(Movimento Antinucleare Pacifista NOSCORIE TRISAIA
Il 4 maggio 2005 è stato presentato al Senato il Disegno di Legge n. 3407, avente ad oggetto la rimessa in servizio da parte
La proposta è stata assegnata il 16 giugno 2005, per la discussione, alla 10° (Commercio, Industria e Turismo)
La discussione, ad oggi, non è ancora iniziata. L’iniziativa è del sen. Calogero Sodano, UDC.
Cofirmatari sono i senatori:
Amedeo Ciccanti (UDC)Giuseppe Onorato Benito Nocco(FI) Antonio Gentile(FI) Domenico Sudano (UDC) Ida D’Ippolito (FI)
Ecco una breve scheda dei senatori menzionati che, tranne due eccezioni, provengono tutti dal Sud.
Calogero Sodano, Agrigento, dirigente INPS, condannato definitivamente a 1 anno e 6 mesi per abuso d’ufficio finalizzato a favorire i costruttori abusivi in cambio di favori elettorali;
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SENATO DELLA REPUBBLICA
XIV LEGISLATURA
DISEGNO DI LEGGE N. 3407
d’iniziativa dei senatori SODANO Calogero, CICCANTI, NOCCO,
GENTILE, SUDANO, D’IPPOLITO, OGNIBENE, MAFFIOLI, TUNIS, MELELEO e NESSA
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 4 MAGGIO 2005
Norme per la costruzione e gestione di impianti per l’energia
nucleare e messa in servizio delle centrali nucleari gia` esistenti sul territorio italiano
Onorevoli Senatori. – La scelta antinucleare operata oltre quindici anni fa dal nostro Paese si trova oggi di fronte a sfide
che segneranno il futuro dell’intero continente, tanto sul piano dei rapporti economici internazionali, quanto su quello delle politiche ambientali.
E`ormai impossibile obliterare le crescenti difficolta` di approvvigionamento di energia considerato che oggi l’Unione europea importa la meta` del suo fabbisogno, ma con gli attuali ritmi di crescita, nel giro di trenta anni, le importazioni rischiano di salire al 70 per cento del fabbisogno complessivo, con un tasso di dipendenza del 70 per cento per il gas e del 90 per cento per il petrolio; questa tendenza si accentuera` nel tempo; infatti, a parte le riserve di gas e petrolio del Mare del Nord, in gran parte gia` in via di esaurimento, l’Unione europea anche nella sua composizione allargata dispone solo di risorse carbonifere.
Il Libro verde della Commissione europea gia` nel novembre 2000 aveva denunciato il continuo aumento della dipendenza energetica dell’Unione dall’esterno ed aveva altresì` evidenziato i rischi economici, sociali, ecologici e fisici di questa dipendenza mostrando uno scenario in cui l’Unione europea non dispone di mezzi efficaci per influenzare il mercato internazionale; questi dati appaiono quindi purtroppo incontestabili e la stessa speranza nell’impiego delle energie rinnovabili
– com’e` noto –non puo` rappresentare che una risposta molto parziale ai problemi di approvvigionamento; infatti, secondo le
stime piu` ottimistiche, fra venti anni non piu` del 10 per cento del fabbisogno complessivo potra` essere coperto da fonti rinnovabili. E' giustificata, quindi, la preoccupazione diffusa nei Paesi dell’Unione europea la quale ha dovuto prendere atto della pericolosita` – per lo stesso futuro del pianeta, quanto meno volendo rispettare un cauto principio di precauzione – delle emissioni di gas serra tanto che i Paesi europei si impegneranno presto, con la ratifica del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (ratificato dall’Italia ai sensi della legge 1º giugno 2002,
n. 120), a una drastica riduzione – entro il 2012 – delle emissioni di anidride carbonica (CO2), pari complessivamente all’8 per cento rispetto al livello di emissioni raggiunto nel 1990, ponendo i singoli Paesi europei dinanzi ad una responsabilita` politica di grande rilievo internazionale, sia per il ruolo avuto dall’Unione europea nel difficile negoziato, sia per il forte livello di sensibilizzazione dell’opinione pubblica europea sui problemi dell’inquinamento atmosferico e delle variazioni climatiche.
Dalle mutate condizioni sui due versanti, energetico ed ambientale, deriva la ripresa della riflessione sul nucleare – energia la
cui produzione non determina, come e` noto, emissioni di CO2 – e sulla possibilita` di conseguire, proprio attraverso un maggior ricorso al nucleare, gli obiettivi imposti dal Protocollo di Kyoto; cio` che, fra l’altro, mette in evidenza una forte contraddizione interna tra coloro che non possono semplicemente presentarsi come i paladini del Protocollo di Kyoto e, al tempo stesso, mantenere il ruolo tradizionale di inflessibili oppositori di ogni opzione nucleare. Fuori dall’Europa vi sono oramai chiari segnali di un diffuso interesse verso nuovi investimenti nucleari: in Cina o in Giappone ed anche negli stessi Stati Uniti, dove una riconsiderazione dell’opzione antinucleare sembra oggi tutt’altro che impossibile.
