Risoluzione del Consiglio Superiore della Magistratura
sulla c.d. Legge Cirielli.
di Civinini, Marini, Menditto, Salmè e Salvi 26-02-2005
il Consiglio Superiore della Magistrature nonostante la mancanza di una richiesta di parere,  ha ritenuto di formulare
una propria risoluzione che affronti almeno i temi legati alle ricadute ordinamentali e organizzative del testo in Parlamento.

Info Csm

25-02-2005 - Risoluzione sulla c.d. Legge Cirielli.
di Civinini, Marini, Menditto, Salmè e Salvi
Risoluzione approvata in data 23 febbraio 2005 a maggioranza dal plenum sulla c.d. "Cirielli".



La proposta di legge n. 2055/A approvata dalla Camera dei deputati il 16 dicembre 2004 ad oggetto «modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975 n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi», contiene modifiche alle vigenti disposizioni di rito, ma anche una radicale revisione del sistema di calcolo della prescrizione dei reati che è destinata ad incidere profondamente sul sistema penale nel suo complesso e che avrà considerevoli ed immediate ricadute sui procedimenti in corso. Il numero elevato dei procedimenti che sarebbero interessati dalla modifica e le prevedibili modifiche al corso dei procedimenti stessi comporterebbero, in caso di approvazione della proposta di legge, ricadute organizzative di grande portata sulla vita degli uffici giudiziari. 
La disciplina prevista dalla proposta di legge sul punto è la seguente:"...Articolo 3-ter«1. L'articolo 157 del codice penale è sostituito dal seguente:"Articolo 157. (Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere). La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione.Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l' aggravante.Nel caso di concorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale e di circostanze attenuanti si applicano le disposizioni dell'articolo 69.Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria si applica il termine di tre anni.La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato." 
2. All'articolo 158 del codice penale, primo comma, le parole: "o continuato" e le parole "o la continuazione"sono soppresse.3. L'articolo 159 del codice penale è sostituito dal seguente:"Articolo 159. (Sospensione del corso della prescrizione). - Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare èimposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di:a) autorizzazione a procedere;b) deferimento della questione ad altro giudizio;c) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni diimpedimento delle parti e dei difensori e per il tempo dell'impedimento.Nel caso di autorizzazione a procedere, la sospensione del corso della prescrizione si verifica dal momento in cui il pubblico ministero presenta la richiesta e il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui l' autorità competente accoglie la richiesta.La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione.I termini stabiliti dall'articolo 157 non possono essere prolungati oltre i termini di cui all'articolo 161, secondo comma, salvo che la sospensione del procedimento non dipenda da autorità diversa da quella nazionale.4. All'articolo 160, terzo comma, del codice penale le parole: "ma in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati oltre la metà" sono sostituite dalle seguenti: "ma in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati oltre i termini di cui all'articolo 161, comma 2".5. All'art. 161 del codice penale il secondo comma è sostituito dal seguente: 
"Salvo che la sospensione del procedimento non dipenda da autorità diversa da quella nazionale, in nessun caso la sospensione e l'interruzione della prescrizione, anche congiuntamente computate, possono comportare l' aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, della metà nei casi di cui all'articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all'articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103, 105, e all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale"».1. Il nuovo regime dei termini ordinari di prescrizione.Dalla modifica che si intende introdurre risulta che la prescrizione è legata alla pena edittale massima stabilita per ciascun reato, con un limite minimo di sei anni per i delitti e quattro per le contravvenzioni.Mentre per le contravvenzioni il trattamento previsto dalla proposta di legge risulterà meno favorevole di quello vigente e perciò applicabile solo ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge, senza comportare alcuna conseguenza sui procedimenti in corso, per i delitti la nuova disciplina risulterà sempre più favorevole all'imputato e troverà immediata applicazione.Per un delitto punito nel massimo con pena non superiore a sei anni di reclusione la durata della prescrizione, nell'ipotesi che sussistano ipotesi interruttive, sarà drasticamente ridotta dagli attuali quindici anni a soli sette anni e mezzo, mentre nel caso di delitto con pena non inferiore nel massimo a otto anni la prescrizione non può superare comunque i dieci anni.Tale modifica assumerà maggiore incidenza solo che si consideri, come si vedrà, che il termine massimo di prescrizione non conoscerà più i periodi di sospensione attualmente applicabili.L'importanza