria, che nasce tra Carlentini e Villasmundo, che nell'ultimo tratto del suo corso è incassato fino alla foce, sulla cui riva destra sorge Brucoli. Sulla base della narrazione sintetica di Tucidide possiamo pensare che si trattasse di uno stanziamento provvisorio, che gli storici (Holm, Freeman, Orsi, Pace, Dunbabin, Berard ecc.) hanno ubicato nei pressi della foce del Porcaria, probabilmente sul pianoro della Gisira. Mentre ad esempio uno storico locale come Strazzulla lo ha collocato sopra la collina della Valle di Marcanto, dove aveva individuate testimonianze che poi Orsi ha identificato come costruzioni di epoca tardo romana o bizantina. B. Brea identifica invece il Trotilon con Punta Castelluzzo e il Pantakyas con il San Calogero. Tutto questo ha importanza per quanto attiene alle aree di influenza Calcidese (Lentini) e poi Megarese. Il Vallet ricorda giustamente che lungo le pareti del Porcaria, nei pressi dell'attuale Brucoli, sono "numerosi grottoni... uniti da scale e da pericolo ed angusti passaggi", come ricorda Orsi (1902), che lo studioso ritiene artificiali ed utilizzati dalle genti dell'Alto Medioevo nei momenti di pericolo. Tuttavia esiste l'ipotesi (Ziegler 1939) che il termine Trotilon sia una deformazione del termine Trogilon, parola da collegare al termine Trogle, che significa grotta. E' ovvio che si tratta di ipotesi. Lungo il corso del Porcaria sono presenti grotte naturali poi modificate ed utilizzate ad uso abitativo, funerario e culturale. Recenti ricerche hanno consentito di conoscere all'interno della maggior parte di queste nicchie, edicole votive, graffiti. Alcune di esse mostrano le tracce del loro utilizzo a scopo abitativo; mentre gli ipogei funerari presentano gallerie con arcosoli monosomi e polisomi. Al centro di questo insediamento rupestre, riferibile nella sua fase più rappresentativa al periodo bizantino, è una grande grotta che, sulla base dei graffiti, sembra potersi inquadrare in epoca bizantina. Secondo Agnello è da mettere in relazione con l'esistenza di una modesta comunità basiliana sorta attorno ad un oratorio rupestre. Le vicende sono oscure. La Gisira e il torrente Porcaria L'anno successivo, la Soprintendenza di Siracusa, nei pressi del villaggio, individua una grotta a fossa di forma ellittica, delimitata da un filare di pietre disposte di taglio, al cui interno, oltre a terra commista a cenere, sono rinvenuti diversi frammenti di ceramica stentinelliana, una macina di pietra lavica e tracce d'ocra. Nella parte mediana del banco roccioso tra la fine del 1982 e gli inizi del 1983, gli scavi condotti dalla Soprintendenza portano alla luce le tracce di un piccolo villaggio preistorico, che sulla base dei materiali recuperati (numerosi frammenti di ceramica d'impasto, orli di baciletti decorati con incisioni a linee ondulate), attribuibili alla cultura di San Cono - Piano Notaro, risalirebbe agli inizi dell'Età del Rame. Non è certo che il Fazello parli delle ostriche, è probabile invece che si riferisca ad un'altra varietà di bivalve, il dattero di mare (Litofago o Litodomo), della famiglia dei mitilidi, comunissimo in queste coste ancora oggi. La presenza di ostriche nel canale è comunque accertata da altri documenti più recenti: lo Zuppello Santangelo accenna ad un dispaccio datato 1806, a firma di Antonio Del Castello, il quale in nome del re, ordina che le ostriche, che si producono nel canale restino "per particolare uso, e servizio della M. S. per cui resta proibito per chicchessia, sotto pena di carcere con rappresentarsi a S. M., di andare in detto canale a cogliere o pescare le ostriche riservate per privato uso, esercizi del re (D. G.) e non altrimenti". Il santuario protocristiano della Madonna dell'Adonai La chiesa e l'eremitaggio che vi furono edificati al di sopra nel XVII secolo, sorgono tuttora immersi in un'ombrosa macchia verde fatta di alberi e cespugli; un'oasi di pace in mezzo alla campagna assolata che si estende fino al mare e sulla quale si trova ancora qualche traccia delle vecchie