Il dibattito sull’opzione nucleare e` stato, dunque, riaperto anche nel nostro continente e nei prossimi anni costituira` sicuramente uno dei temi di maggiore impatto strategico il fatto che l’energia nucleare possa rappresentare – sul piano della lotta all’inquinamento e su quello della riduzione dei costi, nonche´ dell’indipendenza dalle aree geopoliticamente piu` critiche – la soluzione da privilegiare, anche in considerazione del fatto che l’evoluzione tecnologica riesce ormai a garantire livelli di sicurezza molto elevati. Emergono, tuttavia, altri aspetti – non sottovalutabili – che impongono una grande prudenza: in primo luogo, il problema dello smaltimento delle scorie; in secondo luogo, la vulnerabilita` degli impianti nucleari rispetto ad attacchi terroristici, messa in luce tragicamente dagli attentati dell’11 settembre e dalle minacce terroristiche che tuttora continuano
a manifestarsi. Infine, occorre considerare che le installazioni nucleari – sia sul piano sociale e tecnologico, sia sul piano economico – richiedono un controllo centralizzato dei numerosi fattori in gioco e prediligono assetti monopolistici del mercato energetico. Non e` un caso che tale opzione sia oggi privilegiata in Paesi come l’Iran o la Cina e che fra i Paesi europei
il piu` nuclearizzato sia la Francia, in cui prevale ancora un assetto monopolistico del mercato energetico e che in Italia, com’e`
noto, i tre referendum del novembre del 1987 hanno determinato un indirizzo che ha escluso la prosecuzione di ogni rogramma
nucleare nel nostro Paese delle quattro centrali elettronucleari che erano state realizzate a partire dalla fine degli anni ’50, Latina, Trino Vercellese, Caorso e Garigliano, quest’ultima fu fermata per modifiche nel 1978 e non piu` riavviata e le altre tre furono fermate, in successione, a partire dal 1988 a seguito del referendum. In conseguenza di quella scelta, che pure aveva alla base legittime preoccupazioni di carattere ambientale anche a seguito del grave incidente di Cernobyl in Ucraina, abbiamo
dovuto sostenere costi economici altissimi, che – nella parte tradottasi direttamente in aggravi tariffari – pesano ancora
oggi sui consumatori; l’Italia ha dovuto affrontarei costi dello smaltimento delle scorie (senza peraltro ancora pervenire alla creazione di quel deposito nazionale, sempre piu` urgente, che consentirebbe uno smaltimento in condizioni di effettiva sicurezza), continuando pero` ad importare energia dalle centrali nucleari francesi poste a pochi chilometri dal nostro confine.
Il problema deve oggi essere posto, invece, fuori dagli schematismi ideologici, in termini completamente nuovi. La normativa
vigente, come modificata da uno dei tre referendum del 1987, impedisce oggi all’ENEL di partecipare ad attivita` nucleari all’estero. In seguito alla approvazione del terzo dei quesiti abrogativi del 1987 – del tutto irrilevante ai fini della sicurezza del nostro territorio – l’Ente nazionale per l’energia elettrica, allora sotto il pieno controllo dello Stato ed unico ente elettrico italiano, dovette interrompere tutte le proprie attivita` nel settore e rinunciare alla sua partecipazione nell’impianto
elettronucleare francese Super- Phoenix, in quanto privato della facolta` di promuovere la costituzione di societa` con
compagnie o enti stranieri o di assumervi partecipazioni al fine di realizzare o gestire impianti elettronucleari; tutto cio` non manco` di avere effetti negativi, anche occupazionali, sull’intera industria elettronucleare italiana, che da allora di fatto fu praticamente smantellata. Uno dei tre referendum sul nucleare abrogo` infatti una parte dell’articolo unico della legge 18 dicembre 1973, n. 856, che – sostituendo l’articolo 1, settimo comma, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 – aveva abilitato l’ENEL alla realizzazione e all’esercizio di impianti elettronucleari; successivamente, l’articolo 34 della legge 9 gennaio
1991, n. 9 (Norme per l’attuazione del nuovo Piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali), sostitu?` nuovamente il comma settimo dell’articolo 1 della citata legge n. 1643 del 1962, ma non dispose la cessazione di quel divieto che conseguiva dall’esito del referendum. Occorre quindi evitare che le aziende italiane, fra le quali l’ENEL (oggi trasformata in societa` per azioni quotata in borsa), rimangano tagliate fuori da un settore che vede invece un crescente interesse da parte dei competitori esteri.
Onorevoli Colleghi si ritengono ormai maturi i tempi per una revisione di quella decisione, e riconsiderare l’utilizzo dell’energia nucleare anche in considerazione del fatto che il nucleare come fonte di energia viene comunque utilizzato dal nostro Paese che lo importa.
DISEGNO DI LEGGE
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