delle conseguenze che la nuova disciplina avrebbe sul sistema nel suo complesso può essere meglio apprezzata guardando alla tipologia delle fattispecie criminose interessate dalla modifica dei termini prescrizionali.Tra i reati puniti con pena base non superiore nel massimo a sei anni di reclusione figurano, tra gli altri, delitti di grande diffusione sul territorio e di significativo impatto sociale, quali la corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.), la violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.), la resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), il millantato credito (art. 346 c.p.), e ancora la calunnia (art. 368 c.p.), la truffa in danno dello Stato o di enti pubblici (art. 640, cpv., c.p.), numerose ipotesi di falso e la ricettazione nel caso di particolare tenuità (art. 648, cpv., c.p.). E non solo, perché sono da ricomprendervi anche delitti che in molti casi presentano legami con fenomeni di criminalità organizzata, quali la frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.), il favoreggiamento reale (art. 379 c.p.), la truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.) e l' usura (art. 644 c.p.), nonché l'ipotesi di bancarotta prevista dal co.3 dell'art.216 Legge Fallimentare e la frode fiscale (art.2 e ss. D.Lgs. n.74 del 10 marzo 2000). Senza dimenticare, infine, l'esigenza di valutare delitti contro la sicurezza dello Stato, quali la rivelazione di segreti di Stato (art. 261 c.p.), l'infedeltà in affari di Stato (art. 264 c.p.), l'attentato contro i diritti politici del cittadino (art. 294 c.p.) e l'attentato alla sicurezza dei trasporti (art. 432 c.p), nonché l'attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280 c.p.).In termini generali va osservato che il sistema previsto, lungi dall' ancorare a parametri predeterminati la discrezionalità del giudice nella applicazione della norma al caso concreto, si limita ad introdurre automatismi che impediscono quella necessaria valutazione della gravità del fatto e della personalità dell'imputato cui fa riferimento la costantegiurisprudenza della Corte Costituzionale.Considerazioni del tutto simili devono farsi per la compressione degli spazi di valutazione del magistrato di sorveglianza derivante dalla sostanziale equiparazione (articoli da 7 a 9 della proposta di legge di legge) tra situazioni profondamente diverse nell'ambito della generica qualificazione di "recidiva", così da eludere qualsiasi riferimento specifico alla sussistenza dei presupposti per l'applicazione di uno dei benefici che la legge ha previsto in sede di esecuzione della pena in attuazione degli artt.3 e 27 della Costituzione, neppure distinguendo tra recidiva antecedente o successiva l'esecuzione di una pena detentiva o la fruizione di una misura alternativa alla detenzione.Se si tiene conto della durata media di un processo di merito, si può ragionevolmente concludere che quasi tutti i processi per reati puniti con la pena della reclusione compresa nel massimo tra i cinque e i sei anni e la grande maggioranza di quelli per reati puniti con la pena della reclusione massima di otto anni sono destinati a sicura prescrizione.Un'analisi compiuta presso la Corte di appello di Bologna ha stimato che per tale fascia di delitti sul totale dei processi iniziati davanti al giudice la quota destinata a prescriversi dall'attuale livello del 9,60% passerebbe a circa il 47%, il che, in termini assoluti, equivarrebbe ad una grandezza dell'ordine di 4.500 processi.Non solo, ma una ricognizione effettuata recentemente dalla Corte di cassazione ha permesso di accertare che si situa attorno ai nove anni il tempo medio di durata dei processi per reati puniti con pena compresa fra cinque e otto anni che giungono al vaglio della stessa Corte: per la massima della sentenza definitiva, ma dopo la decisione di appello, e cioè in un contesto che comporta per il sistema giustizia il massimo spreco di energie.E' evidente, dunque, che l'applicazione del nuovo regime ai processi in corso comporterà la vanificazione di gran parte del lavoro svolto dall'intero sistema giudiziario nel corso di alcuni anni.2. Il regime della interruzione e della sospensione.Secondo la disciplina che si intende introdurre, il prolungamento del termine di prescrizione è consentito solo in caso di interruzione e di sospensione del suo corso, ma non può comunque superare un quarto della durata massima.La equiparazione del regime della sospensione a quello dell'interruzione costituisce, forse, l'aspetto di "sistema" più incisivo e più grave della prospettata riforma. Come è noto i due istituti sono radicalmente diversi: l'interruzione si lega ad eventi processuali tipici che segnano il ricorrere di iniziative dell'autorità giudiziaria per perseguire il reato; al contrario, la sospensione del corso della prescrizione intende sottrarre dal computo definitivo quegli eventi che rappresentano una "pausa" non fisiologica del corso processuale. Inoltre, la sospensione del processo dipende spesso da un evento sottratto alla disponibilità dell'autorità giudiziaria (come le questioni di illegittimità della norma rimesse alla Corte costituzionale o la richiesta di autorizzazione a procedere).Queste