recinzioni dei campi coltivati dai frati dell'eremo. La comunità religiosa dell'eremo si occupava alla preghiera, allo studio ed ad alcune attività artigianali e al lavoro nei campi: alla confraternita erano stati concessi alcuni terreni appartenenti al feudo della Gisira, come risulta da documenti del 1729 e del 1766. Durante la prima metà del Novecento la comunità si estinse per la morte dei religiosi divenuti vecchi. L'ultimo eremita, fra' Antonino, morì solo in assoluta povertà nel 1948. All'interno della chiesa, si conservava fino a pochi anni fa una tela del 1815, raffigurante Sant'Agatone che impartiva nella grotta il sacramento dell'Ordine ad Alessandro detto Neofita. Oggi, grotta e santuario sono aperti ai fedeli solo in poche occasioni. Il castello Gli accorgimenti tipici delle torri costiere fortificate sono: al pianterreno la presenza di una cisterna, per la raccolta dell'acqua piovana che serviva come riserva idrica; la suddivisione in diversi ambienti asciutti dove riporre le polveri; l'uso del ", copertura a volta, al posto di solai piani per evitare incendi e reggere meglio il peso dell'artiglieria. Le terrazze sono generalmente munite di un alto parapetto merlato con sguanci per le cannoniere e finestrature strombate verso l'esterno per alloggiare le armi a fuoco. Alle mura di cinta, con i loro camminamenti di ronda, si accede attraverso scale ricavate nello spessore murario. L'edificio nel corso dei secoli è andato soggetto a frazionamento con l'installazione di soffitti lignei, documentati dagli incavi simmetrici parietali. La valutazione paesistico-ambientale - Normativa d'uso Attività compatibili Attività vietate Santuario Adonai Interventi consentiti: Interventi vietati: Gisira Interventi consentiti: Interventi vietati: Capo Campolato Interventi consentiti: Interventi vietati: Occorre inoltre mantenere l'intervisibilità della baia Canale di Brucoli e torrente Porcario Interventi consentiti: Interventi vietati: Borgo di Brucoli Interventi consentiti: Interventi vietati: Baia di Brucoli Interventi consentiti: Interventi vietati: Occorre inoltre mantenere l'intervisibilità della baia dalla strada principale di accesso a Campolato, ad andamento nord-sud. Entroterra della baia Interventi consentiti: Interventi vietati: Perimetrazione vincolo * * * A conclusione dei lavori di esame del suddetto testo, riportante tutte le modifiche apportate alla proposta originaria in considerazione delle informazioni e di quanto documentato dal comune di Augusta, la commissione e tutti i componenti ritengono opportuno, per consentire a chiunque di poter effettuare eventuali verifiche, trascrivere di seguito le parti, oggetto di modifica, della proposta originaria, così come presentata dalla Soprintendenza di Siracusa nella prima seduta del 25 ottobre 2006. * * *
A questo punto della riunione i dirigenti della Soprintendenza di Siracusa, dott.ssa Mariella Musumeci e dott. Antonello Mamo, lasciano la seduta. La commissione, preso atto delle motivazioni riportate nella proposta di vincolo, vista la perimetrazione in essa descritta e riportata nella planimetria (allegato 1 al presente verbale), preso atto di quanto rappresentato e documentato dal comune di Augusta, procede alla votazione della proposta del vincolo denominato "La fascia costiera di Brucoli", così come modificata nelle sedute del 23 maggio e 4 giugno 2007. La commissione, visti gli artt. 136 e seguenti del decreto legislativo n. 42/04 e successive modifiche ed integrazioni, all'unanimità Delibera di includere nell'elenco delle bellezze naturali della provincia di Siracusa, ai sensi dell'art. 136, lett. c), Alle ore 12,00, la seduta viene chiusa. SOPRINTENDENZA PER I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI SIRACUSA "La fascia costiera di Brucoli" Santuario Adonai Gisira Canale di Brucoli e torrente Porcaria Borgo di Brucoli Baia di Brucoli Entroterra della baia Capo Campolato MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile |
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