differenze ontologiche costituiscono la ragione del diverso regime e delle diverse conseguenze giuridiche, per cui non appare coerente parificare oggi i due istituti ai fini del calcolo del limite massimo di prescrizione.A dimostrazione di questa osservazione può essere utile ricordare che la legge 7 novembre 2002 n. 248 (cd. Legge Cirami), sulla rimessione del processo, si è preoccupata di evitare un ingiustificabile allungamento dei processi verso una sicura prescrizione dei reati ed ha previsto a tal fine la sospensione dei termini di prescrizione per il periodo della fase incidentale, così assicurando tra l'altro la conformità delle norme ai principi costituzionali. Non v'è dubbio quindi che rimettere, nei casi di sospensione del processo, la disponibilità dei tempi processuali all'imputato, oltre ad incentivare ogni manovra dilatoria, finisce per affidare la maturazione della prescrizione di reati nella disponibilità di chi deve subire il processo.Sul punto giova ricordare che il principio di ragionevole durata del processo impegna tutte le articolazioni dello Stato ad adottare soluzioni positive in favore della contrazione dei tempi, o quanto meno ad evitare le scelte che nei fatti comportano il protrarsi del procedimento e del giudizio.Viene così chiamato in causa il problema di effettività della giurisdizione, a proposito del quale la Consulta, con la sentenza n. 353 del 1996 in tema di rimessione, ha avuto modo di osservare come il legislatore, «pienamente libero, nella costruzione delle scansioni processuali, [.] non può tuttavia scegliere, fra i possibili percorsi, quello che comporti, sia pure in casi estremi, la paralisi dell'attività processuale, perché impedendo sistematicamente tale attività, mediante la riproposizione dell'istanza di rimessione, si finirebbe col negare la nozione stessa del processo e si contribuirebbe a recare danni evidenti all'amministrazione della giustizia». Del tutto corrispondenti sono, infine, le espressioni adoperate dalla Corte costituzionale con riferimento all'istituto della ricusazione (sentenza n. 10 del 1997).3. Le ricadute sull'organizzazioneL'applicazione del nuovo regime ai processi in corso avrà certamente ricadute organizzative gravissime all'interno di un sistema di giustizia penale che già oggi riesce con assoluta difficoltà a fronteggiare il numero elevatissimo di procedimenti.Ogni anno presso gli uffici di procura della Repubblica vengono iscritti poco meno di 1.500.000 procedimenti per nuove notizie di reato contro indagati noti e oltre 1.700.000 contro ignoti.A loro volta, i tribunali vengono investiti annualmente di circa 370.000 richieste di giudizio, ed i processi pendenti alla fine del 2003 ammontavano in primo grado a oltre 350.000, cui devono aggiungersi circa 130.000 pendenti davanti le corti di appello. Né va dimenticato che presso le sezioni gip/gup dei 165 tribunali transitano ogni anno oltre un milione di procedimenti in fase incidentale o destinati all'udienza preliminare.Elevatissimo, infine, è anche il numero dei ricorsi inoltrati alla Corte di cassazione, tanto che la Corte impiega mediamente tredici mesi per giungere alla fissazione dell'udienza di decisione.In questo contesto di sovraccarico degli uffici giudiziari non è possibile trattare in tempi ragionevoli i processi se non ricorrendo ad una attenta programmazione del lavoro e cercando di contenere il numero dei casi di rinvio dei processi fissati in udienza. Ogni rinvio, infatti, comporta per l'ufficio giudiziario plurime conseguenze negative: dalla sottoutilizzazione del tempo di udienza all'aggravamento dei ruoli delle udienze successive, dall'incremento di complessità e rigidità nella formazione dei calendari fino a pesanti vincoli nella formazione dei futuri collegi e alla introduzione di nuovi, pesanti adempimenti di cancelleria.La futura applicazione del nuovo regime della prescrizione ai processi in corso avrà, come è facile comprendere, effetti devastanti sulla programmazione del lavoro dell'ufficio o della sezione e per di più - ma qui il discorso vale anche per i processi futuri - impedirà al giudice di contro llare lo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale e di gestire i tempi di lavoro. E infatti, la nuova disciplina incentiverebbe inevitabilmente il ricorso agli istituti che comportano la sospensione del processo finalizzata essenzialmente ad ottenere la maturazione del termine di prescrizione.Rispetto a queste strategie il giudice non potrebbe operare alcuna forma di controllo e di intervento e dovrebbe limitarsi ad applicare istituti che comportano rinvii spesso assai lunghi e per tempi comunque non programmabili. Un simile sistema avrebbe, tra l'altro, la conseguenza di rendere rilevante per la maturazione del termine di prescrizione anche l' attivazione del controllo di costituzionalità delle leggi, che costituisce per la giurisdizione una delle funzioni più delicate e di massimo rilievo istituzionale.Il disegno di legge si muove dunque nella direzione opposta a quella di contrastare le strategie dilatorie e rischia di determinare un ulteriore effetto di ritardo nella definizione dei processi, con grave violazione del principio della ragionevole durata del processo.